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Gaza, palestinese ucciso da cecchino Idf mentre immergeva piedi in acqua, morto anche amico in diretta sui social: “Così si muore sul nostro stesso mare” - VIDEO

L'Idf ha colpito 2 palestinesi con un cecchino mentre erano al porto di Gaza. Israele ha costretto quasi tutta la popolazione in tende proprio di fronte a quel mare che ora è loro vietato toccare. Per i gazawi, il mare era l’ultima via di fuga dal caldo e dall’umidità soffocante, oltre che fonte di sostentamento per procurarsi del cibo

22 Luglio 2025

Un palestinese è stato ucciso da un cecchino dell’Idf mentre aveva appena immerso i piedi in mare. È successo a Gaza, davanti ad un testimone che ha ripreso la scena in un video, una diretta sui social, nel quale appare una didascalia emblematica su quanto accaduto: “Così si muore sul nostro stesso mare”.

Gaza, palestinese ucciso da raid Idf mentre immergeva piedi in acqua, testimone: “Così si muore sul nostro stesso mare”

Israele ha costretto quasi tutta la popolazione in tende proprio di fronte a quel mare che ora è loro vietato toccare. D’estate, quelle tende nel deserto di Mawasi diventano come caldaie e forni, arroventate dal sole. Tra le tende si ergono cumuli di immondizia e fiumi di liquami non trattati. Israele ha anche distrutto le infrastrutture idriche di Gaza. Per i gazawi, il mare era l’ultima via di fuga dal caldo e dall’umidità soffocante.

Ora, anche quella via di sollievo è stata trasformata in un fronte di guerra. Nel mezzo dell’assedio totale e della chiusura dell’enclave da parte di Israele e delle sue pesanti restrizioni all’ingresso di aiuti e cibo, ben al di sotto del necessario per la sopravvivenza umana di base, l’unica scelta rimasta ai cittadini di Gaza per trovare qualcosa da mangiare è il mare.

Ed è proprio ora che Israele decide di trasformare l’intero mare di Gaza in una zona di morte, con una dichiarazione rilasciata sabato: “Avviso urgente ai residenti della Striscia di Gaza: vi ricordiamo che sono state imposte rigide restrizioni di sicurezza nella zona marittima adiacente alla Striscia, dove l’ingresso in mare è vietato. L’Idf si occuperà di qualsiasi violazione di queste restrizioni. Esortiamo pescatori, bagnanti e subacquei ad astenersi dall’entrare in mare. Entrare in mare lungo la Striscia vi mette a rischio”.

Israele, dunque, minaccia di uccidere i palestinesi che cercano di rinfrescarsi nell’acqua.

E per chi si chiede se si tratti solo di “sicurezza”: lunedì Israele ha bombardato uno dei pochi camion dell’acqua rimasti a Gaza, un camion che consegnava acqua potabile disperatamente necessaria. Non si è trattato di un danno collaterale. È stato un attacco mirato, diretto e deliberato. Una decisione consapevole, presa da un’intera catena di comando militare, di uccidere i bambini per sete e malattie (qualcosa che generali israeliani come Giora Eiland avevano caldeggiato nei primi mesi del genocidio).

Pochi giorni prima, 10 bambini erano stati uccisi mentre facevano la fila per bere acqua. L’Idf aveva inizialmente affermato di aver preso di mira un agente di Hamas. In seguito, Israele ha dichiarato che si era trattato di un “errore tecnico”.

L’acqua non è più un diritto fondamentale a Gaza. È un campo di battaglia. E la sete è diventata un’arma.

Il divieto di toccare il mare non è una novità: ora è solo più chiaro e palesemente letale. Non si tratta di regole o zone di sicurezza. Si tratta della cancellazione dell’esistenza palestinese, persino delle più piccole gioie. Ormai anche solo immergere i piedi nell’acqua è una condanna a morte.

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