23 Luglio 2022
fonte: pixabay
La loro breve storia era già arrivata all’epilogo. Giulio
aveva liberi solo quel paio di giorni all’inizio di novembre;
doveva prendere un aereo che, dalla Sicilia, avrebbe volato
per oltre mille chilometri per raggiungere la grande città
del nord dove, da qualche mese, viveva Vittoria. Sapeva
che quella sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero incontrati, l’ultima volta che avrebbe stretto il suo corpo minuto e profumato tra le sue braccia. troppe le
complicazioni e gli ostacoli posti dalla famiglia, ormai divenuti insuperabili, ma anche tanta immatura impulsività.
La grande illusione era crollata, svanita, come i sogni al risveglio del mattino e adesso Giulio si trovava a dover affrontare quest’ultimo doloroso appuntamento, non senza
la Speranza che quell’incontro potesse trasformarsi in un
nuovo inizio.
il volo che aveva prenotato per raggiungere la città in
cui viveva Vittoria, prevedeva uno scalo a Roma, e lì
avrebbe dovuto attendere la coincidenza per la destinazione definitiva. Le ruote del DC-9 toccarono la pista dell’aeroporto di Fiumicino alle 16,30, in perfetto orario.
Giulio aveva circa un’ora e mezza di tempo prima di imbarcarsi nel volo successivo, tempo che pensava di utilizzare per un giro al free-shop in cerca di un piccolo regalo
per la ragazza e di una stecca di sigarette tax free per sé.
Giulio si ritrovò invece in un aeroporto in pieno caos, un
vero girone infernale; una folla disordinata e vociante di
passeggeri con le loro valigie che si mescolava senza una
meta apparente; le facce smarrite, tese, rabbiose; capannelli di gente dai quali si levavano grida di protesta, forze dell’ordine mescolate alla gente, i banchi del chek-in presi
d’assalto; a provocare tutto era stata una scritta apparsa
qualche ora prima sul tabellone delle partenze, e ripetuta
per tutti i voli: CanCELLED!
il solito improvviso sciopero a singhiozzo degli anni settanta; una nazione bloccata, tagliata in due dalla volontà
di pochi per il disagio di tantissimi, e Giulio vi si trovava
in mezzo, coinvolto suo malgrado, con l’ansia di non potere raggiungere Vittoria, e rabbioso quasi fosse il destinatario di un’ostile volontà superiore che aveva deciso di
impedire quell’incontro penoso tra i due ragazzi.
Giulio non stava nella pelle…si spostava da un punto
all’altro dell’aeroporto urtando la folla, scansando i focolai
di piccole risse subito domate, in cerca di un’informazione,
di una notizia che potesse riaccendergli la speranza di partire, o di un’idea che potesse tirarlo fuori da quel caos. Le
ferrovie erano solidariamente in sciopero e così anche l’ipotesi di prendere un treno per raggiungere il nord, crollò miseramente. nei suoi peregrinaggi non perdeva mai di vista
il tabellone delle partenze, infatti, circolavano voci che ventilavano l’ipotesi della partenza di un volo per la città di
Vittoria, per le ventitré circa; si sarebbe aperta una lista
d’attesa, ovviamente affollatissima e solo pochi fortunati
sarebbero riusciti a partire. Quando sul tabellone apparve
l’avviso della lista d’attesa per il suo volo, dribblando con
eleganza e velocità le persone come fossero birilli inanimati, Giulio si precipitò al bancone del check-in, per ritrovarsi, ultimo in una coda lunghissima. Quando arrivò il
suo turno per consegnare il biglietto, il suo proverbiale scetticismo, fu rafforzato dalle parole dell’hostess che rispose alla domanda di Giulio, circa le reali possibilità di
potersi imbarcare, con un eloquente cenno di diniego con
la testa. Giulio aveva ancora delle risorse: la sua fantasia e
l’innato spirito d’iniziativa! avrebbe trovato una soluzione,
un’idea che lo avrebbe tirato fuori da quella bolgia impazzita per consentirgli di raggiungere, in qualsiasi modo e
con qualsiasi mezzo, la sua destinazione. Fu l’insegna
gialla di un’agenzia di noleggio auto a fargli venire in
mente la soluzione al problema. Pensò di noleggiarne una,
se ne fosse rimasta ancora qualcuna disponibile, e viaggiare tutta la notte fino alla sua meta. Entrò timidamente
nel piccolo ufficio stranamente deserto, un’impiegata simpatica e molto comunicativa gli fornì tutte le informazioni
necessarie circa i prezzi e le modalità di riconsegna, proponendogli, con rammarico, una Simca 1000, ultima auto
disponibile, un vero residuato che avrebbe dovuto macinare centinaia di chilometri nella notte. Pazienza, si disse
Giulio, è già un bel risultato averne trovata una e poter arrivare, in qualche modo, a destinazione. Chiese alla ragazza se poteva bloccare la proposta per una mezz’ora,
giusto il tempo di ritirare il biglietto dalla lista d’attesa. La
disponibilità dell’impiegata si riconfermò concedendogli il
tempo necessario, le lanciò un bacio con le dita e Giulio si
rituffò nella calca con un nuovo spirito e con un nuovo
obiettivo: adesso doveva trovare altre tre persone con la
stessa destinazione e convincerli a viaggiare con lui in auto
dividendo la spesa. Così, con pazienza e metodo, iniziò a
chiedere a ogni persona che incrociava la loro destinazione,
fin quando un ragazzo, poco più anziano di lui, gli rispose confermandogli la stessa meta; Giulio, gli espose la prospettiva del noleggio dell’auto, gli chiese se voleva fare
parte dell’equipaggio, dividendone la spesa. altra risposta
positiva; metà dell’equipaggio era composta, mancavano
altre due persone che Giulio avrebbe dovuto trovare. Stabilì con il suo nuovo compagno di viaggio di ritrovarsi in
quel punto preciso dell’aeroporto, invitandolo a fare la sua
parte nella ricerca di nuovi compagni. L’unico volo per la
sua destinazione sarebbe partito tra meno di un’ora, Giulio
ritirò il suo biglietto dalla lista d’attesa e, con esso, la conferma che non sarebbe salito su quel volo; riprese la sua ricerca. Questa volta, però, quel destino avverso che lo aveva
precipitato in quel caos, sembrò voler rimediare a tutto il
disagio e l’ansia che gli aveva procurato. il distinto signore
sulla cinquantina cui propose la soluzione del viaggio in
auto, oltre ad accogliere con entusiasmo la proposta, lo informò che non era da solo, ma che viaggiava in compagnia
di un amico che al momento era in attesa di ritirare il suo
biglietto al bancone della lista d’attesa. Un colpo di fortuna
che faceva guadagnare tempo a Giulio e che lo liberava da
una grandissima inquietudine. insieme al maturo signore,
si avviò allo sportello dell’auto noleggio per il disbrigo di
tutte le pratiche necessarie alla consegna della famosa
Simca 1000. Giulio fece in modo di intestare il noleggio al
suo nuovo compagno di viaggio, al quale furono consegnate le chiavi e i documenti, quindi si rituffarono nuovamente nella folla per raggiungere il luogo stabilito per
l’incontro, dove già li attendeva il ragazzo che avrebbe
viaggiato con loro. Mancava solo l’amico del signore.
Emerse dalla folla qualche minuto dopo, con una strana espressione in volto, una sorta di sorriso dubbioso con una
leggera vena d’imbarazzo. “Mi hanno assegnato un posto
sull’aereo che sta per partire”, disse, rivolgendosi all’amico,
stringendo in mano la carta d’imbarco; “… e adesso? Che
si fa? Dovremmo dividerci, viaggiare separati, un vero problema!”, rispose l’amico. Giulio non sapeva che tipo di rapporto legasse i due maturi signori, ma capì che per loro era
importante proseguire il viaggio insieme così, quell’attimo
d’indecisione, quel problema improvvisamente sorto tra i
due, scatenò in Giulio la sua capacità di cogliere l’attimo,
di afferrare al volo ogni occasione, anche con cinico opportunismo, pur di raggiungere il suo scopo. “Bene”, esordì
Giulio inserendosi nel discorso, “credo di avere la soluzione al vostro problema…” e mentre pronunciava queste
parole attirando l’attenzione dei due, con gesto delicato ma
fermo, sfilò dalla mano dell’uomo la carta d’imbarco, sostituendola con il suo biglietto. “Ecco il mio biglietto” disse
Giulio all’uomo “potrà farselo rimborsare recuperando il
costo e così potrà viaggiare insieme al suo amico fino a destinazione. Problema risolto!” i due erano attoniti, incapaci
di ogni reazione, apatici e frastornati. Giulio approfittò di
quel momento di sbandamento, li salutò velocemente augurando loro un buon viaggio in auto e si dileguò mimetizzandosi tra la folla. Con la carta d’imbarco in mano
raggiunse velocemente il gate, dove già era iniziato l’imbarco dei passeggeri, per ritrovarsi, ultimo della fila, proprio alle spalle di una ragazza. Quando lo steward
preposto al ritiro delle carte se la trovò davanti, bloccò la
fila e chiamò un collega. Giulio ascoltò la loro breve conversazione che non prometteva nulla di buono “mi sa che con i posti siamo al completo” disse il primo. “Rifacciamo
il conteggio” rispose l’altro, e mentre, una per volta, le carte
d’imbarco passavano da una mano all’altra, l’ansia di Giulio cresceva impetuosa facendogli pensare che sarebbe stata
proprio una beffa atroce essere ad un passo dall’obiettivo
e vedersi svanire quella possibilità. “Settantasette, settantotto…ce ne stanno ancora due”, sentenziò lo steward. La
ragazza passò il controllo, Giulio fu l’ultimo passeggero a
essere ammesso a bordo. Gliel’aveva fatta! Sarebbe partito!
Già s’immaginava alla guida della vecchia Simca, in
compagnia di tre sconosciuti, a divorare chilometri nella
notte e invece, adesso, si ritrovava comodamente seduto
sulla poltroncina di un aereo che stava per decollare! alla
soddisfazione per il problema risolto, si mescolava, però,
anche un po’ di rimorso per la sua azione così sfrontata.
Chissà, si chiedeva, se gli altri erano già partiti, se erano in
viaggio. Pensiero subito accantonato, sostituito dal nuovo
problema che adesso era rappresentato dall’orario di arrivo
a destinazione, nel pieno di una notte gelida e senza la possibilità di avvisare Vittoria. Conosceva, infatti, soltanto l’indirizzo del popoloso residence, dove la ragazza occupava
un piccolo e temporaneo appartamento, ma nessun’altra
informazione. alle due e trenta del mattino pagò il tassista
che lo aveva portato dall’aeroporto fino al residence, ritrovandosi nel gelo di una notte nebbiosa e nel buio di una
strada solitaria, davanti a una grande cancellata chiusa, il
locale della portineria deserto, una parete ricoperta da
un’interminabile elenco di campanelli senza nessuna indicazione, se non dei numeri. La strada poco illuminata non
offriva alcun riparo, nessun conforto, nemmeno la luce lontana di un bar, un’insegna che trasmettesse un segno di
vita. Solo nella notte Giulio, il cervello in pieno regime, cercava una soluzione al nuovo problema. Un lungo recinto
circondava tutto il complesso, isolandolo dalla strada; non
era molto alto e Giulio era agile ed elastico; scavalcarlo, nonostante il cappotto e il bagaglio, non sarebbe stato un problema per lui, doveva solo trovare un punto più accessibile,
meno impervio e più discreto. Fu facile saltare dall’altra
parte, in due mosse si ritrovò all’interno del residence, in
un grande spiazzo sul quale si affacciavano decine di portoni tutti uguali. Giulio non aveva nessun indizio che gli
potesse permettere di individuare quello dove c’era l’appartamento che ospitava Vittoria; ma era deciso e determinato a trovarla, anche a costo di suonare tutti i
campanelli…
affrontò il primo portone sulla sua sinistra; stranamente
era aperto, come lo erano tutti gli altri; Giulio non sapeva
nemmeno cosa cercare, o cosa potesse rappresentare un indizio, una traccia della presenza di Vittoria in uno qualsiasi
di quel centinaio di appartamenti che affollavano il residence… entrò nel portone di una costruzione a tre piani,
simile a tutte le altre; accese la luce illuminando l’androne,
osservò attentamente le cassette della posta in cerca di una
traccia, poi schiacciò il pulsante dell’ascensore; sarebbe salito fino all’ultimo piano per poi, scendendo per le scale,
studiare le porte di ognuno dei due appartamenti che si
aprivano su ogni pianerottolo; questa sarebbe stata la sua
strategia. Dicono che il numero tre sia il numero della perfezione, della creatività, della forza; un benevolo segno del
fato. E così, ad avallare queste simbologie, alle tre del mattino, al terzo piano del terzo portone che stava esplorando,
Giulio trovò un segnale di vita: una lama di luce, sottilissima, filtrava da sotto una delle due porte, questo attirò
istantaneamente la sua attenzione, innescandogli una
repentina tachicardia; notò anche che alla maniglia era appeso un piccolo sacchetto di carta che afferrò immediatamente. Era vuoto, ma riconobbe facilmente gli strani
caratteri delle scritte stampate, erano in greco, un segnale
chiarissimo di Vittoria; infatti, proprio su un’isola greca
avevano trascorso le loro ultime vacanze insieme. Era un
messaggio chiaro e inequivocabile e Giulio si convinse di
averla trovata, che la sua tenace ricerca, con tutte le traversie del viaggio, lo stress e a volte il panico, alla fine lo avevano premiato. L’ultimo dubbio svanì di colpo quando al
suo naso arrivò una tenue, lontana e familiare fragranza di
Chanel, il riconoscibile profumo di Vittoria. incollò l’orecchio sul legno freddo della porta, in ascolto di un rumore,
del segno della presenza di qualcuno; le note confuse di
una musica lontana, oltrepassarono, vibrando, lo spessore
della porta. Giulio, il fiato sospeso, prese coraggio e le sue
nocche colpirono, per due leggere e timide volte, il legno.
La musica cessò di colpo immergendo nel silenzio più assoluto la scena, poi sentì il sussurro di una voce che dall’altro lato, chiedeva: “Chi è?”. “Vittoria? Sono io, Giulio...”.
La porta si spalancò di colpo; non si dissero nulla, nemmeno un saluto, in silenzio si tuffarono l’uno nelle braccia
dell’altra, con foga disperata, amara e triste.
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