18 Novembre 2022
Hanno tagliato i parlamentari, sì. Ma i costi sono rimasti gli stessi. Per la precisione: 943 milioni di euro l’anno di contributi pubblici che la Camera continuerà a percepire per il 2023 e il 2024. Non solo: il taglio dei deputati equivale a una riduzione delle indennità (da 145 a 93 milioni di euro), ma ha coinciso con l’aumento dei fondi erogati ai gruppi per ogni rappresentante.
“Grazie al Movimento 5 stelle il taglio dei parlamentari è realtà”, annunciavano trionfalmente i pentastellati nel 2021 dopo l’esito del referendum. “Un risultato straordinario di partecipazione, in piena emergenza Covid, e un risultato straordinario anche per i contenuti, appunto, questo Sì convinto per avere un Parlamento più efficiente, per tagliare i costi della politica e per rendere questi parlamentari ancora più rappresentativi perché possano essere più verificati, controllati, diventare veri portavoce dei cittadini”. A Montecitorio ci saranno anche meno deputati (da 630 agli attuali 400), ma la dotazione dello Stato per il funzionamento dell’aula, come testimonia il bilancio deliberato dall’Ufficio di presidenza della Camera lo scorso 13 luglio, è rimasto invariato: 943 milioni di euro da qui al 2024.
Meno seggi vuol dire meno stipendi. E qui ci siamo. Il fondo per le “indennità dei parlamentari” è diminuito dai 145 milioni del 2022 ai 93 del 2024. Nel capitolo dei “contributi ai gruppi”, però, le cifre restano uguali. Anche nel 2023 e nel 2024 Montecitorio continuerà a fornire 30,8 milioni di euro alle varie formazioni parlamentari. Nonostante i deputati siano diminuiti di un terzo. Facendo una rapida divisione vuol dire che i soldi previsti per ogni deputato aumentano di quasi un terzo. Se nell’ultima legislatura i gruppi percepivano 49mila euro per ognuno dei 630 eletti alla Camera, in quella appena cominciata otterranno 77mila euro a testa per i 400 deputati. Uno strano concetto di abbattimento dei costi della politica sbandierato dal M5s.
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