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Covid, riaperta inchiesta su maxi-commessa da 1mld di € per fare entrare in Italia mascherine cinesi non autorizzate durante gestione Arcuri

La Guardia di Finanza ha segnalato che molte certificazioni risultavano incomplete o prive di valore legale, e che l’immissione sul mercato dei dispositivi sarebbe avvenuta grazie a un misterioso documento anonimo

27 Giugno 2025

Covid, riaperta inchiesta su maxi-commessa da 1mld di € per fare entrare in Italia mascherine cinesi non autorizzate durante gestione Arcuri

fonte: Twitter @gadlernertweet

La Corte dei Conti ha riaperto il fascicolo sulla fornitura di oltre un miliardo di euro in mascherine importate dalla Cina durante il Covid. Al centro dell’indagine vi è la gestione della struttura commissariale allora guidata da Domenico Arcuri, e in particolare alcune operazioni di sdoganamento che avrebbero aggirato i controlli. Dubbi e anomalie si concentrano su certificazioni giudicate irregolari. Intanto, anche la Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid vuole vederci chiaro.

Covid, riaperta inchiesta su maxi-commessa da 1mld di per fare entrare in Italia mascherine cinesi non autorizzate durante gestione Arcuri

Secondo quanto riportato da La Verità, l’indagine contabile coinvolge ingenti quantitativi di dispositivi di protezione individuale considerati “non conformi”, che sarebbero comunque entrati in Italia e distribuiti – in piena emergenza – a forze dell’ordine e personale sanitario. A pesare sul dossier vi sono ora numerose chat acquisite dagli inquirenti tra mediatori privati e funzionari pubblici, dalle quali emergerebbero pressioni sistematiche per superare i blocchi delle Dogane, anche in presenza di documentazione lacunosa o sospetta.

Nomi come Daniele Guidi, Andrea Tommasi e Nicolas Venanzi compaiono nei messaggi analizzati, tutti coinvolti in rapporti diretti con la struttura commissariale. Le comunicazioni parlano di “soluzioni improvvisate”, documenti tradotti in fretta e tentativi di “trovare scorciatoie” per evitare fermi amministrativi. L’ex dirigente Fabrocini, indicato come responsabile del procedimento, avrebbe seguito tutto da vicino, chiedendo aggiornamenti continui per garantire lo sblocco delle spedizioni.

La Guardia di Finanza ha segnalato che molte certificazioni risultavano incomplete o prive di valore legale, e che l’immissione sul mercato dei dispositivi sarebbe avvenuta grazie a un misterioso documento anonimo. Invece di allertare la Procura, la struttura avrebbe informato soltanto i mediatori. Il risultato: milioni di mascherine non conformi sarebbero state distribuite in tutta Italia, in un quadro di totale opacità.

Nel frattempo, anche la Commissione parlamentare d’inchiesta sta approfondendo l’episodio. Alcuni parlamentari avrebbero acquisito un documento interno del 2020 in cui si parlava chiaramente di “pressioni” esercitate per autorizzare forniture sprovviste dei requisiti richiesti dalla normativa europea.

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