24 Novembre 2025
Nella notte tra sabato e domenica, la Cisgiordania è stata nuovamente teatro di violenza mortale. Secondo il Ministero della Salute palestinese, sono due i ragazzi palestinesi uccisi dalle forze di difesa israeliane: il ventenne Baraa Khairi Ali Maali e Adel Qazzaz. Le due morti hanno scosso gli animi dei familiari e degli amici delle vittime che, dopo essersi trovati in ospedale per stare vicino ai due ragazzi, hanno invocato tutti assieme Allah.
Baraa Khairi Ali Maali, studente alla Birzeit University, è stato raggiunto da alcuni proiettili al petto mentre cercava di difendere il villaggio di Deir Jarir , a nord-est di Ramallah, durante un'incursione di coloni armati, protetti dall’esercito israeliano. Le fonti locali raccontano che i soldati, schierati al fianco dei coloni, hanno risposto con gas lacrimogeni e fuoco reale quando i residenti hanno cercato di opporsi. Contestualmente, fonti palestinesi parlano anche di un secondo giovane, Adel Qazzaz, di Dura, nella zona di Hebron, che sarebbe stato torturato dopo l’arresto. Secondo resoconti locali, sarebbe stato brutalmente picchiato dalle forze israeliane mentre tentava di attraversare la linea Verde per andare a lavorare.
Amici e compagni di università hanno gridato “Allah Akbar” in segno di lutto, denunciando ancora una volta la brutalità dell’occupazione.
Questi tragici eventi si inseriscono in un contesto più ampio di violenza strutturale e sistemica contro la popolazione palestinese. I coloni israeliani, spesso protetti dalle forze armate, intensificano gli attacchi ai villaggi, incendiando proprietà, sparando e intimidendo gli abitanti. Solo nella prima metà del 2025, OCHA ha documentato circa 740 incidenti di aggressione di coloni in Cisgiordania, colpendo oltre 200 comunità palestinesi. Nei villaggi palestinesi le ONG denunciano una strategia deliberata di pulizia etnica. Secondo un rapporto presentato a luglio 2025, durante 129 giorni di monitoraggio sono state registrate 838 violazioni dei diritti umani commesse da coloni e soldati. Non si tratta solo di attacchi fisici, ma anche di deportazioni forzate, distruzione di case e terreno agricolo, con agricoltori che vedono bruciare ulivi e fattorie mentre gli insediamenti illegali si espandono.
Dopo l’arresto, molti palestinesi subiscono gravi abusi: percosse, umiliazioni, condizioni disumane in carcere. Secondo rapporti di ONG e media, quasi la metà dei prigionieri è trattenuta senza accusa né processo, in quella che viene chiamata detenzione amministrativa. Ad aggravare il genocidio che sta dilaniando la popolazione palestinese, il parlamento israeliano ha avanzato una proposta di legge, sostenuta dall’estrema destra, per reintrodurre la pena di morte per i prigionieri palestinesi condannati per atti mortali contro cittadini israeliani. Il ministro dell’Interno Itamar Ben-Gvir, noto per le sue posizioni estremiste contro i palestinesi, ha dichiarato pubblicamente che i detenuti palestinesi “meritano la morte”.
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