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Cervara di Roma, un borgo tutto arte che vive solo di “pitturi” tra kermesse letterarie e vicoli multicolori

Da duecento anni questo museo en plein air strega gli artisti di tutto il mondo, emuli di Ernest Hébert e della bella Rosanera

29 Aprile 2024

Cervara di Roma, un borgo tutto arte che vive solo di “pitturi” tra kermesse letterarie e vicoli multicolori

Appena 400 abitanti, oltre mille metri di altitudine e un’irrefrenabile vocazione artistica. Cervara di Roma è un paesino laziale sui Monti Simbruini che sconcerta con decine di dipinti e statue a cielo aperto: sui muri, per le strade, sulle rocce, sotto gli archi. Ne deriva un’atmosfera con un che di onirico, genere Lewis Carroll e “Alice nel paese delle meraviglie”. E tutti sembrano pensare soltanto a sculture, poemi, murales e iniziative a tema: dal “Premio Letterario Rudy De Cadaval” - il 15 maggio si chiuderanno le iscrizioni dei poeti partecipanti e la premiazione avverrà poi nell’ambito degli eventi estivi promossi dal Comune - alla “Festa degli Artisti” che si celebra il terzo weekend di settembre ed è dedicata ogni volta a un personaggio diverso con approfondimenti, presentazioni di libri, mostre, musica, cortometraggi. Non a caso il borgo è gemellato con Struga, capitale mondiale della poesia nella penisola balcanica che, con le sue “Struški večeri na poezijata” - Serate della Poesia di Struga”, da sessant’anni attira ad agosto migliaia di appassionati. Ma come ha fatto Cervara a forgiarsi questo insolito destino? 

Fino al 1950 la si raggiungeva solo a dorso di mulo. E ancora oggi per visitarla occorre lasciare l'auto all'entrata del paese e poi affrontare una miriade di ripide scalette che salgono, salgono sempre di più, si direbbe verso il cielo. L'impresa lascia trafelati ma la vista ripaga di qualsiasi sacrificio spalancandosi a perdita d'occhio su rupi e selve scoscese. E’ stata proprio questa magnificenza paesaggistica ad ammaliare la moltitudine di artisti che l’hanno invasa fin dall’Ottocento, sprezzanti delle difficoltà dei collegamenti come Samuel Morse: inventore del famoso alfabeto, nonché pittore e storico che si arrampicò fin qui con i bagagli su due muli e lasciò scritto "Il paesaggio è grandioso; passato un querceto, appare Cervara dove si arriva per un sentiero di capre. Nessuna carrozza ci passerebbe mai...regna, per lo più, un silenzio perfetto".

Detto fatto, da Giuseppe Antonio Koch a Bartolomeo Pinelli, ad Oscar Kokoschka, tutti pazzi per Cervara. Ernest Hébert, cugino di Stendhal, condivise l’esistenza semplice e austera dei paesani tra il 1856-1858, eseguì il meraviglioso dipinto “Les Cervarolles” oggi esposto a Parigi nel Museo d’Orsay e s’innamorò perdutamente di Rosanera: fanciulla dalla rapinosa bellezza, più volte ritratta e poi trasferitasi con lui in Francia dove divenne una delle modelle più ricercate dell’epoca.

Questi “pitturi” - così li bollavano sbrigativamente i cervaroli - hanno realizzato splendidi quadri, ampiamente documentati nel locale Museo della Montagna, con il paese e le sue donne nell’abito tradizionale dalla tipica cuffia “cartonella”. E il furore creativo - come se tele e cornici non bastassero più ad arginarlo – ha trasformato a poco a poco la stessa Cervara in una tavolozza vivente, affrescandone case e stradine con paesaggi, boschi, effigi mariane, ed esprimendosi anche con la scultura, la poesia, la musica. 

Infatti il dedalo di gradinate e portici, oltre a numerose targhe con liriche di Ungaretti e Pasolini, sfoggia deliziosi murales di Giuseppe Ciotti e Aldo Riso ispirati ad un elegiaco “come eravamo” - ragazze cervarole alla fonte o aitanti pastori tra scenari bucolici - e ad ogni angolo lo slancio lirico è sottolineato da maschere di pietra, immagini sacre in terracotta e originali insegne toponomastiche disegnate su ceramica o legno.

La rampa di piazza Giovanni XXIII, detta appunto Scalinata degli artisti”, è stata decorata dal maestro Vincenzo Bianchi e dai suoi allievi con figure intagliate nella roccia e lapidi marmoree: una reca il sonetto intitolato a Cervara dal poeta spagnolo Raphael Alberti, un’altra il pentagramma del “Notturno” appositamente composto da Ennio Morricone. Sulla parete calcarea che precipita a picco in piazza Umberto I spiccano poi eroi mitologici e simboli di pace - fantasiosa opera battezzata “Montagna d'Europa” e diventata emblema della concordia tra i popoli. E Fabio Piscopo ha aggiunto un immenso bassorilievo in refrattario smaltato, “La Fortuna”, con sontuose forme femminili, quasi rubensiane, dai fiammanti rossi, bianchi, blu.

  

Vagabondare a Cervara tra le “altane arroccate/ per vicoli sghembi/ e improvvisi archivolti”, come recita una delle tante odi sui muretti, vuol dire inebriarsi di arte, di talento e di aria pura assaporando la serenità di un abitato rimasto isolato e, pertanto, intatto. Che borgo inconsueto e fuori dal mondo! Nel lasciarlo, è inevitabile voltarsi indietro a guardarlo più volte, irreale, lassù, avvolto dalle nubi, e si avverte che i versi di Alberti non potevano coglierne meglio l'intima essenza: “Cervara vive sola/ scolpita in cima a una montagna di pietra. / E' una scultura nel cielo, che al cielo volerebbe/ se l'aria la sostenesse”.

Di Carla Di Domenico.

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