24 Marzo 2025
Sarebbe piaciuta la Grande Festa di compleanno a Pino Daniele? Si, magari con concerto pop, nel senso aperto a tutti, a Piazza Plebiscito. Bastava un grande schermo e trasmettere quello del 1981. Sarebbe stato un successo assicurato. Anziché farlo per celebrare per happy few ( solo 400 invitati) a Piazza del Gesu’. E lasciare la folla inviperita fuori le transenne, A seguire le scuse del fratello di Pino: pardon, avrei potuto fare di meglio. Fare peggio sarebbe stato difficile.
Gli eroi devono morire giovani per entrare per sempre nel cuore collettivo che ancora batte forte per il Che Guevara del Neapolitan Sound morto d’infarto a 60 anni. Si legge ancora nelle carte: “Con un soccorso più veloce, forse, poteva sopravvivere”. Fa rabbia. Quest’anno avrebbe compiuto 70 anni.“Non so neanche come sia nato Pino Daniele, come è nato come autore…nella mia città tra l’inferno e il cielo”, é la scritta che ci accoglie all’ingresso della mostra Spiritual inaugurata oggi a Palazzo reale con il ministro della cultura Giuli che racchiude l’essenza più profonda del mondo artistico di Pino Daniele, evidenziando le connessioni con il blues, jazz, soul, e quella musica nera americana le cui radici si intrecciano con la spiritualità di Madre Africa. Di certo se non fosse nato a Napoli non avremmo avuto il Genius loci di Napulé é… che é diventato l’inno della città. Nessun artista in Italia, non Lucio Dalla con Bologna, o Fabrizio De André con Genova o Antonello Venditti con Roma aveva avuto un rapporto così simbiotico con la città d’origine. Pino è nato figlio del popolo, é morto da rock star. E pensare che lui non voleva cantare, voleva fare il chitarrista, suonare e basta. E invece si trovò a inventare quel genere anglo/napolitan/dialettale che faceva vibrare le note.
Ogni titolo di canzone una metafora esistenziale: Chi tene ‘o mare, Basta ’na jurnata ‘ sole, Je so’ pazzo, Dimmi cosa succede sulla terra, The Desert in my mind. La prima parte della mostra dal titolo Terra mia ripercorre la storia di Pino Daniele che negli anni ’70 fiuta i fermenti sociali e la contestazione giovanile e una “grotta” di tufo della Sanità dall’acustica quasi perfetta sarebbe diventata la culla del Neapolitan Power dove sperimentava, improvvisava e fondeva generi. La seconda parte della mostra si chiama Le radici e le ali ed é un caleidoscopio sulla sua carriera dal 1977 al 2014, con esposizione di jukebox, chitarre e vinili come il triplo disco d’oro, praticamente l’oscar della musica, il più alto riconoscimento allo straordinario Tour con Francesco De Gregorio, Fiorella Mannoia e Ron ( si’ e si stenta a credere che sia quel Ron adesso ridicolizzato da Crozza). Disco d’oro voleva significare la vendita di 150mila copie di dischi venduti. I numeri cambiano con la crisi delle etichette discografiche. Oggi un disco d’oro vale appena 25mila copie ( ascolti digitali compresi). I suoi look anche erano iconici come la sua K-Way d’ordinanza, mimetica, esposta nel studio di registrazione ricostruito come allora.Promossa dalla Fondazione Pino Daniele con il Ministero della Cultura, Palazzo Reale, Regione Campania, Comune di Napoli, curata dal figlio Alessandro Daniele e Alessandro Nicosia. Assolutamente da vedere. Fino al 6 luglio.
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