13 Novembre 2025
Fonte: imagoeconomica
La Cassazione ha respinto il ricorso della Procura di Milano nell’inchiesta flop sull’urbanistica dichiarando inammissibile il ricorso dei pubblici ministeri milanesi. La sesta sezione penale della Suprema Corte ha confermato così la revoca delle ordinanze di arresto per Manfredi Catella, Ceo di Coima, Alessandro Scandurra, architetto ed ex componente della Commissione Paesaggio del Comune di Milano, e Andrea Bezziccheri, patron di Bluestone.
La decisione della Cassazione arriva dopo che il Tribunale del Riesame, lo scorso agosto, aveva disposto la liberazione dei tre imprenditori, annullando gli arresti domiciliari — e il carcere per Bezziccheri — per assenza di gravi indizi di corruzione. Ora la Suprema Corte conferma quella lettura: le prove raccolte non dimostrano la formazione né l’operatività di un accordo corruttivo tra Scandurra e Catella, né legami illeciti con Bezziccheri.
Il sostituto procuratore generale Cristina Marzagalli, nella sua requisitoria, aveva già invitato a rigettare i ricorsi dei pm, sottolineando che le risultanze non consentivano di sostenere l’esistenza di uno scambio illecito tra le parti. Le fatture contestate, infatti, sarebbero riconducibili a prestazioni professionali effettive e regolarmente contabilizzate.
I magistrati milanesi Petruzzella, Filippini e Clerici, coordinati dall’aggiunta Tiziana Siciliano, avevano invece sostenuto la tesi di una “corruzione di sistema” nel settore urbanistico, legata a rapporti troppo stretti tra pubblico e privato. Secondo l’accusa, la gravità indiziaria sarebbe dovuta emergere proprio dal conflitto d’interessi strutturale tra imprenditori e componenti della Commissione Paesaggio.
Una ricostruzione che, però, né il Riesame né la Cassazione hanno condiviso. Secondo i giudici, l’ipotesi accusatoria si fonda su una lettura alternativa dei fatti e non dimostra in modo concreto l’esistenza di un accordo corruttivo.
La Suprema Corte, presieduta da Fidelbo con relatore D’Arcangelo, ha quindi confermato la posizione dei giudici del Riesame, secondo i quali l’eccessiva vicinanza tra parte pubblica e privata — pur definita “impropria” — non basta a fondare la gravità indiziaria necessaria per disporre misure cautelari. Inoltre, il fatto che la Commissione Paesaggio fosse composta da undici membri e non solo da Scandurra esclude, secondo i giudici, un ruolo decisivo del professionista nelle decisioni sul progetto.
Dopo il doppio stop — prima dal Riesame e ora dalla Cassazione — la Procura di Milano potrà decidere se prendere atto della mancanza di elementi cautelari o proseguire comunque nel lavoro d’indagine, in vista di un eventuale processo. Le motivazioni della sentenza verranno depositate nelle prossime settimane. Nel frattempo, la decisione della Suprema Corte rappresenta un duro colpo per l’impianto accusatorio costruito attorno alla presunta “tangentopoli dell’urbanistica” milanese, che negli scorsi mesi aveva scosso i vertici dell’imprenditoria e del Comune.
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