29 Gennaio 2025
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera dei deputati - foto: lapresse
L’avviso di garanzia recapitato alla premier Giorgia Meloni e ai ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi hanno scatenato un caos politico.
I membri del governo infatti hanno deciso di non intervenire alla Camera e al Senato per l’informativa prevista per oggi sul Caso Almasri, così da informare direttamente della notizia di reato il Tribunale dei ministri, un collegio di giudici che si occupa dei reati commessi da premier e ministri nell’esercizio delle loro funzioni.
In questo modo Piantedosi e Nordio hanno evitato di riferire in Parlamento, almeno per adesso, trincerandosi dietro la comunicazione della Procura della Repubblica di Roma, che comunque non si occuperà direttamente della vicenda giudiziaria, di competenza appunto del Tribunale dei ministri.
Il procuratore di Roma Francesco Lo Voi che ha firmato l’iscrizione al registro degli indagati di Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano non aveva comunque scelta dopo la presentazione dell’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, dovendo per legge dare comunicazione immediatamente agli interessati delle indagini in corso per permettergli di presentare le eventuali memorie difensive.
Il Parlamento quindi non sarà informato delle motivazioni che hanno condotto il governo a rimpatriare in fretta e furia Njeim Almasri, capo della polizia giudiziaria libica e accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini di guerra, reati contro l’umanità e torture ai danni di migranti rinchiusi nelle prigioni libiche.
Intanto oggi si terrà un vertice di maggioranza a Palazzo Chigi mentre gli esponenti del governo e dei partiti che lo sostengono continuano ad attaccare la magistratura accusandola di mettere in piedi un sistema di “giustizia ad orologeria”. Salvini ha chiesto con urgenza una riforma della giustizia, mentre Marina Berlusconi, una delle figlie dell’ex premier, ha paragonato il caso di Meloni alla ricezione di un invito a comparire nei confronti di suo padre Silvio il 22 novembre 1994, proprio nei giorni in cui si teneva il G7 sulla criminalità organizzata.
Le opposizioni hanno annunciato battaglia scrivendo al presidente della Camera Fabrizio Fontana e chiedendo “un’immediata convocazione della riunione dei capigruppo al fine di confermare la già prevista informativa del governo. “Riteniamo, infatti, che tale questione, indipendentemente dal suo risvolto giudiziario, richieda chiarimenti adeguati ed esaustivi da rendere tempestivamente in sede parlamentare. Non ci sono giustificazioni plausibili per sottrarsi al confronto nella sede preposta su un tema così grave e rilevante per il Paese; tentare di eludere le proprie responsabilità è un comportamento intollerabile e irrispettoso nei confronti delle istituzioni democratiche”, hanno accusato i presidenti dei gruppi di Pd, M5s, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione, Italia Viva e +Europa.
Le sedute del Senato sono state poi sospese fine al prossimo martedì dopo che le opposizioni hanno abbandonato l’Aula in segno di protesta contro le mancate risposte del governo e minacciando di non riprendere i lavori fin quando la premier non riferirà in Parlamento.
La risposta di Meloni non si è fatta attendere scrivendo sui propri canali: “Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni. Quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada”.
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