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Gli artisti Olivia Erlanger, Nicola Martini e Tarik Kiswanson sono i vincitori della sesta edizione del Premio Internazionale di Scultura Henraux

Le opere di Olivia Erlanger, Nicola Martini e Tarik Kiswanson sono esposte nella sede della Fondazione Henraux a Querceta di Seravezza (LU) fino al 30 settembre 2024 nello spazio espositivo dedicato al Premio, la antica segheria di Henraux

28 Luglio 2024

Henraux

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Il Premio Internazionale di Scultura è un progetto culturale che rappresenta, più di ogni altro, la continuità della storia di Henraux nella Versilia delle Apuane e del marmo, e ricorda la grande rivoluzione nella scultura contemporanea che l’azienda ha avviato all’inizio negli anni ’60 del secolo scorso. I vincitori della Vi edizione del Premio Internazionale di Scultura Henraux sono Olivia Erlanger con Act III (Spellbound), Nicola Martini con Omag Tower 7 CNC e Tarik Kiswanson con Reconciliation.  Tre opere in marmo inedite entrate a far parte dell’importante collezione di sculture della Fondazione Henraux. Realizzate dagli artisti vincitori della VI Edizione del Premio Internazionale di Scultura Henraux rappresentano, per ognuno degli artisti, una prima volta assoluta con il marmo. Come ricordato nel testo in catalogo da Edoardo Bonaspetti, Direttore Artistico della Fondazione Henraux, i progetti sono stati selezionati per la loro originalità e per gli affascinanti sviluppi intorno alle potenzialità di questa materia.  La partecipazione di importanti artisti nazionali e internazionali, con il coinvolgimento di figure preminenti del panorama mondiale dell’arte contemporanea, è il contributo del Premio Henraux alla scultura contemporanea in marmo. Paolo Carli, Presidente di Henraux Spa e Fondazione Henraux, sottolinea come in questi anni le interazioni tra tecnologia e figurazione hanno composto uno scenario in costante evoluzione. Gli stessi processi di lavorazione del marmo a calcolo numerico ne sono parte e hanno contribuito a dar forma a nuovi pensieri e realtà. Il tema del Premio Henraux è dedicato al rapporto tra tecnologia e figurazione e a quelle ricerche espressive in grado di affrontare i mutamenti in atto, anche grazie agli avanzati impianti che l’azienda metterà a disposizione degli artisti. Olivia Erlanger (USA, 1990, vive e lavora a New York) esplora il modo in cui gli ambienti e gli oggetti influenzano le nostre identità e percezioni. Il suo linguaggio visivo è perturbante e visionario nella capacità di manipolare la realtà. Per il Premio, Erlanger ha creato la sua prima opera in marmo, Act IlI (Spellbound), focalizzandosi sulla serie di “sculture-occhio” (2022-in corso), le cui iridi rappresentano spazi mentali. In particolare, l’opera esplora la memoria e l’effetto soglia, un fenomeno psicologico che implica la perdita di ricordi a breve termine durante il passaggio da un luogo all’altro: una serie di porte aperte forma un corridoio e va a comporre l’immagine di una pupilla dilatata, ricordandoci che la nostra esperienza nel tempo e nello spazio è segnata dagli ambienti in cui viviamo. La memoria è un materiale malleabile, e l’artista si è affidata al marmo per le sue qualità permanenti, quasi a bilanciare la transitorietà della vita. Tarik Kiswanson (Svezia, 1996, vive e lavora a Parigi) nasce da una famiglia di esuli palestinesi. Nelle sue opere, le forme e le percezioni sono permeate da sensazioni di instabilità e trasformazione, connesse non solo all’identità di migrante di seconda generazione, ma anche a dimensioni storiche ed esistenziali caratterizzate da rotture e perdite. La sua ricerca si concentra sugli stati interstiziali e transitori della condizione umana, indagando temi come l’identità, la metamorfosi e il rinnovamento. La sua scultura, intitolata Reconciliation, è a sua volta una trasformazione di un’opera precedente, The Wait (2023), e si presenta come una crisalide o un bozzolo in marmo in cui è innestato uno schedario di un ufficio immigrazione. Questi due elementi si fondono in uno stato di instabilità e levitazione, dove il bozzolo simboleggia nascita e divenire, mentre l’archivio, interpretabile sia in senso individuale che collettivo, evoca le dinamiche di assimilazione nella società. La tensione tra genesi e transizione, vita e morte, è centrale nel lavoro di Kiswanson, e la collisione tra questi due corpi appartenenti a mondi distanti sprigiona una forza generativa primaria che rivela possibilità inaspettate e nuovi orizzonti. Il lavoro di Nicola Martini (Italia, 1984, vive e lavora a Milano), si intitola Omag Tower 7 CNC, proprio come una delle macchine a controllo numerico di Henraux. Gli strumenti del robot ruotano lungo sette assi, e il macchinario è impiegato prevalentemente per fresare e asportare il marmo. Il processo di sottrazione è centrale per la comprensione di un’opera che pone l’attenzione sui rapporti tra uomo, artefatto e natura. Martini ha selezionato un “informe”, un blocco residuale proveniente dalla cava delle Cervaiole sul Monte Altissimo, perforandolo in ogni direzione fino al limite della sua resistenza meccanica. Rimuovere la materia da un blocco è l’azione necessaria per creare una scultura, ma al tempo stesso significa dare valore anche alla materia dalla cui montagna essa proviene. L’artista invita a superare sistemi dialettici che oppongono soggetto e oggetto, promuovendo una visione non antropocentrica e non gerarchica. Concentrarsi sul vuoto significa ribaltare le prospettive, evidenziando le qualità e i processi attraverso cui la stessa materia si crea per stabilire una connessione tra la memoria umana e quella millenaria della natura. Questo volume raccoglie e racconta le ricerche degli artisti attraverso interviste e saggi visivi che esplorano le fasi di produzione di ciascun progetto. Ogni contributo offre uno sguardo approfondito su diversi aspetti del processo creativo, illuminando dettagli e retroscena che rimarrebbero altrimenti nascosti. L’intento è non solo di offrire una documentazione accurata delle opere e delle idee che le hanno generate, ma anche di ispirare nuove modalità di pensiero e di percezione. Questo insieme di voci e immagini intende restituire uno spirito dinamico e vitale capace di stimolare curiosità e passione. La Giuria, composta da Edoardo Bonaspetti, direttore artistico della Fondazione Henraux, Eike Schmidt, direttore del Museo di Capodimonte, Napoli, Eva Fabbris, direttrice del Museo Madre, Napoli, Nicola Ricciardi, direttore Artistico di miart, Fiera Internazionale d’arte contemporanea di Milano e Chiara Costa, head of programs di Fondazione Prada, Milano, ha assegnato il Premio Henraux 2024 dopo un’attenta selezione delle proposte e degli artisti presentati dal Comitato di selezione. Carina Bukuts e Liberty Adrien, curatori di Portikus, Francoforte sul Meno, Nadim Samman, curatore del KW Institute for Contemporary Art, Berlino, Ilaria Marotta e Andrea Baccin, fondatori e direttori del Magazine CURA e del Centro d’Arte Contemporanea Basement Roma, Alessandro Rabottini, curatore e direttore artistico della Fondazione In Between Art Film, Roma, e Ilaria Bonacossa, direttrice di Palazzo Ducale, Genova, sono i membri del Comitato di selezione, ciascuno ha candidato i progetti di due artisti alla Fondazione Henraux per la selezione dei vincitori del Premio 2024. Olivia Erlanger (New York, USA, 1990) vive e lavora a New York. Attraverso la scultura, la cinematografia e la scrittura, la sua pratica indaga i sogni e le illusioni americane. L’esplorazione del mito della periferia permette all’artista di concentrarsi sulla sua semiotica, analizzandone l’architettura, le infrastrutture e gli ecosistemi. Tra le sue mostre recenti figurano: If Today Were Tomorrow al Contemporary Arts Museum di Houston (2024, personale); Humour in the Water Coolant all’ICA di Londra (2024, performance); Appliance alla KunstverienGartenhaus di Vienna (2022, personale); Nonmemory a Hauser & Wirth di Los Angeles (2023); Dream Journal alla Company Gallery di New York (2023); On Failure a Soft Opening di Londra (2023); e Shell a Del Vaz Projects di Los Angeles (2022). Erlanger è autrice di Appliance (WildSeeds, 2022) e coautrice di Garage (MIT Press, 2018) con l’architetto Luis OrtegaGovela. I suoi scritti sono apparsi in pubblicazioni come Tank Magazine, PIN UP, Flash Art e Harvard Design Magazine. Le sue opere sono presenti nella collezione del Dallas Museum of Art, Dallas; KADIST, San Francisco; e X Museum, Shanghai. L’artistavive e lavora a New York.  Per oltre un decennio, Tarik Kiswanson (Halmstad, Svezia, 1986) ha esplorato le nozioni di assenza di radici, metamorfosi e memoria attraverso la sua pratica interdisciplinare. Un’esperienza di spaesamento e trasformazione permea le sue opere ed è indispensabile sia per la loro forma che per le modalità̀ di percezione che producono. Pur mantenendo un legame con l’intimo e il personale, il suo lavoro affronta temi universali, storie sociali e collettive di rottura, Tarik Kiswanson proviene da una famiglia palestinese emigrata da Gerusalemme in Nord Africa e poi in Giordania, prima di stabilirsi all’inizio degli anni Ottanta in Svezia, dove è nato. Kiswanson ha trascorso dieci anni a Londra, dove ha studiato arte prima di trasferirsi a Parigi dove vive e lavora dal 2010. Ha quattro nazionalità̀ e parla e scrive in cinque lingue.  L’artista ha ricevuto il Premio Marcel Duchamp nel 2023 al Centre Pompidou di Parigi.  Il suo lavoro è stato oggetto di mostre personali presso diverse istituzioni, tra cui, recentemente,  la KunsthallePortikus, Francoforte (2024); la BonniersKonsthall, Stoccolma (2023), il SalzburgerKunstverein, Salisburgo (2023); il Museo Tamayo, Città del Messico (2023); il M HKA-Museo d’Arte Contemporanea di Anversa (2022); e il Carré d’Art-Musée d’art contemporain, Nîmes (2021). Ha partecipato a mostre collettive e biennali presso istituzioni come il Centre Pompidou, la KunsthalleMünster, la Biennale d’arte contemporanea di Lione, la Biennale degli Urali, la Biennale Performa, la Biennale di Gwangju e il MUDAM.  Nicola Martini (Firenze, 1984) vive e lavora a Milano. Nella sua pratica scultorea, Martini impiega vari processi di destrutturazione, abbracciando un approccio filosofico orientato agli oggetti e gettando nuova luce sulla natura del materialismo. Le sue mostre personali includono: 1669, Clima, Milano (2024); Testimone Perpetua, Toast, Firenze (2022); Appunti dall’Inframezzo, Clima, Milano (2021); And weldedskin, Galerie Philipp Zollinger, Zurigo (2020); Molten, DITTRICH & SCHLECHTRIEM, Berlino, Nicola Martini & Jacopo Menzani, Mega, Milan (2018); THE SOBER DAY, kaufmannrepetto, New York (2015); Sippe, kaufmannrepetto, Milano (2013); NERVO VAGO, Museo Marino Marini, Firenze (2012). Mostre collettive recenti: Panorama, L’Aquila (2023); La Collezione Impermanente, Gamec, Bergamo (2021); 2020 Year of the Rat, DITTRICH & SCHLECHTRIEM, Berlino (2020); Performativity, Centrale Fies, Dro; #80 | #90, Villa Medici, Roma (2019); Figure  di spago. pratiche di narrazione, Fondazione Baruchello, Roma; Black Hole, Gamec, Bergamo (2018); e TBT (Turn Back Time), Magazzino Arte Moderna, Roma (2018).  

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