05 Agosto 2025
A Bologna c'è stata una manifestazione pacifica contro il Comune. La causa scatenante è stato l'annullamento da parte della giunta del concerto del musicista ucraino filorusso Alexander Romanovsky. I presenti si sono collegati con i propri device alla diretta dell'esibizione e hanno sventolato cartelli contro la censura.
In una Piazza Santo Stefano gremita, Bologna ha risposto con la musica alla censura. Martedì 5 agosto si è svolto un flash mob a sostegno del pianista Alexander Romanovsky, il cui concerto, previsto per quello stesso giorno, era stato annullato dal Comune a causa delle polemiche sulle presunte simpatie filorusse dell’artista.
Romanovsky, russo-ucraino, ha comunque suonato in diretta streaming da casa, regalando ai presenti le sue interpretazioni di Chopin. Un centinaio di cittadini ha ascoltato in silenzio, tra striscioni come “L’arte non si censura” e “Solidarietà a Romanovsky”. L’iniziativa è stata promossa da Russia Emilia-Romagna, Coordinamento Paradiso, Multipopolare e Marx21, con l’introduzione dell’attivista Davide Celli.
La cancellazione del concerto, avvenuta per decisione del sindaco Matteo Lepore e degli organizzatori della rassegna Bologna Estate, ha sollevato interrogativi cruciali sul rapporto tra politica e libertà d’espressione. Romanovsky era stato accusato di propaganda filo-Putin per un'esibizione a Mariupol nel 2022.
In una democrazia, censurare la musica è un passo pericoloso. Non si colpisce solo l’artista, ma l’idea stessa che la cultura possa unire oltre le divisioni. Il flash mob di Bologna è stato un segnale forte: l’arte è un linguaggio universale che merita di essere difeso, anche – e soprattutto – quando il clima politico diventa tossico.
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