18 Aprile 2024
Ventuno anni ad Alessio, quattordici anni al fratello più piccolo Simone. La Corte d’assise di appello di Milano è andata oltre le richieste dell’accusa, e per l’omicidio di Pasquale Scalamandrè, avvenuto la sera del 10 agosto 2020 nella casa di famiglia a San Biagio, ha condannato i figli dell’autista dell’Amt in pensione senza tenere conto di quanto aveva indicato la Cassazione il 31 ottobre scorso, quando ha stabilito che bisognava rifare il processo di secondo grado valutando in modo differente l’aggravante della provocazione, tenuto conto anche della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del codice rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sulle aggravanti di un delitto commesso in ambito familiare. L’entità delle pene stabilite ieri a Milano, dopo più di due ore di camera di consiglio, sono state una brutta sorpresa per le difese, anche perché sono andate oltre le richieste del procuratore generale Paola Pirrotta, che con i difensori di Alessio – gli avvocati Luca Rinaldi e Andrea Guido - aveva concordato una condanna a undici anni (proprio in virtù della richiesta della Cassazione di rideterminare la pena) e per Simone aveva chiesto otto anni e sei mesi per il concorso del ragazzo (assistito dagli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca) all’omicidio, aggiungendo «non si può considerare la sua condotta meramente passiva». Concludendo la requisitoria, Pirrotta parlando dei due fratelli è stata eloquente: «Per tutta la vita vivranno col peso di quello che hanno fatto. Anche fare i conti con la propria coscienza, per degli assassini così giovani, è in sé un’ulteriore pena, per quanto non possa né debba essere l’unica». Le due condanne sono state accolte in silenzio dalle difese: «Leggeremo le motivazioni della sentenza - spiega Rinaldi - e la impugneremo, anche perché la Cassazione era stata chiara quando aveva chiesto di rivedere la pena. La pg ne aveva tenuto conto, chiedendo undici anni per Alessio, ma i giudici la pensano diversamente. Non finisce qui, però». Stessa delusione per la collega Calafato: «Dire che siamo rimasti sorpresi non rende l’idea - rivela -. La nostra era una partita più aperta rispetto a quella dei difensori del figlio maggiore degli Scalamandrè, ma obiettivamente ci aspettavamo quantomeno l’applicazione delle attenuanti generiche. Andremo in Cassazione, ma questo processo sta diventando infinito e questi due giovani non meritano una spada di Damocle così». La corte di assise d’appello di Milano depositerà le motivazioni entro 45 giorni. Alla fine di maggio.
Pasquale Scalamandré aveva 63 anni quando è stato ucciso la sera del 10 agosto del 2020. Il pensionato dell’Amt era stato colpito più volte con un mattarello durante una lite con i figli, scaturita dall’ennesima richiesta dell’uomo ad Alessio di modificare la denuncia del ragazzo circa i maltrattamenti e le minacce che il padre avrebbe fatto alla madre. Contesto che aveva costretto la donna - Laura Di Santo - a lasciare Genova per trasferirsi in una comunità protetta in Sardegna. Il processo contro il marito avrebbe dovuto cominciare il mese successivo, ma Pasquale in aula non ci è mai arrivato.
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