29 Ottobre 2022
fonte: pixabay
Alcuni dicono che negli attimi che precedono la morte,
tutti i giorni della nostra vita ci scorrono davanti agli occhi
della memoria, come in un film proiettato a velocità accelerata. altri, invece, affermano di essersi trovati immersi in
una sovrannaturale e abbacinante luce bianca, attratti verso
di essa da una forza sconosciuta; una luce capace d’infondere un immenso senso di pace e speranza. a Giulio, invece, non era accaduto nulla di tutto questo; nessun film
sulla sua vita, nemmeno un fotogramma sfuocato, nessuna
abbagliante e magnetica luce; al loro posto, invece, il totale
e silenzioso nero buio del nulla. Era deluso e anche un po’
incazzato con se stesso.
Giulio aveva esorcizzato la naturale paura della morte
già tanti anni prima, pertanto quel futuro e supremo momento non gli aveva mai procurato nessun timore, nessuna
angoscia, ma, a volte, solo una strana curiosità. il suo convinto ateismo lo aveva sempre portato a considerare le teorie religiose sull’esistenza di un’altra vita dopo la morte,
soltanto dei palliativi, degli espedienti, solo subdoli metodi
per instillare quei sensi di colpa necessari per controllare e
manipolare chi ci credeva, accendendo in loro la speranza
che le sofferenze terrene sarebbero state premiate con sublimi paradisi di pace e godimento eterno, con o senza
stuoli di vergini, minacciando, come contrappasso per chi
trasgrediva, un’eternità d’indicibili sofferenze, passata in
terribili e fiammeggianti inferni. il terrore per la morte,
quest’angoscia che attanaglia l’animo della maggioranza
delle persone, nasce probabilmente da quella minaccia di
dannazione eterna (chi non ha un peccatuccio segreto?) e
dalla convinzione di mantenere la consapevolezza di se
stessi e del proprio stato, anche dopo che ogni scintilla di
vita li ha lasciati. Ci s’immagina impotenti spettatori della
vita degli altri, addolorandosi per chi ci ha amato, per chi
abbiamo lasciato, con il rimpianto per le cose non fatte o
non dette, per quella carezza che non abbiamo dato, per
quella lacrima che non abbiamo versato.
Contrariamente alla sua teoria di quel niente assoluto
dopo la morte, che lo aveva accompagnato per la maggior
parte della sua vita, adesso Giulio si ritrovava a essere consapevole del suo stato! aveva sempre immaginato la morte
solo come un nulla senza coscienza, lo stesso che precede
la nascita. “Giulio sei morto!” si ripeteva, quasi dovesse
convincersi che non era stato solo un brutto sogno quando
quel boccone si era inopportunamente posteggiato nel suo
esofago, impedendogli di respirare e rivelandosi fatale.
Una morte stupida e banale, senza gloria, senza nessuno
vicino cui affidare un messaggio, cui sussurrare quell’ultima definitiva parola. aveva lottato strenuamente in cerca
di aria, senza lasciarsi aggredire dal panico, in cerca di una
sola piccola boccata che gli ridesse un attimo di lucidità,
un momento in più di vita. tutto era stato inutile; le forze
e la coscienza lo avevano abbandonato sul pianerottolo di
casa, dove era crollato in cerca di un possibile aiuto. Chi
vive da solo muore da solo, e questo era ciò che stava accadendo a Giulio, che da anni, dopo la diaspora di parenti
e amici, viveva in totale e voluta solitudine, chiuso nel suo
mondo indipendente, libero da ogni vincolo con il resto
dell’umanità. E adesso era da solo ad affrontare il momento
supremo, quell’attimo nel quale la coscienza svanisce per
sempre e, per farsi coraggio si ripeteva, “Finirà, tra un attimo finirà tutto, questa sofferenza sparirà e poi il nulla infinito e quella pace, da sempre cercata, che niente e nessuno
potrà intaccare o sovvertire”. adesso, invece, questo stato
di non tempo e di non luogo, ma di consapevolezza, sconcertava Giulio. “Com’era possibile? Dove si trovava, per
quanto tempo sarebbe durato quell’oscuro niente dov’era
immerso? Che cosa doveva aspettarsi, cosa poteva accadere ancora?”. Si chiedeva, rendendosi conto che di lui era
rimasto solo il puro pensiero, la sublimazione della sua coscienza. Forse si sarebbe improvvisamente accesa quella
abbagliante e ammaliante luce, attraendolo inesorabilmente a sé, inghiottendolo, per trasportarlo verso una dimensione nuova e inimmaginabile? oppure, pensava,
quello era un non-luogo e un non-tempo, dove inferno e
paradiso si fondevano e convivevano alternandosi, l’uno
con i suoi incandescenti moniti, l’altro con luminosi momenti di gioia e serenità; diventava inferno quando il rimorso per le sue colpe esplodeva nei suoi ricordi, quando
alla coscienza gli apparivano i volti di chi aveva odiato, tradito, offeso. E lo struggimento doloroso per chi aveva
amato e perso. Si trasformava in paradiso quando riviveva
quei brevi attimi che dura la felicità: un raro abbraccio di
suo padre, la devozione della madre, una carezza della piccola mano di adele.
Senza fiamme né demoni, senza luce né Dio, era la condanna al buio assoluto, alla solitudine infinita, all’eternità.
Un tempo interminabile da passare con la sola compagnia
dei ricordi, per rivivere all’infinito tutto il tempo della sua
vita, giorno dopo giorno, momento per momento, per poi
partire nuovamente in un loop infinito, ricordando ogni
parola pronunciata e udita, ricordando, una per una, le
facce delle persone che aveva incontrato e conosciuto, che
avevano fatto parte della sua vita, arricchendola o svilendola. Volti amati, odiati, desiderati, dimenticati. anonimi.
E luoghi e cose, profumi e musiche che accompagnavano
lo scorrere dei ricordi, tuttavia ancora capaci di suscitare
lampi di emozioni antiche e contrastanti.
alla sua mente riemergevano i ricordi più lontani e profondi, rivivendoli come se una macchina del tempo lo
avesse portato indietro in quel preciso momento. Rivisse il
trauma della nascita, quel senso di angoscioso smarrimento, il suo pianto disperato, il freddo. E poi il calore del
petto odoroso della madre, il sapore caldo e dolciastro del
suo latte, l’emozione la prima volta che aveva visto il suo
viso.
Giulio riviveva attimo per attimo la sua vita, riesumando ogni particolare, ogni suono, rumore, parola e
odore che indelebilmente erano fissati nella sua memoria.
E le emozioni, le gioie e i dispiaceri che si alternavano in
un’infinita lotta generando sentimenti contrastanti: impennate di felicità seguite da precipitose cadute in abissali angosce, la noia dei momenti vuoti e inutili della sua vita, i
giorni tragici e dolorosi dei lutti, le attese deluse, le ingiuste
umiliazioni subite, le occasioni perse e quelle mai sfruttate.
E il viso di adele, il suo profumo da bambina.
Lo avrebbe pianto? si chiedeva. Come aveva reagito alla
notizia? Era rimasta indifferente, provando solo quel senso
di umana pietà per chiunque lasci questa terra, oppure,
ricordando qualche felice e lontano attimo della fanciullezza, l’avrebbe assalita un’improvvisa emozione, subito
repressa. o, di colpo, si sarebbe resa conto che era ormai
troppo tardi? Che non c’era più tempo per dire e capire,
per sapere. Com’era accaduto a Giulio, muto per sempre
davanti al corpo ormai freddo del padre, con in gola, incollate, mille domande che non avrebbe mai più potuto
porgli, con quel “ti voglio bene” mai pronunciato, soffocato
da una cultura mascolina, poco propensa a esternare i sentimenti tra uomini. E con quella fredda e unica lacrima che,
con fatica, era apparsa in un angolo del suo occhio.
Quando, invece, ne avrebbe voluto piangere mille, centomila, abbandonandosi in un pianto accorato e liberatorio.
attraverso quel non tempo viaggiava in tutto il suo vissuto, ricominciando ogni volta dalla nascita per poi finire
il suo viaggio su quel pianerottolo per poi ripartire nuovamente per quello stesso percorso, attraverso tutti i giorni e
le ore della sua vita. Una ruota inarrestabile che girava all’
infinito, dove tutta la sua vita, attimo per attimo, gli scorreva davanti, perdendo il conto di quante volte aveva girato facendogli rivivere quei giorni; il tempo non esisteva
più. Poi, quel viaggio tra i giorni del suo passato, iniziò a
mostrare qualche stranezza; Giulio notò che alcuni periodi
della sua esistenza, il più delle volte momenti insignificanti
e vuoti, erano stati cancellati e non li aveva più rivissuti,
come tanti altri che magari gli procuravano sofferenza o
gioie. Era come se, poco per volta, la sua coscienza stesse
estraendo il succo concentrato ed essenziale della sua esistenza, un distillato dei momenti più importanti e di quelli
che avevano contribuito a formare il suo carattere, eliminando il superfluo. Sembrava che tutto stesse accelerando,
in una giostra vorticosa che tornava sempre al punto di
partenza, sempre più concentrata, sempre più essenziale.
Fino a fermarsi di colpo. nuovamente il buio assoluto,
l’immobilità dell’infinito.
Poi, in lontananza, ovattate e incomprensibili, strane
voci iniziarono a emergere dal nulla, sconosciute, mai udite
prima, che riecheggiavano nelle tenebre come un coro fatto
di mille parole sussurrate; confusi gli arrivavano gli echi
di risa, di pianti, di urla. Gli apparvero visi sconosciuti, luoghi mai visti prima e altri familiari e noti che evocavano in
lui ricordi e nostalgie, luoghi impregnati dell’aroma di profumi portatori di confuse reminiscenze, o da estranee fragranze sconosciute. Ed emozioni non sue che, tuttavia, lo
coinvolgevano fortemente, mentre gli echi di turbamenti
che non gli appartenevano lo assalivano a volte in modo
struggente e amaro.
Era disorientato da questo nuovo e inspiegabile percorso attraverso la morte, le sue convinzioni adesso venivano, una a una, demolite, sovvertite: la sua coscienza, in
contrasto alla convinzione che si era portato appresso per
tutta la vita, era ancora viva e non annullata dalle tenebre
della morte; non avrebbe più rivissuto tutta la sua esistenza, la giostra, che tornava sempre al punto di partenza,
adesso si era fermata; era come se stesse vivendo la vita di
qualcun altro, ospite nascosto in un’anima viva, per spiarla,
per appropriarsi di ogni sua emozione quasi fosse un suo
diritto, come se quell’anima gli appartenesse, come fosse
la sua stessa anima. Viveva il mondo reale con gli occhi e
le emozioni di altri, attraverso i sensi di qualcuno che lo
aveva portato sempre dentro di se, come parte imprescindibile del proprio essere, in ogni cellula del suo corpo, in
ogni goccia del suo sangue, fin dal primo momento di vita.
alla fine capì! e la rivelazione fu sconcertante perché andava oltre ogni sua ipotesi e immaginazione: Giulio, infatti,
riviveva dentro adele, come fosse una parte stessa di lei,
in una unione che sarebbe durata in eterno. Stava vivendo
la vita di sua figlia, in ogni suo attimo, in ogni sua emozione; riusciva a leggere nel suo animo anche i pensieri più
reconditi, i rimpianti, le speranze, l’odio e l’amore; scoprì
il luogo recondito della mente e del cuore dove era celato
il ricordo tormentato che lei aveva del padre, come a volerlo nascondere a se stessa, forse per il timore che l’antico
amore risorgesse, prepotente come lo era stato una volta, a
portare scompiglio nella sua vita. Più Giulio si addentrava
nell’animo della figlia, più ne diventava una parte, fondendosi in essa in un abbraccio ancestrale volto verso un futuro che avrebbero vissuto insieme, in una osmosi che
avrebbe riversato in lei le essenze caratteriali del padre, i
suoi principi, la sua morale. La morte era stata sconfitta e
la vita di Giulio si stava rigenerando in una dimensione
immateriale che la corporeità di adele trasportava con se,
indivisibilmente, nello spazio e nel tempo.
Era questo il paradiso? Si domandava Giulio, un paradiso senza angeli e cherubini, senza santi né dei, senza abbaglianti e misteriose luminescenze? Era questo il premio
per le sofferenze vissute? per quel vuoto che aveva oscurato il suo spirito, alimentando quei sensi di colpa che avevano lacerato il suo animo per anni e anni, facendogli
vivere una vita mutilata di una parte essenziale di se
stesso? Era davvero giunto il momento che aveva sempre
sognato e immaginato, inseguito e sempre ostacolato dal
cinismo insensibile di chi, invece, avrebbe potuto dargli
una speranza, un conforto?
allora, pensava Giulio, anche lui doveva esserti portato
dentro per anni e anni dopo la morte dei suoi genitori, la
loro celata presenza, a vigilare e condividere ogni suo momento di vita, forse ad aiutarlo nei momenti difficili, come
amorevoli angeli custodi. avevano concluso il loro compito
con la sua morte? oppure...
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