05 Ottobre 2012
“Ragazze a Palermo” è un quadro di Renato Guttuso, del 1940. Stanno là le ragazze, al di là della cornice, a vezzeggiarsi. A terra c’è un occhio che ti guarda: è quello delle “Demoiselles d’Avignon”. Fu stretto il rapporto tra Picasso e Guttuso, che collaborò anche con molti poeti, tra cui Quasimodo, Vittorini, Pasolini. A Guttuso, alle sue ragazze, alla sua opera omnia è dedicata una grande mostra che si terrà dal 12 ottobre fino al 10 febbraio presso il Complesso del Vittoriano. In questo modo Roma, città nella quale Guttuso visse per molti anni, intende celebrare il centenario dalla sua nascita. In molti quadri aveva celebrato Roma, attraverso le sue visioni del “Colosseo” (1972), dei “Tetti di Via Leonina” (1962), dei giardini pensili romani in “La visita della sera” (1980). Qui Roma si veste di luci e di ombre o, meglio, si sveste, mostrandosi nella sua essenza: nuda, “liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente”, “enorme e gialla/ come l’estate in una chiesa d’oro”. Sì, anche con il poeta Pablo Neruda, che nel 1956 gli aveva fatto da testimone nelle nozze con Mimise, ci fu un’intensa affinità artistica. Il “Nudo” del 1961 è dominato da ombre, colori freddi e tenui slanci di sole; ma soprattutto è dominato da parole: “Sei piena di tutte le ombre che mi spiano./ Mi segui come gli astri seguono la notte./ Mia madre mi partorì pieno di domande sottili./ Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci”. Non c’è descrizione migliore dei versi di Neruda. Il “Nudo” è un olio su tela tremendamente enigmatico che, per quegli occhi che si scrutano la voragine della vita, rimanda all’ “Origine du monde” (1866) di Courbet. Per Alberto Moravia Guttuso dipinge il “Ritratto di Moravia” nel 1982; a Federico Garcia Lorca, fucilato durante la guerra civile, dedica un vero e proprio threnos, un canto di dolore, “Fucilazione in campagna”, del 1938, dove il colore del sangue si mescida con quello della terra e l’attimo in cui la fucilazione sta per compiersi -e la morte è là, a fior di labbra-, diventa l’anticamera dell’Inferno. Ma il vero Inferno brucia nella “Crocifissione”, celebre olio su tela del 1940, che fece grande scandalo e fu condannato dal Vaticano. Le ultime opere mostrano un Guttuso intento a rappresentare l’uomo, le sue lotte politiche e interiori, alla ricerca di “un’arte diretta e leggibile, non intellettualistica, un’arte più legata all’uomo, ai suoi sentimenti, alle sue sofferenze, alle sue lotte”, come dichiara lui stesso. L’intento è di superare la frattura tra arte e essere umano. Guttuso è stato uno degli artisti più falsificati della storia: il traffico delle opere false è stato denunciato ai magistrati nell’agosto del 1987da Marta Marzotto, musa ispiratrice delle sue opere più recenti. Lo fece su richiesta dello stesso Guttuso. La Marzotto scoprì che galleristi e stampatori aumentavano la tiratura delle litografie da stampare. Così le duecento litografie, autorizzate dal maestro, diventavano quattrocento, seicento e i galleristi ne intascavano per intero il profitto. Alla mostra del Vittoriano non saranno presenti solo i capolavori di Guttuso, come “La Vucciria”, rappresentazione di uno dei mercati storici di Palermo, del 1974; saranno inoltre esposte le opere che il maestro aveva tenute per sé: sarà così possibile ammirare le piccole tavole sulle quali muoveva i primi passi. Da bambino, frequentava la bottega di un pittore di carretti siciliani: quelle scene affondavano le loro radici nel favoloso, ricollegandosi alle leggende popolari e alle ballate; quelle scene lo affascinarono. Guttuso non le avrebbe dimenticate mai. E anche Bagheria, la terra in cui nacque nel 1912, rimarrà, insieme a Roma, la pozza da cui attingere suggestioni cromatiche, immaginative ed esistenziali: i limoni, gli aranci, i contadini siciliani, a stretto contatto con la terra, con il viso solcato dalla fatica, che, come disse Guttuso stesso, “hanno nel mio cuore il primo posto, perché io sono dei loro, i cui volti mi vengono continuamente davanti agli occhi qualunque cosa io faccia”.
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