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Il romanzo "Il ponte sospeso" di Cappi e il saggio "C'era una volta un ponte" di Lucchini e Pimpinella raccontano la storia di una Roma che non c’è più

Romanzo e saggio che indagano sul Ponte del Soldino, ponte storico della Capitale; ne restituiscono la memoria e la vera storia anche tramite notizie inedite

15 Dicembre 2023

Il romanzo "Il ponte sospeso" di Cappi e il saggio "C'era una volta un ponte" di Lucchini e Pimpinella raccontano la storia di una Roma che non c’è più

Il Ponte del Soldino è al centro del nuovo romanzo Il Ponte Sospeso di Andrea Carlo Cappi e il saggio C’era una volta un ponte di Stefano Lucchini e Giovanna Pimpinella pubblicato da Palombi Editori, che racconta una Roma d’altri tempi, per certi versi magica e misteriosa

Realizzato in ferro lungo il Tevere nel 1863, durante il pontificato di Pio IX, e successivamente distrutto nel 1941, il ponte deve il suo nome al pedaggio che bisognava pagare per poterlo attraversare. Il saggio di Stefano Lucchini e Giovanna Pimpinella propone la ricostruzione della vera storia del ponte e dei quadri che ce ne restituiscono la memoria, con notizie anche inedite, mentre il romanzo di Andrea Carlo Cappi, tra realtà e fantasia, ripercorre cent’anni di vita nella Capitale, all’ombra di qualcosa che non esiste più e di enigmatici indizi che permangono tuttora.

Voleva rappresentare il salto verso la modernità che Pio IX stava intraprendendo con impegno, ma rimaneva un luogo incerto. Così la sua natura effimera prese il sopravvento e lo trasformò nel non-luogo per eccellenza. La caratteristica del pedaggio poi contribuì a renderlo ancora più unico, perché questo non-luogo aveva un guardiano, colui che richiedeva il soldino per l’attraversamento, e che rappresentava una sorta di Caronte che diventava sempre più povero man mano che la modernità avanzava, che il denaro valeva meno e che altri ponti venivano costruiti intorno a lui.

Le due tipologie di testi, il saggio scientifico e il giallo storico, dialogano tra loro presentandosi a vicenda uno come approfondimento dell’altro, con il lettore che può immergersi tra le fonti della storia e le suggestioni della narrativa. l Ponte del Soldino era sempre stato un luogo “precario”, costruito con tecniche e materiali nuovi e poco conosciuti per l’epoca, quindi visti con sospetto e scetticismo riguardo alla solidità e sicurezza del progetto.

Come spiegano gli autori del saggio, “ha una natura vitale il nostro Ponte, come dimostra il vivido ritratto che ne fa Annibale Angelini nel quadro che diventa ispirazione di questo studio. Qui lo troviamo dialogare attivamente con il popolo di Roma mentre gli si muove intorno. In una giornata dal cielo limpido, popolani, cittadini, barche, animali che si abbeverano alla fonte Lancisiana, anch’essa sparita, sono tutti indaffarati intorno al fiume placido e al ponte che permette di attraversarlo. Nelle pieghe del tempo e della storia, questo episodio architettonico pieno di fascino e sorprese sembra essersi quasi addormentato, ma ancora sopravvive, come dimostra la ricerca che abbiamo fatto, tra giornali d’epoca, fonti più o meno nuove, quadri, fotografie e cartoline. Una ricerca che porta alla luce non solo la bellezza di Roma, ma anche i sentimenti che la guidano e l’immaginazione che la contraddistingue. E se prendiamo per mano questa immaginazione sarà lei che ci guiderà senza esitazione nel dare nuova forma ai ricordi, alle testimonianze, alle vecchie immagini così da rendere nuovamente vivo non solo il Ponte che non c’è più, ma tutto quello che c’era intorno e che appresentava una Roma che non vogliamo dimenticare”.

Il romanzo si basa su tre importanti fonti: la prima è un quadro di Annibale Angelini del 1869, raffigurante il Ponte del Soldino dalla sponda di via della Longara (o Lungara), con la chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini sullo sfondo: la testimonianza di un’opera ingegneristica pensata per resistere un secolo e oltre, ma demolita a soli ottant’anni dall’inizio della sua costruzione.

La seconda è il saggio di Giovanna Pimpinella e Stefano Lucchini che costituisce la prima parte del volume, in cui si ricostruisce la vera storia del Ponte del Soldino, dalle origini del progetto alla sua presenza nella vita quotidiana di Roma, fino alle odierne tracce della sua memoria. La terza, la più misteriosa di tutte, è una cartolina raffigurante il ponte, il Tevere e la chiesa, risalente agli anni Trenta del XX secolo, mai spedita né affrancata. Su di essa però venne incollato il ritaglio della riproduzione di un quadro di Sofia Chiostri e furono battute a macchina frasi enigmatiche. I riferimenti al Ponte del Soldino “che or non c’è più” sono inequivocabili, ma cosa intendeva l’anonimo autore (o l’anonima autrice) con la frase “L’oro del Tebro”? Alludeva in termini poetici al limo del “biondo Tevere”, ai preziosi reperti riemersi già nell’Ottocento con il dragaggio del fondo, oppure a un autentico tesoro perduto?

Da qui lo spunto per un romanzo che fosse interamente ed esclusivamente ambientato a Roma, collegato a un intero secolo della sua storia. Una storia così ricca di drammi, intrighi e segreti da celare addirittura un vero tesoro del quale si sono perse le tracce nel XIX secolo e di cui forse la nostra misteriosa cartolina è la chiave. Ecco quindi che abbiamo dovuto decifrarla frase per frase, parola per parola, mentre ricostruivamo episodi veri, presunti o del tutto immaginari, ma compatibili con quanto accaduto nella realtà”.

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