08 Gennaio 2025
Oggi, 20 anni dopo. Di Carmelo Strano
Si è svolta ieri a Milano alla Casa della Cultura di Via Borgogna una conferenza di pensatori che hanno presentato il libro di Carmelo Strano sull'identità e sul ruolo dell'arte del nuovo millennio. Nella sua introduzione Ferruccio Capelli, direttore del centro, ha iniziato il dibattito proponendo un tema a lui caro, lo sviluppo di un «umanesimo» che rimetta al centro ciò che per un essere umano è irrinunciabile: il primato della relazione. Un argomento chiave in una contemporaneità governata da un individualismo imperante che ha la possibilità di espandersi e fagocitare il prossimo con la propria volgarità dirompente messa a disposizione dalle piattaforme sociali. C'è bisogno di fare un passo indietro, di fermarci a pensare, di trovare dei punti fermi in cui riconoscere e potenziare la nostra umanità. Questo libro di Carmelo Strano esce a vent'anni dall'inizio cruciale del millennio, si rivela attuale e puntuale perché i mezzi di divulgazione delle idee hanno subito in due decenni una trasformazione velocissima e stravolgente ma il pensiero è rimasto lì, immobile, attonito, stordito da tanta velocità, incapace di esprimersi. Ecco perché i numerosi punti di riflessione che Carmelo enuncia diventano una costellazione di sentieri da percorrere alla ricerca di identità dell'arte, dell'estetica, della filosofia. Il pensiero filosofico deve galleggiare a mezz'aria, entrare nelle menti nutrire senza intromissioni venali ma con il solo scopo di fertilizzare e ampliare la quantità di cogenti e la qualità del pensiero, sempre più profondo, sempre più coinvolgente, più appagante. Al filosofo Gérard-Georges Lemaire, nel suo profondo intervento sul ridimensionato ruolo del critico e del filosofo dell'arte di oggi, permeato di una visione pessimistica vorrei rispondere... Filosofi abbiamo bisogno della forza del vostro pensiero che sostenga il nostro operato, perché viviamo in una grande solitudine, perché il dialogo, la conversazione senza altro scopo che aprire la mente ha perso il senso. Carmelo Strano parla di Opera Ellittica come di figura geometrica con ben due centri, che si rivela flessibile e differente a seconda del punto di osservazione, un concetto illuminante, Carmelo non me ne vorrà se il suo concetto mi riporta alla mente un testo che ha significato molto nella mia formazione La perdita del centro di Hans Sedlmeyr, in cui la metafora geometrica descrive la deriva dell'umanità causata dalla mancanza di un credo guida. Nell'Opera Ellittica di Carmelo i fuochi sono due, due elementi tra cui rimbalzare all'infinito e ancora una volta mi sembra di leggere un suo messaggio positivo, energetico, incontrollabile e vibrante tra le righe delle sue enunciazioni. Con DoRa, altro termine coniato dall'autore, la Razionalità che ha caratterizzato nei secoli il mondo occidentale diventa Docile, accomodante in quanto l'occidente perde la forza dell' egemonia, e genera una razionalità meno ferrea, ma non sottomessa, vigile. In questo contesto DAD una derivazione senza a finale del movimento Dada, che metteva sotto accusa la ragione, "vive di vibrazioni empatiche basate sul flusso dell’energia fisico-sentimentale su cui viene a fondarsi una nuova dimensione ontologica e un nuovo comportamento sociologico». Ma tra i numerosi concetti espressi dall'autore, tra cui la Devianza su cui ha scritto un eloquente libro a me caro perché mi riconosco come ente gioiosamente deviante, sicuramente quello della Nuova Classicità racchiude i presupposti per diventare il La del pensiero dell'Oggi. "Tutte situazioni che balzano nella nostra epoca di Nuova Classicità, nome che è quasi un ossimoro. Al primo impatto, infatti, viene da pensare al contrasto tra, da una parte, la “classicità” e, dall’altra, la disseminazione, la parcellizzazione, l’ibridazione, la condizione frattalica e caotica (che è poi tutta la condizione Non-Implosiva,-Unimplosiveness)." Nel termine stesso si legge una fiducia e positività nel futuro e nell'opera degli artisti di questo tempo, che l'autore prevede così incisiva e significante da diventare un classico nel futuro. Un concetto non da poco in un periodo in cui l'arte moderna degli anni sessanta e settanta costituisce la barriera invalicabile che inibisce le nuove promesse. Trovo questo libro di Carmelo propositivo, ricco di spunti e positivo verso il futuro dell'Arte che sta maturando in questo contesto. Spero che i concetti enunciati e l'entusiasmo insito dell'autore siano il propulsore di una vera nuova generazione di artisti che sfruttino il caos della comunicazione assordante per ritrovare se stessi e una grande forza in maniera introspettiva da confrontare e alimentare in maniera collegiale con il supporto di grandi pensatori, filosofi e critici ellittici.
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