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Il Corriere della Sera inaugura il Publiredazionale 2.0: l’autopromozione degli "amici scrittori" spacciata per recensione letteraria.

IL CAFFÈ SCORRETTO di Montel

21 Novembre 2022

Il Corriere della Sera inaugura il Publiredazionale 2.0: l’autopromozione degli "amici scrittori" spacciata per recensione letteraria.

la facciata del Corsera in Via Solferino

Sabato mattina, spulciando gli inserti glam dei maggiori quotidiani, sono inciampato in un articolo di IoDonna che offriva ai lettori la recensione di un romanzo edito da Solferino (che volutamente non cito: ha già avuto il clamore che gli spettava “per contratto”).

La recensione, definiamola tale per il momento, era spalmata su 3 pagine e dotata di ogni crisma giornalistico: le fotografie accattivanti, dotate di didascalie, i diversi temi trattati in distinti paragrafi, con tanto di titoli in grassetto e, a conclusione del pezzo, pure un box per scaricare in anteprima alcuni estratti del libro stesso mediante il solito QRcode.

Fin qui nulla di strano, penserete voi. Se non fosse che io, effettivamente interessato al contenuto del libro e già pronto a comprarlo, mi premuro di leggere il nome del giornalista che si è preso la briga di leggerlo per noi, in anteprima, scrivendo poi queste pagine e “garantendo”, a quanti lo stimino al punto da seguire i suoi consigli, che i 19,50 Euro del prezzo di copertina sono un rischio se non proprio calcolato almeno garantito dalla sua competenza di smaliziato lettore e ops!, salta fuori che a scrivere di quest’uscita editoriale è stato proprio l’autore stesso del libro.

 

Da GIORNALISMO a PUBLIREDAZIONALE in un balzo: come se Armani, dopo la sua sfilata, scrivesse della sua ultima collezione per il Corriere, o Cracco si conferisse da sé le Stelle Michelin, o il Presidente del Consiglio emanasse delle circolari camuffate da pezzi di critica politica-economica per sostenere e avvalorare le sue stesse disposizioni politiche e i maggiori quotidiani le pubblicassero (questo è successo molte volte, okkkeeei, ma facciamo finta di non saperlo).

Personalmente, avendo cominciato a scrivere proprio di libri, 29 anni fa, ho un’opinione precisa sulla ragione d’essere delle recensioni ma non sono per nulla contrario alla mera pubblicità, purché sia esplicita dal primo istante. Nel dettaglio, seppure il mio Direttore d’allora mi consigliasse di scrivere due pezzi a numero, uno favorevole e una stroncatura, io decisi subito che non avrei mai stroncato alcunché, fedele al principio che non stia a me dare patenti di degnità ma che piuttosto il mio compito fosse consigliare una lettura che mi aveva davvero sedotto. Volevo portare i lettori in libreria, io, mica tenerli lontani da essa.

Eppoi è notorio: i libri mal scritti non li compra nessuno, senza bisogno che qualcuno li stronchi, a meno che non siano promossi e osannati dal mainstream in virtù dell’Autore ma questo, si sa, avviene solo quando egli sia uno di quei Baroni della scrittura per i quali le case editrici spendono molto denaro in pubblicità.

Scrivo questo per chiarire che non valuto la qualità di un critico letterario da quanto sia capace di spietatezza nei riguardi degli scritti che non apprezza. Anzi, è proprio l’opposto, perché se uno scrittore arriva a pubblicare con una Casa Editrice che non gli chiede denaro per farlo ha ogni diritto di credere che il suo lavoro abbia un valore, seppure non universale, e dunque si sottopone al giudizio più spietato di tutti che non è quello della Critica Istituzionale ma quello del mercato, del tam-tam, del tempo. Essere ignorati dalla Stampa è una condanna all’oblio sufficiente, per chiunque desideri vendere la sua produzione intellettuale.

Quindi ben venga, dal mio punto di vista, che i giornali si impegnino a promuovere i libri che amano. Anzi, secondo me le recensioni di libri dovrebbero essere proprio un premio per quanti abbiano scritto qualcosa di davvero pregevole per una di quelle Case Editrici che non possono permettersi di pianificare campagne pubblicitarie sui grandi gruppi.

Le recensioni, a mio avviso, dovrebbero essere un premio per dare spazio a chi merita in un mondo che vende spazio solo a chi paga.

In tutto questo, come si pone un articolo di tre facciate che induce il lettore a credere che il libro in esso promosso sia stato oggetto di valutazione da parte di un attento esegeta mentre, diciamolo, si tratta solo dell’auto-endorsement dell’autore del testo in questione che, guarda caso, ha pubblicato proprio con l’Editore del quotidiano che ospita la finta recensione?

Che questione di lana caprina, me ne rendo conto io stesso. Eppure solleva un legittimo dubbio: quant’è lecito fidarsi di un quotidiano che è abituato a spacciare delle reclame per informazione critica? Insomma, è sempre la solita storia: il Conflitto d’Interesse, se non può essere superato, andrebbe almeno dichiarato platealmente, a priori.

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