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Lavorare nel giorno di riposo settimanale? L'Aran della Pubblica Amministrazione chiarisce: diritto al recupero e indennità del 50%

Un nuovo orientamento applicativo dell’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) interviene su una questione delicata quanto cruciale per migliaia di dipendenti pubblici, in particolare per coloro impiegati negli enti locali: cosa accade quando un lavoratore è chiamato a prestare servizio nel proprio giorno di riposo settimanale?

24 Settembre 2025

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Un nuovo orientamento applicativo dell’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) interviene su una questione delicata quanto cruciale per migliaia di dipendenti pubblici, in particolare per coloro impiegati negli enti locali: cosa accade quando un lavoratore è chiamato a prestare servizio nel proprio giorno di riposo settimanale? La risposta fornita dall’Agenzia conferma due principi cardine della disciplina lavoristica nel pubblico impiego: il diritto al recupero del riposo e la spettanza di un compenso economico aggiuntivo.

Il quadro normativo

Il parere si fonda sull’interpretazione dell’articolo 24, comma 1, del CCNL del 14 settembre 2000, integrato dal successivo CCNL del 5 ottobre 2001, e aggiornato con i riferimenti più recenti contenuti nel contratto del 16 novembre 2022. La disciplina, in sintesi, è chiara: se un dipendente del comparto Funzioni Locali lavora in una giornata destinata al riposo settimanale, ha diritto a un riposo compensativo equivalente alla durata della prestazione effettuata, oltre a un compenso aggiuntivo del 50% della retribuzione oraria. Ciò significa, ad esempio, che chi lavora quattro ore in un giorno festivo dovrà godere successivamente di quattro ore di riposo, e riceverà anche una maggiorazione del 50% sulla paga oraria per quelle ore.

Riposo settimanale: diritto irrinunciabile

Il chiarimento dell’ARAN non introduce novità normative, ma ribadisce un principio tanto ovvio quanto spesso eluso nella prassi: il riposo settimanale non è una gentile concessione dell’amministrazione, ma un diritto fondamentale riconosciuto dalla legge e dai contratti collettivi. Esso tutela la salute psicofisica del lavoratore, assicura un minimo equilibrio tra vita personale e professionale e preserva l’efficienza organizzativa degli enti.

Per questo, anche nei settori dove la continuità dei servizi impone turnazioni o reperibilità—come la polizia locale, la protezione civile, i servizi sociali o le attività tecniche urgenti—il ricorso al lavoro nei giorni festivi deve avvenire nel rispetto rigoroso delle tutele previste.

Compenso aggiuntivo e trasparenza

Uno degli aspetti più rilevanti del chiarimento riguarda la componente economica: la maggiorazione del 50% non è forfettaria, ma calcolata esclusivamente sulle ore effettivamente lavorate. Questo garantisce trasparenza e coerenza con il principio di proporzionalità tra prestazione e retribuzione. È una tutela sia per il lavoratore che per l’amministrazione, che può così documentare correttamente i costi del lavoro straordinario o festivo. In un’epoca in cui il dibattito pubblico spesso liquida i dipendenti pubblici come "garantiti" o "privilegiati", è utile ricordare che proprio nel settore pubblico le regole—quando rispettate—sono il primo baluardo contro arbitri e sfruttamenti.

Perché questo tema è cruciale

Il tema assume rilievo non solo per ragioni giuslavoristiche, ma anche per la tenuta stessa dell’organizzazione amministrativa. Un lavoratore stanco, privato del suo diritto al recupero, non è solo meno produttivo: è anche più esposto al rischio di errore, con conseguenze che, in ambito pubblico, possono ricadere sull’intera collettività. Garantire il riposo significa investire nella qualità dei servizi offerti ai cittadini. Inoltre, questo orientamento aiuta a fare chiarezza in situazioni che, nella prassi degli enti locali, si presentano frequentemente. Non sono rari i casi in cui, per urgenze operative o emergenze sul territorio, il personale venga richiamato in servizio nei fine settimana o nei giorni festivi. Sapere che esistono regole precise per disciplinare queste casistiche permette di evitare conflitti sindacali, lamentele o, peggio, contenziosi giudiziari.

Un diritto che guarda al futuro

Il chiarimento dell’ARAN si inserisce in un contesto in continua evoluzione: il lavoro pubblico è oggi più flessibile, più digitale, ma anche più esigente. La trasformazione delle modalità operative, l’aumento delle attività in smart working e la crescente attenzione all’efficienza non possono prescindere dal rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori. Tra questi, il riposo settimanale è forse il più banale nella formulazione, ma il più essenziale nella pratica.

Non si tratta, come talvolta si legge nel linguaggio burocratico, di una "giornata residuale", ma di un presidio di civiltà giuridica. E se la pubblica amministrazione deve essere un esempio, non può permettersi scorciatoie.

La parola all’ARAN

Ecco un estratto del parere pubblicato lo scorso 9 luglio:

In tutti i casi in cui il personale è chiamato a prestare attività lavorativa nella giornata destinata al riposo settimanale, deve essergli riconosciuta una giornata di riposo compensativo di durata equivalente alla prestazione svolta. Congiuntamente al riposo compensativo, al lavoratore deve essere corrisposto un compenso aggiuntivo pari al 50% della retribuzione oraria”.

Parole chiare, che confermano quanto già stabilito nei contratti ma che, proprio per la loro chiarezza, rappresentano un utile promemoria per tutti: amministratori, dirigenti, sindacati e lavoratori.

In tempi di riforme della pubblica amministrazione e di ridefinizione dei rapporti di lavoro, l’orientamento dell’ARAN offre una bussola semplice ma fondamentale: il lavoro nel giorno di riposo si paga due volte—una con il tempo, l’altra con il salario. E questo, non per generosità, ma per giustizia.

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