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Fenomenologia essenziale della psicanalisi contemporanea

“Hitler ebreo come Zelensky”. (Sergej Viktorovič Lavrov diplomatico e politico russo, attuale Ministro degli affari esteri della Russia)

20 Luglio 2023

Leonardo

Leonardo Da Vinci, (dettaglio) da Vergine delle Rocce , 1483-1485, Parigi, Louvre

 La psicanalisi odierna è distante dalle teorie freudiane del “paradigma”, ma ancora in evidente continuità con il suo fondatore e quindi prigioniera all’interno del “carcere” costruito da Sigmund Freud, disorientata e spesso bloccata e senza via d’uscita dentro il “labirinto” architettato da Carl Gustav Jung. Lo spostamento d’analisi dalle pulsioni dei soggetti agli oggetti, lo studio delle “fasi preedipiche”, il recupero linguistico, nel senso filosofico, dell’inconscio, l’ampliamento a spazi e tempi interpersonali, la rinnovata attenzione al rapporto tra processi psicologici e processi biologici: sono queste le principali direzioni d’indagine che hanno impegnato la psicanalisi della seconda metà del XX secolo. Gli orientamenti più recenti si sono praticamente trovati a fronte degli scogli disciplinari: l’esistenza di molte ramificazioni (e l’impossibilità, da parte delle singole scuole, di stabilire la propria egemonia teorica e clinica sulle altre) e la necessità di identificare un terreno comune di indagine, di metodologia e di riflessione che favorisca il progresso teorico-clinico sulla base di ipotesi fondamentalmente condivise. Nella prospettiva della reazione al pluralismo, si sono delineate due importanti linee guida: la ricerca di una verifica empirica e l’emergere di una posizione ermeneutica. Creata in risposta alle critiche di non scientificità rivolte alla psicanalisi, l’esigenza di verifiche empiriche risale agli anni Trenta, ma è negli anni Ottanta che l’International psychoanalytical association ha promosso ufficialmente un gruppo di ricerca in oggetto. In passato l’oggetto di studio era concretizzato dai risultati della terapia, si è poi occupata del modo in cui la realtà del processo terapeutico influenza la diversa qualità del contesto psicanalitico. A un approccio volto a sottolineare la complessità del processo psicanalitico si rifà invece la posizione ermeneutica, fattispecie di una nuova attenzione anche per l’impossibilità di giungere a una teoria psicanalitica unitaria. Secondo questa posizione, la psicanalisi, come una matrice non matematica o algebrica ma statistica, genera una molteplicità di teorie proprio perché i suoi dati sono costituiti da significati e auto-interpretazioni evidenziati dal paziente; nella fattispecie d’analisi i dati vengono ricontestualizzati dall’analista sulla base di un proprio modello di lettura: non solo differenti analisti costruiranno storie diverse, ma all’interno di una singola analisi sarà possibile costruire storie multiple, narrazioni che mutano con il procedere del lavoro. Un’ulteriore risposta al pluralismo e alla molteplicità dei modelli psicanalitici dello sviluppo infantile è costituita dalla ricerca di un’interfaccia tra psicanalisi e infant research (che studia l’interazione madre-bambino, la razionalizzazione degli affetti, lo sviluppo del Sé, e sostiene una visione dello sviluppo in cui il neonato è un organismo attivo e competente, con stati emotivi differenziati e abilità complesse che gli consentono di entrare in relazione con la madre). Particolarmente sensibile alle tematiche della ricerca infantile, P. Fonagy ha tentato, all’interno della psicologia dell’Io britannica, un’integrazione teorica e clinica della psicologia con il paradigma della teoria dell’attaccamento e con l’approccio evolutivo-cognitivista alla teoria della mente. Lo sviluppo nel bambino di tale “teoria della mente”, che permetterebbe una buona regolazione affettiva e il passaggio a meccanismi di difesa meno primitivi, è reso possibile da un certo grado di coerenza e sicurezza nelle relazioni oggettuali precoci. C. Bollas, ha analizzato il mondo infantile a partire dalla riflessione di D. W. Winnicott, tendendo a evidenziare, con il concetto di ‘idioma’, l’importanza del progetto individuale, che consiste nel radicare lo sviluppo nell’espressione spontanea delle potenzialità del “vero Sé” winnicottiano. Anche alcuni autori statunitensi, come T. Ogden e J.S. Grotstein, hanno proficuamente utilizzato il pensiero di Winnicott; in particolare, A.H. Modell ha esplorato, negli anni 1990, il carattere privato e paradossale dell’esperienza del Sé e ha elaborato una teoria del trattamento psicanalitico fondata sull’esistenza di livelli diversi di realtà, sul ruolo dell’illusione e sul carattere interattivo dell’interpretazione. Ma il contributo principale proviene da H. Rosenfeld, che ha studiato con grande acume e sensibilità le forme più gravi e impegnative della psicopatologia e ha sottolineato la necessità, nell’interpretazione dell’aggressività, di una valutazione attenta della vulnerabilità e delle difese del paziente, nonché del suo bisogno di idealizzazione come reazione al timore di subire un rifiuto. La psicologia del Sé, che ha avuto, grazie al lavoro degli allievi di H. Kohut, ampia diffusione negli Stati Uniti, ha elaborato una nuova concettualizzazione del Sé, visto da alcuni autori come organizzatore dell’esperienza, e da altri come un sistema funzionale che integra le informazioni cognitive e affettive, o come centro dell’esperienza correlato a una organizzazione gerarchica di motivazioni e valori. In questa corrente di pensiero, l’attaccamento viene individuato come un principio motivazionale che è fonte del mantenimento della coesione del Sé; J. Lichtenberg, in particolare, ha riformulato il concetto di motivazione, tentando una sintesi tra psicologia del Sé e infant research e distinguendo cinque sistemi motivazionali: di regolazione psichica della tensione fisiologica; di attaccamento-affiliazione; esplorativo-assertivo; avversivo; sensuale-sessuale. Va ricordato anche il lavoro svolto da S. Mitchell, che promuove a oggetto dell’analisi il campo di interazione, la matrice relazionale in cui l’individuo nasce e si sviluppa; il conflitto avviene tra diverse configurazioni relazionali e la mente viene considerata come tendenzialmente diadica e interattiva. Alla concezione interattiva si contrappone invece in modo netto A. Green, che ha esplorato nelle sue ricerche le problematiche del narcisismo (attraverso i tipi della “madre morta”, dell’‘angoscia bianca” e dell’allucinazione negativa) e, ancora, quelle della follia originaria, della triangolazione primitiva, dei casi-limite (evidenziando il conflitto tra angoscia di separazione e angoscia di intrusione). Per Green, la situazione analitica, combinazione di ciò che è intrapsichico con ciò che è intersoggettivo, va pensata nei termini di un modello di relazioni tra oggetti esterni e oggetti interni e tra superficie e profondità. Secondo gli statuti dell’International psychoanalytical association, la qualifica di psicanalista spetta a chi abbia superato una lunga formazione individuale. In Italia, l’accesso all’addestramento per la qualifica, dapprima limitato ai soli laureati in medicina, è stato successivamente esteso anche a laureati di altra formazione (filosofica, psicologica, sociologica). La pratica è fondata sull’insegnamento delle teorie psicanalitiche ed è integrata dalla pratica didattica, per sviluppare una sufficiente capacità di auto-osservazione nel discente, e dall’analisi di controllo. La pratica clinica compiuta dall’allievo viene così controllata e certificata da un analista con maggiore esperienza e quindi, se “scientifica”, convalidata.

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