23 Settembre 2025
La giornalista Francesca Fornario ha denunciato in diversi suoi articoli e in un breve video, diventato virale sui social, che la situazione a Gaza sarebbe "peggio rispetto a quella di Hiroshima". Dal 7 ottobre, infatti, lo Stato Ebraico avrebbe lanciato sulla Striscia "100 mila tonnellate di esplosivo, l'equivalente di 7 bombe atomiche".
In un suo video diventato virale, la giornalista Francesca Fornario denuncia la portata devastante dei bombardamenti israeliani su Gaza, paragonandoli a Hiroshima. "Hiroshima verrà sempre ricordata nella storia per le terribili conseguenze che la bomba atomica ebbe sulla città. Israele, a oggi, ha sganciato su Gaza oltre 100mila tonnellate di esplosivo, l’equivalente di sette bombe atomiche".
Il confronto numerico è impressionante: la bomba del 1945 distrusse un’area di 13 chilometri quadrati, mentre la superficie devastata a Gaza raggiunge i 365 chilometri quadrati, cioè l’intero territorio della Striscia. Non si tratta, dunque, di distruzione parziale, ma di cancellazione totale: scuole, ospedali, strade, aree agricole e interi quartieri ridotti a macerie.
Fornario sottolinea come queste cifre non siano solo dati astratti, ma descrivano una vera e propria catastrofe umanitaria. Oltre 130 mila morti, milioni di sfollati, terre contaminate da sostanze tossiche che renderanno impossibile coltivare per decenni. "Israele ha annientato ogni possibilità di vita a Gaza", afferma la giornalista, parlando di un disegno deliberato di deportazione ed espulsione della popolazione palestinese.
Il video richiama anche le responsabilità politiche in Europa. Fornario evidenzia la gravità delle parole della premier Giorgia Meloni, che soltanto ora, dopo quasi due anni di genocidio, parla del “superamento del principio di proporzionalità da parte di Tel Aviv”. Una tardiva ammissione che stride con la complicità occidentale nella fornitura di armi e nel silenzio protratto di fronte alla distruzione sistematica.
Il messaggio è chiaro: se Hiroshima è un monito storico, Gaza rischia di diventare l’emblema contemporaneo di una tragedia volutamente ignorata.
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