05 Giugno 2023
Fonte Facebook, profilo Gigi De Meo
Ho incominciato a scrivere a 42 anni, nel 2010. Poco più di un anno prima, ero stato in coma, mi ero risvegliato dopo sole 24 ore, ma nei sette mesi successivi avevo perso tutto: la tempesta perfetta! Operato al cuore, dal divano dove sono rimasto sdraiato per sei mesi ho assistito al progressivo allontanamento di mia moglie, sono stato spinto a dare le dimissioni dallo studio legale del quale ero appena diventato socio con la motivazione che ero sotto budget (“Sono quasi sotto terra”, fu la mia memorabile risposta, seguita da un “Andate a farvi fottere” mormorato tra i denti), ho speso tutti i miei risparmi per saldare i miei debiti (in verità pochi, sono sempre stato un uomo previdente) e me ne sono andato a dormire in un appartamento vuoto, prestato da un’amica. Avevo soltanto la mia Subaru, un materasso comprato all’Ikea, Memorie di un antisemita di Gregor von Rezzori (per me poco meno di un nonno, lo adoro), i miei vestiti e – al polso – un Patek Philippe. Valutai seriamente l’ipotesi del suicidio (unico vero dilemma filosofico per Albert Camus), ma la scartai per l’amore verso mia figlia Celeste: il peso dei suicidi dei padri ricade sui figli.
Feci tesoro di quell’esperienza. Imparai – a spese mie e dei miei cari – l’importanza del Destino.
Sono un duro: a poco a poco recuperai il mio posto nel mondo. Ma nulla – nulla – fu più né sarà come prima.
Per sopportare il dolore bisogna ricordare: dimenticare è impossibile. Bisogna aprire gli occhi e fare tesoro delle nostre esperienze, anche delle più dolorose.
Ieri ero al lago. Il giardino della villa che fu dei miei bisnonni finisce sulla spiaggia. Il tempo era bello, una coppia di tedeschi ha persino fatto il bagno. Soltanto verso le sei, mentre uscivo dal cancello per tornare a Milano, guardando a sud ho visto nubi nere: un temporale, uno dei tanti che all’improvviso colpiscono il lago Maggiore. Sono stato un bravo velista: a 10 anni ho ricevuto in regalo la mia prima barca. A 12 attraversavo il lago da solo. Mi è capitato di tutto: derive e timoni rotti, scuffiate improvvise (anche a 180 gradi) in mezzo al lago, ma una sola volta ho rischiato la vita. Uscii proprio all’inizio di un temporale con un surf da salto. Vento forte ma poca onda. Poi, in un attimo, si scatenò una tempesta con lampi, tuoni e grandine. Senza neppure il tempo di puntare verso riva, mi ritrovai quasi assiderato, stremato, incapace di stare in piedi sulla tavola. Nuotare verso riva avrebbe significato morte certa: ipotermia prima di fare i due chilometri che mi separavano da casa. Mi sdraiai sulla tavola (corta!) e decisi di riposarmi un attimo prima di fare un tentativo disperato di puntare verso la Rocca di Caldè, 4 chilometri più a sud.
Da una villa in collina, qualcuno mi vide con un binocolo e mi riconobbe. Mio zio – nonostante le condizioni del lago – uscì col Riva Florida del nonno e venne a salvarmi.
Il lago – con le sue tempeste improvvise – è metafora della vita, sempre e nonostante tutto in balia del Destino (che io scrivo sempre con la D maiuscola). Conosco il battello che ieri sera si è ribaltato. Passavo a pochi chilometri da Lisanza nell’istante esatto in cui il Destino di quattro esseri umani si compiva. Porgo le mie più sincere condoglianze ai loro cari: morire mentre si festeggia un compleanno, in una soleggiata giornata di primavera, su un lago che fino a qualche istante prima era appena increspato.
Abbraccio i sopravvissuti, protagonisti di questa tragedia. Non ho nulla da insegnare, nessuna lezione da dare, nessun rimprovero da muovere, soltanto umana compassione. Il Destino può sconvolgere le nostre vite: in un istante tutto può cambiare e persino finire.
Siamo artefici del nostro Destino? Certamente. Ma la vita è un castello di sabbia la cui bellezza dipende dal nostro lavoro e dall’imponderabile forza delle onde.
Tutto il resto è un’illusione, un tentativo – tanto umano quanto vano – di considerarci capaci di guidare le sorti di un’umanità persa in un universo forse infinito, abbandonati come siamo dal Creatore su una palla che ruota su sé stessa e intorno al sole ancora per un po', per poi terminare ineluttabilmente la sua corsa.
di Alfredo Tocchi, 29 maggio 2023
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