02 Dicembre 2021
Aldo Grasso, curatore della mostra fotografica PRIMA DELLA PRIMA, presentata questa mattina alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, ha affermato a Il Giornale d’Italia:
“La realizzazione di una mostra è sempre un’esperienza di grande valore, prima di tutto è un’esperienza pratica, culturale ma è anche un’esperienza di vita. Qui il tema era estremamente interessante: cercare di valorizzare questo grandissimo repertorio di foto, questo materiale immenso che di per sé è inerte, nel senso che sembra che stia lì, che dorma in attesa che un principe arrivi e lo baci per risvegliarsi.
L’idea era quella di raccontare un po’ le Prime della Scala, ovviamente in concomitanza con il 7 dicembre e l’apertura della stagione della Scala, di fronte alla quantità enorme che ci siamo trovati di materiale ci siamo detti di provare a scegliere alcuni anni, in realtà sono stati gli anni che hanno scelto di venir fuori. Il primo anno è il 1946, anno della ricostruzione, Milano esce dalla guerra, Milano è stata bombardata e la Scala è stata ricostruita molto in fretta per il valore del sindaco Antonio Greppi perché voleva che ci fosse uno dei più importanti simboli di Milano a rappresentare la ripresa della città. Quindi chi avrebbe dovuto inaugurare? Il più grande direttore d’orchestra, conosciuto in tutto il mondo, quello che era immigrato negli Stati Uniti per non sottostare al regime fascista e quindi c’è il grandissimo ritorno di Arturo Toscanini.
Il secondo anno che abbiamo scelto è il 1951, anno molto particolare, ho scoperto che moltissimi milanesi non sapevano che l’inaugurazione della Scala coincide con quell’anno, è dal 1951 che si inaugura la Prima con la festa di Sant’Ambrogio.
Poi c’è il 1968 che è stato scelto perché è un anno molto iconico non tanto per la Scala in sé quanto per la contestazione alla Scala, anno in cui il movimento studentesco affronta la polizia davanti alla Scala, l’anno in cui Mario Capanna si rivolge ai poliziotti dicendo “noi siamo uguali, i ricchi stanno entrando alla Scala” ma in realtà era un momento mediaticamente molto forte, ma era anche un anno in cui la fotografia comincia a perdere valore documentario perché la televisione gli sta erodendo la terra da sotto ai piedi, da quegli anni l’apertura della Scala viene documentata dai Telegiornali e quindi la conoscenza di questa cerimonia non è più soltanto demandata alla fotografia ma passa alla televisione. Per il 68 con noi simbolicamente si chiude questa evocazione della Prima”, conclude.
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