16 Gennaio 2024
Orsanmichele
Il complesso di Orsanmichele di Firenze rinasce e riapre al pubblico a partire dal 19 gennaio dopo oltre un anno di lavori. L’ intervento è durato 400 giorni e restituisce al pubblico la fruibilità della Chiesa e del Museo, con i loro 1800 metri quadri di superficie, in una veste completamente rinnovata. L’investimento complessivo è di € 1.135.026,43 promosso dal Ministero della Cultura facente parte dei cosiddetti Grandi Progetti Beni Culturali e porta la firma degli studi Map Architetti e Natalini Architetti, che hanno consentito di riportare alla fruibilità il complesso, parte integrante del gruppo statale dei Musei del Bargello diretto fino ad oggi da Paola D’Agostino.“Orsanmichele riapre - commenta la Soprintendente Antonella Ranaldi - Come sarà? Si chiederanno in molti. Durante il periodo di chiusura, dalla vetrata su via Calzaioli, turisti e passanti curiosi sbirciavano ammirati verso l’interno dove i restauratori erano impegnati nella spolveratura del grande tabernacolo dell’Orcagna. La chiesa di Orsanmichele si apre e si mostra all’esterno. Grazie alle nuove bussole che permettono di lasciare aperti i grandi portoni, dalle vetrate si potrà vedere l’interno da via dell’Arte della Lana. È un invito ad entrare, ma non solo, è un’idea di bellezza accessibile, a porte aperte, valorizzata dalla nuova e riuscita illuminazione interna, che esalta le vetrate colorate, le grandi volte e i capolavori scultorei che la rendono splendida. Una chiesa particolare, molto civica, che nella sua lunga vita ha ospitato funzioni miste, chiesa, granaio, archivio, museo. Ha visto sulla sua pelle, tra Trecento e Quattrocento, artisti ancora impegnati negli stilemi tardogotici - che oggi pur ammiriamo stupefatti - superati dal vento di rinnovamento degli artefici del primo Rinascimento fiorentino. Un trapasso tra generazioni vicine. Le grandi statue dei protettori delle Arti di Firenze, si sono imposte superbe e maestose, in una gara tra artisti e tra corporazioni delle arte. Nel nuovo allestimento degli studi Map Architetti e Natalini Architetti – continua Ranaldi - le statue sono state rialzate, perché erano state concepite per essere viste dal basso. Si è ricercata la frontalità originaria ponendo dietro ognuna di esse fondali bianchi, creando un percorso che apre a scorci diagonali. Ringrazio per questo e per molto altro Paola D’Agostino, collega preziosa che vorrei tanto trattenere qui. Nei suoi 8 anni di direzione ha fatto tantissimo. Se penso solo agli ultimi mesi, ho visto inaugurarsi con successo la nuova uscita delle Cappelle Medicee, ammirato la Madonna con bambino di Donatello, acquisita dallo stato ed esposta al Bargello, e oggi concludere il suo mandato con l’Orsanmichele che riapre rinnovata con sapienza, è stato per me un vero grande piacere lavorare con la D’Agostino”. I lavori di restauro, messa in sicurezza, riallestimento del museo e della chiesa di Orsanmichele sono stati possibili grazie a un finanziamento del Ministero della Cultura all’interno del Piano Strategico Grandi Progetti Beni Culturali relativo alle annualità 2017-2018. Lo studio di fattibilità dell’architetto Daniele Lauria risale al 2019. Successivamente, sono stati invitati nove architetti a presentare un’offerta per la realizzazione della progettazione esecutiva e definitiva. Una commissione composta da Corrado Azzollini, dall’architetto Luigi Girardini e dall’architetto Luigi Imparato, ha decretato che la migliore offerta fosse quella degli studi Map Architetti e Natalini Architetti. Il progetto è stato redatto e validato mentre le operazioni di gara per i lavori sono state delegate a Invitalia, che ha decretato la vittoria dell’impresa Salvatore Ronga. “In occasione della riapertura – ha spiegato Benedetta Matucci, curatrice del Museo di Orsanmichele - il pubblico potrà ammirare anche gli esiti di numerosi interventi conservativi e allestitivi, su dipinti murali, statue e paramenti lapidei, che restauratori e tecnici hanno condotto durante i mesi di chiusura, in un clima di fattiva collaborazione, idealmente paragonabile a quella che un tempo dovette animare le molte maestranze coinvolte nei lavori di edificazione del cantiere trecentesco, e con un comune sentimento di rispetto verso i capolavori di Orsanmichele”. Nel nuovo allestimento, le 13 statue originali esposte nel Museo, opera dei più grandi scultori del Rinascimento fiorentino ovvero Lorenzo Ghiberti (San Giovanni Battista, Santo Stefano e San Matteo), Donatello (San Marco e San Pietro), Nanni di Banco (Sant’Eligio, San Filippo, Quattro Santi Coronati), Andrea del Verrocchio (Incredulità di San Tommaso), Baccio da Montelupo (San Giovanni Evangelista), Giambologna (San Luca), accanto a quelle trecentesche Piero di Giovanni Tedesco (Madonna della Rosa) e Niccolò di Pietro Lamberti (San Giacomo Maggiore) tornano a interagire con il pubblico, come quando si trovavano nelle nicchie esterne e incrociavano lo sguardo dei passanti per le strade circostanti Orsanmichele. Il progetto degli studi Map Architetti (arch. Tommaso Barni, arch. Giovanni Santini, arch. Anna Pescarolo) e Natalini Architetti (arch. Fabrizio Natalini) valorizza i tesori unici in chiesa e dà nuova vita alla fruibilità delle statue del primo piano da parte del pubblico. E se in chiesa gli architetti hanno lavorato molto sulle grandi bussole di accesso che incorniciano i portali in legno e sull’impianto di illuminazione, nel museo sono state realizzate delle strutture che sollevano le sculture come se si trovassero su di un podio, incorniciandole con un fondale che ripropone la collocazione originaria nei tabernacoli esterni. Ognuna delle sculture si trova nella posizione corrispondente a quando si trovava in facciata, in modo da proporre al visitatore una sorta di passeggiata che rispecchi l’esterno del complesso. “Sono particolarmente felice – ha detto il direttore dei Musei del Bargello, Paola D’Agostino - di chiudere i miei otto anni di mandato con la restituzione alla città di Firenze del complesso monumentale di Orsanmichele, che rappresenta il fulcro della vita civile e religiosa di Firenze, la sua storia e l’orgoglio delle corporazioni. In questa giornata così singolare in cui mi congedo dopo otto anni e in cui presento un bilancio del mio mandato, sono lieta di avere accanto i maggiori interlocutori, che in questi anni hanno fatto sì che i Musei del Bargello crescessero, si completassero cantieri e diventassero un punto di riferimento per i visitatori di questa città straordinaria. In questi anni c’è stato un dialogo intenso e una collaborazione efficace con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della città Firenze e delle province di Prato e Pistoia, un costante rapporto con la Regione Toscana, con il Comune di Firenze, con la Curia e con i professionisti che hanno lavorato ai vari progetti e sono lieta che la conferenza stampa di oggi sia l’occasione per presentare un vero e proprio bilancio sociale: quanto i musei del Bargello abbiano prodotto e inciso non solo nel tessuto economico e culturale ma anche nelle relazioni con gli stakeholders del territorio. Sono fiera che il Ministero della Cultura abbia investito dei fondi straordinari e che abbia compreso il senso e l’importanza di un complesso statale che è non solo la memoria storica delle eccellenze artistiche fiorentine, ma anche della nostra identità nazionale perché è proprio qui che alla fine dell’Ottocento si scelse di tenere le Lecturae Dantis della Società Dantesca. Desidero ringraziare tutti coloro che in questi otto anni hanno dialogato con me e soprattutto il personale che presta servizio ai Musei del Bargello, che non si è mai risparmiato per chiudere anche questo cantiere in tempi così brevi”. Il progetto commissionato dai Musei del Bargello nasce dall’esigenza di ripensare il rapporto statua-spettatore secondo il punto di vista di antichi maestri, Donatello in primis, che nell’ideazione delle statue tenevano in conto la collocazione finale, in questo caso la serie di nicchie sopraelevate a due metri di altezza dal suolo, per cui le opere hanno appositi accorgimenti prospettici. In quest’ottica il riposizionamento delle tredici statue monumentali, per cui si sono rese necessarie complesse operazioni di movimentazione condotte dalla ditta Arterìa, ha tenuto conto dell’originaria disposizione nel ridisegnare, grazie al progetto di Barni e Natalini, le antiche geometrie delle opere centrate sui moderni fondali, e ripristinare le relazioni spaziali un tempo esistenti tra le figure dei gruppi scultorei come i Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco o l’Incredulità del Verrocchio. Particolarmente suggestive sono le statue posizionate in diagonale sugli angoli delle pedane, come il San Luca del Giambologna o il San Matteo di Ghiberti, che sembrano affacciarsi oltre il profilo degli schienali, guardando lo spettatore, e sporgendo le possenti braccia nell’atto di sorreggere i libri. Ad una differente altezza riacquistano solennità anche le statue più rigidamente frontali, come il San Giacomo maggiore di Niccolò Lamberti o il Santo Stefano di Ghiberti, il cui sguardo apparentemente spento si rianima se proiettato in lontananza. E si tornano ad apprezzare anche particolari rimasti a lungo in ombra come i bellissimi calzari ai piedi del gruppo verrocchiesco dell’Incredulità di San Tommaso. La realizzazione del progetto di Map Architetti e Natalini Architetti affidata, dopo concorso, alla ditta Salvatore Ronga Srl (vedi relazione tecnica e scheda tecnica del progetto) è stata messa in opera da numerose ditte specializzate nei diversi settori: le strutture sostegno sculture progettate dallo studio d’ingegneria Sertec, le opere di allestimento da Opera Laboratori, i vetri da Trait D’Union s.r.l., l’illuminazione da iGuzzini, ideata con la consulenza dello Studio Rossi&Bianchi lighting design, gli impianti da CMA engineering srl, la grafica da Paper Paper, i supporti per statue da Fucina Ervas di Alessandro Ervas, i ponteggi da “D.K. s.r.l.s e Hasa Elvis, le modifiche all’impianto elettrico da S.I.E.M. di Simone Campolmi e Valter Pancrazzi s.n.c., il trattamento ai pavimenti da Stio Emilio. Ad affiancare i direttori dei lavori (Barni e Natalini) e il coordinatore della sicurezza (Marcello Cipriani) sono stati presenti in cantiere il Direttore Operativo Benedetta Matucci, i RUP che si sono avvicendati, Maria Cristina Valenti e Costantino Ceccanti, e lo staff dell’ufficio tecnico dei Musei del Bargello. Sono stati inoltre predisposti nuovi apparati didattici e una nuova brochure, a cura di Benedetta Matucci e Irene Parentini, dotati anche di collegamenti multimediali tramite qrcode, che rimandano a brevi video documentari sul Complesso di Orsanmichele. La temporanea chiusura del Complesso di Orsanmichele ha consentito inoltre di intraprendere una consistente serie di operazioni di restauro e manutenzione straordinaria delle sculture, dei dipinti murali, dei paramenti lapidei della Chiesa e di alcune delle celebri statue conservate al Museo, oltre alla realizzazione dei supporti per la messa in sicurezza delle opere, interventi questi diretti da Benedetta Matucci funzionaria storica dell’arte e responsabile del Complesso di Orsanmichele con Benedetta Cantini, funzionaria restauratrice dei Musei del Bargello. In Chiesa, dove i restauri sono stati condotti con attenta dedizione da Bartolomeo Ciccone, Gabriela Simoni e Muriel Vervat, è stato possibile procedere ad una spolveratura integrale del tabernacolo dell’Orcagna (a distanza di cinque anni dal precedente intervento di manutenzione straordinaria) come anche dell’altare con il gruppo della Vergine con Bambino e Sant’Anna di Francesco da Sangallo, e della tavola di Bernardo Daddi, sottoposta quest’ultima ad un controllo metodico dello stato conservativo. Nella parte absidale della chiesa si è proceduto al restauro di gran parte delle pareti, grazie alla pulitura dei colonnini alla base delle grandi trifore e al ripristino degli intonaci di tamponatura; inoltre, grazie alla rimozione della vecchia sagrestia addossata alla parete nord-est, sostituita oggi da una nuova struttura ad armadio staccata dal muro, sono tornate visibili alcune porzioni degli affreschi raffiguranti San Domenico e San Francesco, sulle quali è stato necessario intervenire con un restauro. Sempre nella zona absidale sono stati poi restaurati tutti i basamenti dei sei pilastri delle campate che risultavano alquanto sporchi a causa di consistenti macchie e tracce di materiali cerosi, stratificatisi nel corso del tempo. Un recupero significativo è stato quello delle pitture delle facce di tre pilastri, raffiguranti San Giovanni Evangelista, San Barnaba e San Pietro, posizionati nelle campate nord-est e sud-est, il cui stato conservativo risultava alquanto degradato a causa di gravi distacchi degli intonaci, sollevamenti e disgregazione della pellicola pittorica. L’intervento di pulitura, e di ritocco pittorico a velatura, e a neutro (laddove non era possibile integrare la pittura), ha restituito unitarietà al ciclo pittorico, in particolare al brano con la figura di san Barnaba. È stata infine condotta una integrale campagna di monitoraggio e manutenzione delle volte: già cinque anni fa tutti gli affreschi del soffitto furono monitorati per valutarne lo stato conservativo e in quell’occasione si intervenne con numerose iniezioni di malta premiscelata per far riaderire gli strati di intonaco fra loro e alla struttura muraria. Il nuovo intervento ha potuto avvalersi della precedente mappatura per rivalutare lo stato di degrado e la presenza di nuovi distacchi, confermando quanto siano importanti i monitoraggi periodici e gli interventi di manutenzione nell’ambito dei beni culturali. Durante lo svolgimento dei lavori al primo piano del Museo, grazie all’apposita predisposizione di una serie di aree di cantiere, è stato invece possibile intraprendere alcuni interventi di restauro e manutenzione straordinaria di alcuni celebri capolavori qui conservati. La statua del Sant’Eligio di Nanni di Banco, precedentemente restaurata nel 1989, è stata oggetto di una manutenzione straordinaria da parte di Gabriella Tonini, che ha condotto una puntuale ed attenta rifinitura della pulitura della superficie lapidea, resa notevolmente disomogenea per la presenza di aloni scuri dovuti ad antichi trattamenti superficiali, e ai residui dell’antica “bronzatura” che ha interessato in passato tutte le statue. Grazie all’utilizzo della tecnologia a laser sono stati rimossi i residui della patinatura bronzea sulla mitria e tra i riccioli della barba e dei capelli, valorizzando le tracce di doratura, ancora visibili a occhio nudo. Nell’ambito della convenzione di partenariato pubblico stipulata nel 2023, tra i Musei del Bargello e l’Opificio delle Pietre Dure per il monitoraggio dello stato conservativo e delle operazioni di disallestimento delle statue in occasione dei lavori del museo di Orsanmichele, si è proceduto alla manutenzione del San Matteo di Lorenzo Ghiberti. L’intervento è stato sapientemente condotto dalle restauratrici del Settore Bronzi e Armi Antiche (Stefania Agnoletti, Maria Baruffetti, Annalena Brini e Elisa Pucci), in un cantiere didattico che ha visto coinvolti anche gli allievi del quarto anno della Scuola di Alta Formazione Studio (PFP4-Corso n. 31). Precedentemente restaurato dall’Opificio nel 2005, il monumentale bronzo del Ghiberti è ora stato sottoposto ad attività manutentive inerenti a una revisione della pulitura e della protezione delle superfici di lega di rame e l’inibizione dei cloruri. Si evidenzia come particolarmente rilevante il recupero delle lettere capitali del libro e della sclera degli occhi, il cui decoro ad agemina è tornato perfettamente leggibile grazie all’utilizzo della metodologia laser. A distanza di due decenni dal restauro del 2000-2001, si è resa poi necessaria una revisione conservativa dei due bronzi di Santo Stefano di Ghiberti e del San Giovanni Evangelista di Baccio da Montelupo a cura di Nicola Salvioli. È stata condotta una pulitura generalizzata per rimuovere i vecchi protettivi, ormai alterati al punto da non assolvere più completamente alla loro funzione e che, in particolare in certe zone, offuscavano la piena leggibilità della scultura. È seguito un attento e mirato controllo dei focolai di corrosione attiva sulla superficie, maggiormente localizzati nelle zone più nascoste del modellato, e una loro conseguente rimozione. Particolare cura è stata dedicata ad attenuare la cromia di certe vecchie patinature di tonalità violacea usate in passato per accordare la superficie, ma che non era conveniente rimuovere. In previsione del riposizionamento dei Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco si è infine deciso di restaurare l’antico frontone in marmo di Portovenere, rimasto fratturato in tre parti in seguito al trasferimento dell’opera dal tabernacolo al museo nel 2001. Una volta ricollocato il gruppo scultoreo sul nuovo basamento, si è inoltre proceduto a nascondere gli spazi vuoti fra i tre blocchi di marmo, ricomponendo il piano di appoggio delle quattro figure, originariamente colmato in nicchia da una colata di malta. Le parti mancanti sono state ricostruite in resina grazie ad un elaborato progetto di Mattia Mercante, che ha acquisito i dati preliminari alla stampa tramite la tecnologia della scansione 3D. Appositi supporti per la messa in sicurezza di una serie sculture sono stati realizzati dalla Fucina Ervas, in collaborazione con i progettisti, tenendo conto di specifiche esigenze di movimentazione e di allestimento, grazie ad un avanzato sistema di elementi regolabili e di attacchi.
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