14 Novembre 2020
Primo giorno di coprifuoco per la capitale le strade di Roma vuote nella notte - Fonte: LaPresse
L’avanzamento del contagio in Italia lascia tutti in un stato di grande preoccupazione. Davanti alla crescita del numero dei casi positivi, il Governo si appresta a rinvigorire le misure restrittive. A breve, secondo quanto trapela da fonti governative, si potrebbe esseri costretti a chiudere tutto per una seconda volta. Sono già 7 le Regioni in zona rossa (a Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Calabria si sono aggiunte Campania e Toscana), e 9 in zona arancione. Di fatto, il Paese si avvia a un secondo lockdown generalizzato.
Il Governo teme dunque la congiuntura di eventi, visto che al lockdown potrebbe aggiungersi un ridimensionamento del piano di acquisto dei titoli di stato da parte della Banca centrale europea (BCE). Secondo quanto emerge da Francoforte, sarebbero molti i “falchi” all’interno della massima istituzione finanziaria europea a chiedere quantomeno un rallentamento del quantitative easing, ovvero l’acquisto a pioggia dei titoli di Stato sovrani da parte della BCE in modo da sovvenzionare le casse degli Stati membri.
L’economia nazionale è già stata falcidiata dalle limitazioni agli spostamenti occorse durante i mesi primaverili. Lo stato di avanzamento del Paese è tornato indietro di vent’anni, motivo per cui sono in molti a temere che le nuove misure possano diventare la pietra tombale per la nostra economia. Secondo l’economista Sergio Cesaratto, docente all’Università di Siena, “l’imposizioni delle nuove restrizioni creerebbe problemi anche sul fronte della produzione perché è già in corso un calo del Pil, che diventerebbe molto più importante in caso di lockdown generalizzato, soprattutto se colpisse anche il settore manifatturiero”.
Davanti ad un nuovo lockdown, sarà dunque necessario implementare nuove manovre di rafforzamento della spesa pubblica. “Con un Pil in calo e un debito in continua crescita è chiaro che le condizioni della finanza pubblica si aggraverebbero agli occhi dei mercati”. E la situazione si aggraverebbe ancora di più se venisse a ridursi il ruolo fondamentale della BCE, la quale nel 2020 ha previsto di stanziare oltre un trilione di euro volti all’acquisto dei vari titoli di Stato.
Jens Weidmann, attuale numero uno della Bundesbank e tra i massimi esponenti della corrente dei falchi, ha sostenuto recentemente come nelle prossime settimane sia necessario iniziare a ridiscutere la politica monetaria dell’Unione. Secondo Weidmann, l’espansionismo fiscale della BCE non può fungere in eterno da sostituto delle politiche fiscali dei vari Stati membri. Anzi, l’accusa diretta a Christine Lagarde, attuale presidente della BCE, è che “il maxi-Qe messo in campo sta prendendo la forma di finanziamenti diretti dei deficit sovrani tramite acquisti obbligazionari di massa e sistematiche deroghe ai criteri proporzionali della capital key”.
Al coro delle critiche si è recentemente aggiunto anche Yves Mersch, governatore della banca centrale di Lussemburgo. Mersch ha proposto il mantenimento dei programmi, ma solo a patto che vengano aggiunti dei fattori penalizzanti in termini di accessibilità al piano emergenziale della BCE per quegli Stati che non fanno pieno utilizzo di tutti gli strumenti che sono stati messi a disposizione a livello europeo.
La paura è dunque che un’eventuale svolta in campo di politica monetaria avvenga proprio durante la fase di lockdown generale verso cui ci stiamo avviando. In quel caso, i listini della borsa nazionale sarebbero esposti a un tracollo simile a quello in cui si è assistito nelle prime settimane di marzo. Si tratterebbe però di una minaccia molto grave alla stabilità del Paese, visto che sono in molti a dubitare che il sistema sia in grado di reggere una seconda volta.
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