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Genocidio o non genocidio a Gaza: una possibile risposta a Liliana Segre

Le giuste ma tardive parole contro i crimini di guerra israeliani arrivano troppo facili dopo il mandato di arresto per Netanyahu?

30 Novembre 2024

Genocidio o non genocidio a Gaza: una possibile risposta a Liliana Segre

Si dica immediatamente: nonostante i suoi silenziosi o meno equivoci sui massacri di palestinesi, la senatrice Segre ha quasi perfettamente ragione sul punto del presunto genocidio.

Chi continua ad usare codesto termine in riferimento alle stragi di Gaza (ed oltre), semplicemente non ha troppa familiarità con i dizionari, che siano di lingua italiana o d'altre lingue europee che desumano alcuni loro vocaboli dal greco antico e dal latino, come in tal caso.

A Gaza è in corso un ECCIDIO, non un genocidio; anche se a livello di Diritto Internazionale si intende per genocidio la possibilità di distruggere in tutto o in parte un gruppo etnico. Purtuttavia le interpretazioni normative possono benissimo essere anche sostanzialmente malformulate, mentre la etimologia dei vocaboli, come parimenti dei neologismi anche relativamente recenti non lascia quasi mai spazio ad interpretazioni.

Per genocidio la etimologia parla chiaro: trattasi della concreta attuazione della eliminazione di una stirpe ovvero di un popolo. Per attuare la eliminazione di un popolo bisogna progettare ed attuare una strage di massa che configuri lo sterminio del popolo in questione. Lo sterminio del popolo in questione significa lo sterminio del popolo in questione, non una sua quota parte, soprattutto se minoritaria. Il popolo palestinese, nella sua totalità ed al netto della sua diaspora (non poi troppo dissimile da quella del popolo ebraico, seppure con Storia e numeri ben più contenuti), conta CIRCA dai 12 ai forse circa 15 MILIONI di persone. 12 o forse 15 milioni distribuiti a livello internazionale, a partire da Gaza, dalla Cisgiordania, dalla Giordania, da Israele stessa (e solo fin qui sono probabilmente oltre 10 milioni) ed a seguire Siria, Libano, Arabia Saudita, Egitto, Kuwait ed oltre: fino al Cile (con una stima di circa mezzo milione), al Brasile, al Canada, agli Stati Uniti, ed altri paesi ospitanti, anche in misura di decine di migliaia di cittadini.

Al momento le stime delle vittime, militari e civili, delle offensive israeliane, oscillano tra le dichiarazioni di Hamas, quindi non propriamente credibili in partenza (ma ritenute tali anche da stime israeliane), le dichiarazioni delle agenzie ONU, OMS e di diverse ONG operanti sul campo, sicuramente più indipendenti, e le stime perfino di altri studi terzi, come la lettera di un gruppo di analisti pubblicata sul LANCET (chi non sa cosa sia si informi). I computi quindi oscillano tra le circa 40.000 vittime e le circa 180.000, con una forbice quindi enorme, che apre evidentemente cospicui interrogativi sui possibili metri di misurazione. Cionondimeno assumendo per possibili persino le stime più catastrofiche ed atroci, a ridosso delle duecentomila unità, sarebbe tecnicamente non congruente definire genocidio una misura di 200.000 vittime su 12/15 MILIONI di palestinesi.

Per intenderci esemplificativamente, se le Forze Armate in israeliane portassero avanti una strage di palestinesi al ritmo di 200mila vittime ogni anno, avrebbero bisogno di circa 5 anni per eliminare circa 1 milione di palestinesi; e non sarebbero nemmeno al 10 percento del tentativo di genocidio. Appare evidente dal punto di vista lessicale la differenza tra tentato genocidio e genocidio; ma anche per azzardare un tentato genocidio bisogna avere un piano organico di sterminio di un intero popolo, e non di una sua parte estremamente minoritaria che lasciasse in vita una dilagante maggioranza: la strage di massa di una quota si chiama, con termine non più greco-romano, ma di derivazione latina, ECCIDIO, non genocidio.

Di fatto NON ESISTE, nemmeno nei desiderata più deliranti dell'estremismo sionista israeliano e/o internazionale, alcun piano organico per lo sterminio dell'intero popolo palestinese, tale da generare appunto un genocidio. Il sionismo estremista progetta e propala la emigrazione o perfino la deportazione dei palestinesi, come anche la strage, ma anche la strage non è un genocidio, proprio letteralmente. Ergo la definizione invalsa, anche presso organi delle Nazioni Unite, di genocidio come generica strage anche solo di generica parte di una popolazione, è letteralmente un equivoco un tanto al chilo, strutturalmente non corretto, se non decisamente un nonsense.

Che sia stato proprio un avvocato ebreo, il polacco Raphael Lemkin, a coniare o meno il presunto neologismo verso la fine della Seconda guerra mondiale, o che il termine fosse già in circolazione poco rileva: i vocaboli hanno un significato specifico, a prescindere dalle interpretazioni e soprattutto da usi ed abusi coevi o successivi. Sic et simpliciter.

Il fatto concreto che Israele stia perpetrando un eccidio e non un genocidio, per altro con l'assenso e quindi con la complicità non solo della maggioranza degli israeliani (senza per questo ignorare una minoranza coraggiosa e profondamente indignata) ma anche dei vergognosi e vigliacchi governi occidentali (ed anche molti governi arabi e non solo) non è ovviamente una scusante di sorta. Ma le parole restano i mattoni della comprensione degli accadimenti. E purtroppo le parole della senatrice a vita Segre sono, per quanto veritiere, insufficienti, eccessivamente prudenti laddove la prudenza non è opportuna, e soprattutto in ritardo. Il sospetto che vengano formulate fuori tempo massimo dopo la condanna del Tribunale Internazionale e dopo il relativo mandato internazionale di arresto per i vertici del governo di Tel Aviv e Gerusalemme (seppur teorico, e solo per i paesi che riconoscono tale istituzione sovranazionale) è quindi evidente.

È ugualmente evidente che i crimini di guerra sono in carico sia ad Hamas che al governo Netanyahu, e quindi in prospettiva sia ai palestinesi (Hamas gode di un consenso maggioritario soprattutto a Gaza) che agli israeliani.
Ma solo soggetti o in pessima fede o totalmente assordati dalla propaganda o istupiditi da una ignoranza perimetrale possono ancora balbettare che mille morti israeliani valgano come quarantamila, se non quattro e più volte tanto, trai palestinesi. Anche le rappresaglie militari hanno un limite, che se sconfina diventa senza dubbi di sorta crimine di guerra.

In un mondo dove neanche il Papa ha il coraggio di prendere un aereo per Gaza o per Kiev o Mosca, non si pretendono certo gesti clamorosi da parte di una assai anziana signora di origine ebraica. Si accettino dunque le misurate parole, e giuste anche nel merito, appunto. Però non bastano. Come non bastano i silenzi, o meglio le scusanti, o meglio i deliri giustificazionisti, di molte comunità ebraiche europee, di impostazione filosionista o meno ed anche peggio dei leader europei, o peggio ancora di certi vomitori opinionisti a libro paga o semplicemente deficienti. Giustificazioni che rischiano davvero di alimentare un antisemitismo di ritorno, laddove se ne ravvede a sproposito l'insorgenza in chi invece comprende la tragedia, devastante, che è sotto gli occhi di tutti, e sotto la quale l'Occidente si sta letteralmente suicidando sulla residua credibilità e decenza.

Oltre alla tragedia dei palestinesi, che andrà avanti per decenni, resta anche una ulteriore tragedia del popolo ebraico, e non solo israeliano, ma anche di tutto l'Occidente, che ha orrendamente ricordato a tutti che nessun popolo umano, nemmeno chi ha subìto il trauma collettivo dello sterminio di massa dell'Olocausto, riesce ad essere granché migliore dei propri antichi carnefici, arrivando persino a riprodurne gli schemi, anche se in parte, e non in tutto, come pretende chi appunto parla di genocidio. Ma così poco si impara, come in un eterno giorno della marmotta, dove a prevalere è sempre la idiozia, prima ancora della crudeltà.

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