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Cosa ci insegna la vicenda della famiglia nel bosco? Che abbiamo smarrito il nostro orientamento nel buonsenso: i giudici per primi

La giustizia ti toglie i figli perché invece di stare tutto il giorno sui social stanno con gli animali? Lo dico: io di questa giustizia ho sempre più paura. E pure della nostra incapacità di accettare che qualcuno pensi e viva diversamente

24 Novembre 2025

3 figli tolti ai genitori che vivono nel bosco a Chieti, imprenditore Gino Russo pagherà spese legali: "La famiglia è l'unica istituzione"

Fonte: Facebook, @Iacopo Melio

Non so come andrà a finire la vicenda della famiglia nel bosco, ma questa coppia di genitori che arriva in Italia e decide di abitare in un bosco, riducendo all’essenziale la loro vita senza per questo rompere le scatole al prossimo con ribellioni e pistolotti, è straordinaria. È straordinaria perché ci permette un minimo di controllo tra due mondi, dei quali uno non giudica l’altro giudica ed entra con violenza nell’altro.

Per ottenere il ritorno a casa dei figli, papà Nathan allestirà un bagno e - leggo dalle cronache - sta valutando un percorso di scolarizzazione, ma qui non possiamo non guardare al percorso di vita scelto dai genitori e da quello che prescrivono i giudici. Vediamolo. «I genitori hanno prodotto un certificato di idoneità alla classe terza per la maggiore, rilasciato dalla Novalis Open School di Brescia. Non hanno esibito al servizio sociale né prodotto in giudizio la dichiarazione annuale al dirigente scolastico della scuola più vicina sulla capacità tecnica o economica di provvedere direttamente all’insegnamento parentale». E questo può essere superato, basta la buona volontà e la speranza di un sistema scolastico non rancoroso e vendicativo. Tuttavia è il resto delle motivazioni dei giudici a costringerci ad un “tagliando” del modello che prendiamo e pretendiamo essere superiore. Certo, superiore: se mi togli i figli perché non sono in linea col tuo modello, tu mi stai dicendo che è superiore al mio. Ciò è proprio di uno Stato etico, che ti prescrive e ti ordina come devi vivere. Era un po’ quello che già avevamo visto col green pass: se non sei in regola, sei fuori dai diritti; allora erano i diritti del lavoro e sociali, qui il diritto a esercitare la patria potestà in piena libertà e nel rispetto delle regole generali.

La questione dunque a questo punto è la seguente: la regola generale è una regola che ostruisce un altro modello di vita. Infatti il tema dell’istruzione non è quello essenziale, diventa essenziale un altro aspetto: vivere in simbiosi con la Natura presuppone - secondo i giudici - una incapacità a relazionarsi. Infatti è così scritto: «L’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (articolo 2 della Costituzione), produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore». «La deprivazione può limitare la possibilità di ricevere conferme e valorizzazione dai coetanei, riducendo l’autostima e la motivazione all’impegno scolastico».
Ora mi domando lo stupore dei magistrati rispetto alle critiche: solo una magistratura che ormai si sente come dio può pensare di non essere toccata - anche duramente - dalle critiche. Una magistratura equa e non in trance agonistica avrebbe potuto comprendere il dibattito pubblico e avrebbe potuto anche specchiarne le spaccature, quelle nette e quelle più sfumate. Invece non solo i giudici portano via i figli a questa coppia sana, ma pretendono di ordinare uno stile di vita che a loro dire sarebbe “modello di riferimento”.

Davvero qualcuno pensa che vivere a contatto con la natura, con gli animali sia lesivo del diritto alla vita di relazione e che possa portare a “gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore”. Ma voi li vedete i bambini nei luoghi pubblici? Li vedete nelle scuole? I bambini - figli di genitori che si prendono a esempio di modello da seguire - ormai si atteggiano a padroni del mondo: o è così o io ti rovino la giornata, la serata, l’esistenza. Viviamo tra tablet, smartphone, intelligenze artificiali, domotica e cazzate varie e pretendiamo di costruire un modello nei confronti di chi vive nel bosco, accarezza gli animali, sa riconoscere le piante e pure le costellazioni?

Ma davvero possiamo condividere la sospensione della patria potestà - perché è di questo che stiamo parlando! - perché un giudice pensa che stare a contatto con la natura nel bosco e non andare a scuola «può limitare la possibilità di ricevere conferme e valorizzazione dai coetanei, riducendo l’autostima e la motivazione all’impegno scolastico». Dai coetanei??? Ma - ripeto - guardiamoli i nostri figli: non sono in grado di socializzare e di comunicare tra loro, sono piegati nei loro cellulari dalla mattina alla sera tanto che se un ministro pensa di levarglieli apriti cielo… E la giustizia ti toglie i figli perché invece di stare tutto il giorno sui social stanno con gli animali? Lo dico: io di questa giustizia ho sempre più paura. E pure della nostra incapacità di accettare che qualcuno pensi e viva diversamente.

di Gianluigi Paragone

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