15 Luglio 2022
Mario Dragi Sergio Mattarella dimissioni, fonte imagoeconomica
In un giorno solo si è infranto il sogni di Goldman Sachs, quella che appena un mese fa pubblicò il report in cui avrebbe voluto Draghi alla guida dell'Italia fino al 2028. È il caso di dire che un po' di scaramanzia sarebbe stata di miglior auspicio.
Di sicuro Draghi ha due qualità: non ama le contestazioni, ma è sicuramente coerente con ciò che dice. Ma non è un politico di formazione, dunque non riesce a reggere il pressing ricattatorio tipico della politica nostrana. È stato questo il tallone d'Achille alla base del suo cedimento. Ma cosa potrebbe accadere con l'attuale crisi di governo se Draghi andasse via?
E devono saperlo bene nei palazzi se ieri il ministro per i rapporti con il Parlamento, d'Incá ha supplicato Mario Draghi di non dimettersi, tanto che lui sorrideva e ironizzava: "È partito l'appello al salvatore della patria". Ma come disse lui stesso ne aveva "piene le tasche" già la settimana scorsa, quando Conte cominciò il pressing dei "ricatti". Ricatti con cui non era più possibile continuare a governare e, su questo punto, il premier è irremovibile. Di sicuro nessuno potrebbe mai contestargli la mancanza di determinazione. Ne è consapevole Sergio Mattarella che con Mario Draghi ha un rapporto abbastanza colloquiale e lo ha esortato a comunicare le sue intenzioni alle camere, ma respingendo le dimissioni, il che ha dato ulteriore speranza quanti volessero mantenere una leadership tecnica rappresentata da Mario Draghi che, comunque, tutti ormai lo danno per certo: "È fuori da questo governo". In altre parole Mattarella ha voluto tenere Draghi all'interno di un iter costituzionale, costringendo l'amico di sempre a parlare con le due camere e dare tempo di fare emergere gli umori all'interno dei partiti.
Perché dunque Mattarella non ha accettato le dimissioni di Mario Draghi? Perché questa è una crisi di governo di tipo politico extraparlamentare. In altre parole non è mancata la fiducia sui numeri che sono costituiti comunque da una maggioranza tanto da aver visto l'approvazione del decreto aiuti, motivo del dissidio. Ma si tratta di una frattura interna alla maggioranza chiamata a governare. Mario Draghi infatti non ha creato un governo tecnico pur essendolo lui stesso, si è avvalso di figure politiche e di membri di partiti che appartenevano già al precedente esecutivo.
Se Mattarella avesse accettato le dimissioni di Mario Draghi, avrebbe dovuto sciogliere immediatamente le camere e rimandare il voto a settembre. Tuttavia ciò dimostra che Mattarella vuole tentare la strada delle consultazioni e questo potrebbe aprire due scenari differenti: uno purtroppo è quello del governo tecnico vero e proprio che l'Italia ha imparato a conoscere negli ultimi anni. L'altro è quello del rimpasto di governo, vale a dire il capo dello Stato sonda se all'interno del parlamento può formarsi una maggioranza differente, centrale a questo punto è la posizione della Lega Nord, motivo per cui Giorgia Meloni ha esortato tutti i partiti di centro-destra a tenere fede agli impegni del voto anticipato.
Tuttavia la strada preferita da Letta è quella di mantenere un primo ministro ad interim che, nella fattispecie, sarebbe Daniele Franco attuale Ministro dell'Economia e delle Finanze, per poter approvare la legge di bilancio e garantire la stabilità al paese prima di questi passi fondamentali.
l'Italia infatti, per seguire l'austerity, è rimasto indietro su molte promesse, ad esempio la riforma pensioni che ancora non è approdata ad alcuna soluzione e si sarebbe attesa la Nadef di settembre (nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, presentato a Palazzo Chigi il 7 aprile scorso, n.d.r.). Con questo caos politico potrebbe anche accadere che la riforma resti fuori dal tavolo delle trattative, per poi essere discussa direttamente nel 2023, solo dopo aver approvato la legge di bilancio.
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