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Sciopero generale 22 settembre, gli italiani sono già con Gaza e contro Netanyahu, manifestazione Cgil è l’ennesima forzatura, come la Flotilla

Lo sciopero di oggi al grido “bloccheremo tutto” al fine di sostenere le ragioni della Palestina e dei palestinesi contro il massacro che stanno vivendo, non ha senso: non ha senso perché ancora una volta va stressare solo i cittadini, i quali non devono essere sensibilizzati avendo già chiaro chi siano le vittime

22 Settembre 2025

Sciopero generale 22 settembre, gli italiani sono già con Gaza e contro Netanyahu, manifestazione Cgil è l’ennesima forzatura, come la Flotilla

Sciopero contro genocidio a Gaza Fonte: Infoaut

In Italia abbiamo due posizioni politiche che rischiano di essere mere rappresentazioni, scollate da quel che gli italiani pensano. Tutti i sondaggi infatti rivelano che la maggioranza degli italiani solidarizza con i palestinesi vittime di un dramma come pochi altri e condanna il governo di Netanyahu responsabile della tragedia nella Striscia, una tragedia resa ancor più acre dallo squilibrio delle forze in campo. Lo rivelano i sondaggi ma basta aprir le orecchie negli spazi aperti, dai supermercati ai bar e dovunque l’attesa comporta socializzazione.

Tutto questo per dire che gli italiani hanno una loro posizione staccata dai partiti o dalle abitudini elettorali. Del resto, dicevamo, i partiti appaiono come bloccati da posizioni che non corrispondono alle opinioni e ai giudizi degli elettori.

Lo sciopero di oggi al gridobloccheremo tuttoal fine di sostenere le ragioni della Palestina e dei palestinesi contro il massacro che stanno vivendo, non ha senso: non ha senso perché ancora una volta va stressare solo i cittadini, i quali non devono essere sensibilizzati avendo già chiaro chi siano le vittime. Bloccare treni, autobus e metropolitane è l’ennesimo atto contro la gente comune che usa ancora i mezzi pubblici: perché dev’essere sempre il cittadino a pagare i capricci politici di Landini? Lo sciopero di oggi così come le incursioni della Flottilla appaiono ai più un esercizio di egocentrismo politico, un portare le attenzioni su di sè e non sulle vittime di Gaza. Insomma un copione politico, a sinistra, scontato.

Nel centrodestra invece prevale una timidezza imbarazzante, timorosa di ombre del passato e/o ossequiosa verso le alleanza americana e israeliana. L’altro giorno dalle colonne della Verità in un articolo fermo e netto, Marcello Veneziani è stato molto chiaro in tal senso rivolgendo un appello non agli elettori ma alle classi dirigenti, eccessivamente prudenti e timide di fronte a un massacro vergognoso e ingiustificabile. Una presa di posizione che si accoppia con quel che qui, al Giornale d’Italia, abbiamo assunto fin da subito senza troppi giri di parole.

Non so se qualcosa stia cambiando ma l’intervista del ministro Piantedosi alla Stampa nell’edizione di sabato è stata importante: "È tutto terribilmente doloroso e inaccettabile. Civili innocenti finiscono per pagare un prezzo altissimo per responsabilità delle loro classi dirigenti o presunte tali". E ancora: "Lo dico da amico di Israele. Non c'è alcun dubbio che Hamas con la barbarie del 7 ottobre ha innescato una crisi regionale. E tuttavia credo che il governo israeliano stia spingendo il conflitto oltre ogni limite di ragionevolezza, di proporzionalità e di umanità".

A questo aggiungo un pezzo (che il ministro comunque ha toccato nel corso dell’intervista), un pezzo che un tempo avremmo chiamato “interesse nazionale”, lo stesso che mosse Craxi nella sua posizione ferma e coraggiosa durante la famosa notte di Sigonella, proteggendo le relazioni del governo italiano con il mondo arabo palestinese nonostante l’America chiedesse - per l’omicidio di un loro cittadino d’origine ebraica, preso a ostaggio, ucciso sulla sua sedia a rotella e buttato in mare - i responsabili dell’esecuzione. Nella crisi che il governo Netanyahu ha scatenato nell’intera area mediorientale non va dimenticato il ruolo del Qatar (colpito dal bombardamento israeliano) e quello della Turchia, soprattutto se Erdogan decidesse di proteggere il vertice di Hamas in Tunisia; a quel punto la Libia cirenaica (alleata di Putin, dove Mosca ha collocato le sue basi missilistiche) e la Tunisia (crocevia di Hamas e della Turchia) diverrebbero porti di partenza per migliaia di profughi, anche palestinesi: una bomba per l’Europa che a quel punto si troverebbe minacciata dalla rabbia e dalla fame di vendetta di costoro, su cui l’Islam più fanatico avrebbe gioco facile di proselitismo. Ecco, un altro (sicuramente quello che maggiormente impatterebbe su di noi) degli effetti distorti della guerra ingaggiata da Israele. Il riconoscimento dello Stato della Palestina, caposaldo dei governi della Prima Repubblica come dimostrano le scelte di quella stagione, diventa oggi più di prima un obbligo e una decisione politica necessaria per riallineare quel che Netanyahu ha scardinato, ossia il venir meno dello spazio fisico per la Palestina. Fintanto che Israele continua a erodere spazi, la formula “due popoli, due Stati” si frantuma.

Ecco perché il governo italiano dovrebbe difendere ciò che Craxi, Andreotti, Moro, Mattei nella Prima Repubblica lasciarono in eredità.

Di Gianluigi Paragone

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