07 Luglio 2023
Maurice Duruflé nacque nel 1902 a Louviers un comune francese del dipartimento dell'Eure nella regione della Normandia. Ad appena dieci anni Duruflé entrò in organico come corista presso la Scuola di sezione della Cattedrale di Rouen, dove studiò pianoforte e organo con Jules Haelling. All’indomani della fine della prima guerra mondiale si trasferì a Parigi, dove prese lezioni di organo da Charles Tournemire e ne divenne l'assistente a Sainte Clotilde fino al 1927. Diciottenne Duruflé entrò al Conservatorio di Parigi, che lasciò solo dopo aver vinto il primo premio in organo, in armonia, accompagnamento per pianoforte e composizione. Nel 1927, Louis Vierne gli diede l’incarico in qualità di suo assistente a Notre Dame. Divenne organista titolare a Saint-Étienne-du-Mont a Parigi nel 1930, mantenendo l'incarico per tutta la vita. Nel 1935 Duruflé suonò la prima della Sinfonia VI op. 59 di Louis Vierne alla Cattedrale di Notre Dame. Nel 1943 divenne professore di armonia al Conservatorio di Parigi, dove lavorò fino al 1970. Nel 1939 suonò per la prima esecuzione del Concerto per organo, orchestra e timpani di Francis Poulenc. Duruflé aveva fornito a Poulenc alcuni suggerimenti sulla messa a punto della parte organistica.Nel 1947 scrisse la sua opera più famosa, il Requiem op. 9, per solisti, coro, organo e orchestra. Nello stesso anno, Marie-Madeleine Chevalier divenne sua assistente a St-Etienne-du-Mont. I due si unirono in matrimonio nel 1953. Duruflé cessò ogni attività musicale, sia compositiva sia esecutiva, nel 1975 in seguito alle gravi ferite riportate in un incidente automobilistico, le cui conseguenze lo costrinsero ad una lunga degenza ospedaliera con conseguente convalescenza, essenzialmente nella sua residenza e domicilio. La sua ultima opera, pubblicata nel 1977, Padre nostro a 4 voci, è dedicato proprio “à Marie-Madeleine Duruflé”. Maurice Duruflé si spense a Louveciennes nel 1986. Il compositore francese è etichettato tra i “virtuosi” dell’organo e della musica vocale di grande qualità e di scrittura raffinata. Vincent Rone, 2018: Vatican II, Maurice Duruflé, and the Harmony of Resignation in Notre père - Part Two, Journal of Musicological Research, 37:2), ha osservato come Duruflé, come altri compositori della sua epoca, abbia sofferto l’allontanamento della Chiesa cattolica dal suo repertorio d’elezione, il canto gregoriano. In Duruflé l’enunciato precedente risulta macroscopico, visto che il canto gregoriano permea interamente le note, come materiale melodico e ritmico che egli inserisce nella composizione facendolo divenire l’anima della stessa, la fonte da cui l’armonia e il contrappunto prendono poi il via. Infatti nel Requiem, una composizione fondata sulle melodie gregoriane della Messa di riferimento, melodie che donano una profonda e solenne, mai scontata o sterile, serenità a questa composizione. La serenità cristiana non è una realtà esistenziale dove il dolore non esiste. Il Requiem è influenzato dalla speranza di vita eterna annunciata nel cristianesimo, e dalla morte, che rappresenta un momento di passaggio necessario in modo ontologico, che non elimina la vulnerabilità in seno alla vita: le assenze, i rimpianti, i suoi timori, nell’animo degli uomini e delle donne. La funzione del canto gregoriano, non ci stancheremo mai di sottolinearlo, è “fondamentale” nelle composizioni del compositore normanno. La tradizione armonizza, nobilita e, in questo caso, innalza spiritualmente, arricchendola, la contemporaneità. Armonia e contrappunto sono debitori della scuola francese di inizio Novecento: Claude Debussy e Maurice Ravel soprattutto. Il Requiem di Duruflé è dunque indivisibile dalla forza spirituale di resurrezione del canto gregoriano, ovvero il trionfo della vita eterna sulla morte.
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