25 Giugno 2022
Fonte: wikimedia commons
SCRITTI PANDEMICI
True colors
Cyndi Lauper ha festeggiato a Capri, il 22 giugno scorso, il suo sessantanovesimo compleanno, insieme al marito, l’attore David Thornton. La notizia è apparsa sui principali quotidiani, a conferma che ormai i loro lettori sono persone anziane. Chi tra i giovani ricorda Cyndi Lauper? Dato che anch’io (proprio oggi) sono entrato nei sessanta, ho usato True Colors come colonna sonora del mio Dove fuggire, in uscita il mese prossimo per Zerounoundici. Strana coincidenza, dunque, che una cantante che fu famosa (passato remoto d’obbligo) negli anni Ottanta faccia notizia quarant’anni più tardi. Quando uscì True colors, nel 1986, ero in Canada a preparare la mia ammissione all’Università dell’Alberta. A Toronto, studiavo per il TOEFFL. 610, ammissione, vendita dei pochi arredi presi per il mio appartamento in affitto (Isabella Street, Yonge and Bloor), svendita della Cadillac Seden de Ville a un immigrato di Hong Kong, partenza per Edmonton.
Ero un giovane laureato italiano fortunatissimo: la Lira aveva ancora un potere d’acquisto che mi consentiva qualche lusso, Toronto era una città allegra, in pieno cambiamento, l’Università era piena di studenti provenienti da tutto il mondo.
Ma sarebbe miopia considerare la mia felicità una condizione puramente individuale: come molti altri giovani della mia generazione, ero certo di avere davanti a me “magnifiche sorti e progressive” e, in effetti, per un po’ è stato davvero così.
A Edmonton mi sono trovato subito bene. Ho imparato a fare quello che mai prima di allora mi era passato per la testa di fare: studiare. Sono sempre stato un pessimo studente, un ribelle che detestava la scuola e qualsiasi forma di autorità. “Du jour où il sut lire il fut Poète, et dès lors il appartint à la race toujours maudite…” (Alfred de Vigny, Stello). Leggevo senza sosta i miei autori preferiti (su tutti, Giuseppe Berto), scrivevo poesie (vergognandomene al punto di intitolarne una Odio i poeti, razza dannata di esteti e di gettarle via). Soprattutto mi piacevano le ragazze, di età compresa entro uno spettro sufficientemente ampio da costituire un buon bacino di utenza. Insomma, la precoce scoperta del sesso aveva condizionato tutta la mia carriera scolastica già al liceo e all’Università Statale non mi ero appassionato alle lezioni sovraffollate. Ma all’Università dell’Alberta, studiando Diritto Internazionale, imparai a discutere dei diritti dei Palestinesi, della tutela delle minoranze, dell’imperialismo, scontrandomi frontalmente con la mia professoressa fino al punto di farla piangere e, tra i singhiozzi, accusarmi: “You are a hot blooded Italian!”.
Incredibile ma vero, gli altri graduate students erano quasi tutti dalla mia parte. Io e Kiran Gurung diventammo inseparabili. Nepalese, diventò professore di diritto internazionale alla Tribhuvan University di Kathmandu, Ambasciatore a Mosca e Segretario del Senato nepalese. Il suo “You have guts, Alfredo” è rimasto il più bel complimento della mia vita. Me lo sussurrò dopo una mia lite con un rappresentante del Governo canadese, una lite assurda sfociata per una sua affermazione razzista contro gli Italiani: “Not always the best immigrants”.
“I can say that, not you sir!”.
Cosa resta oggi di quegli anni, a parte la nostalgia della nostra giovinezza? Per chi sia ancora lucido, obbiettivo, il rimpianto per le occasioni sprecate. E non parlo di quelle individuali, di quelle in fondo, chissenefrega (non c’è cosa che mi attragga quanto la sconfitta, ammiro tutti coloro che hanno sprecato il loro talento e se ne fregano), ma di quelle collettive. L’Italia degli anni Ottanta era quella degli stilisti famosi, del glamour, dei milanesi all’estero in giro per il mondo. Ne ho incontrati ovunque, sono stato anch’io un grande viaggiatore fino a quando ho potuto permettermelo. L’Italia quinta potenza economica, l’Italia il cui Premier Bettino Craxi teneva testa agli Americani, l’Italia della messa della domenica, dei dolci comprati in pasticceria per il pranzo dai nonni, l’Italia della musica che invadeva il mondo, persino l’Unione Sovietica.
Ora restano le macerie. E soltanto i cretini, gli invidiosi, possono sostenere – sbagliando – che la colpa è nostra, che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Siamo stati fatti a pezzi dalla Germania, che ci temeva come concorrenti della propria industria. Siamo stati fatti fuori da politici completamente idioti, europeisti a tutti i costi. Mai un sussulto di dignità, mai una reazione ai diktat che ci condannavano al ruolo di Paese di camerieri e suonatori di mandolino.
Romano Prodi andrà all’inferno e incontrerà molti altri Italiani famosi, a partire da Carlo Azeglio Ciampi.
Sarebbe il momento di guardare al nostro passato e scuoterci di dosso la convinzione che nulla può cambiare. Anche se fosse vero, c’è modo e modo di affondare e noi lo stiamo facendo senza una dignità nazionale.
Sarebbe bello quanto un sogno se qualche centinaio di migliaia di hot blooded Italians andasse in piazza a gridare che ne abbiamo piene le scatole di Mario Draghi, Roberto Speranza e Luigi Di Maio…
Ascolto True colors:
You with the sad eyes
Don't be discouraged, oh I realize
It's hard to take courage
In a world full of people
You can lose sight of it all
The darkness inside you
Can make you feel so small.
(Cyndi Lauper).
di Alfredo Tocchi (Il Giornale d’Italia)
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