28 Ottobre 2025
Milano torna a interrogarsi sul ruolo dell’architettura come strumento di equità. La dodicesima edizione di Milano Arch Week, in programma dal 27 ottobre al 2 novembre 2025, affronta con lucidità il tema “Inequali-ties and Architecture”, proseguendo la riflessione avviata dalla 24ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano, “Inequalities”. Promossa dal Comune di Milano, dal Politecnico di Milano e dalla Triennale, la manifestazione conferma la propria vocazione corale: un laboratorio aperto in cui la città si studia, si ripensa e si racconta.
Il festival parte da un dato cruciale: dal 2010 più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane, e la quota salirà al 75% entro il 2050. Le città, storicamente luogo di emancipazione e mescolanza, oggi riflettono le contraddizioni più estreme di un’economia globale fondata sullo squilibrio: da un lato, la concentrazione del potere economico nelle mani di una minoranza che accresce la propria ricchezza di oltre 5,7 miliardi di dollari al giorno; dall’altro, un quarto della popolazione che vive in insediamenti informali, privi di acqua, elettricità e spazi pubblici. L’architettura, ci si chiede, può ancora ridistribuire potere?
L’inaugurazione, ospitata nel Patio del Politecnico, ha assunto il tono di una dichiarazione collettiva d’intenti. Donatella Sciuto, rettrice dell’ateneo, ha aperto ricordando come l’Arch Week rappresenti un momento di continuità con l’impegno del Politecnico nel porre l’architettura al servizio della società. Stefano Boeri, presidente della Triennale, ha richiamato invece la necessità di non sottovalutare il ruolo dell’intelligenza artificiale, che rischia di amplificare le disuguaglianze invece di ridurle.
A seguire, il vicesindaco Anna Scavuzzo ha posto l’accento sulla città di Milano, sottolineando come questa stia attraversando una fase di profonde trasformazioni che richiedono etica e responsabilità: «rigenerare significa prima di tutto leggere i bisogni e creare equità nei luoghi dove manca», ha osservato, insistendo sul valore delle relazioni e sul pragmatismo come forma di giustizia urbana.
Andrea Campioli, preside della Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni, ha posto il tema sul piano della formazione: il progetto, ha affermato, è uno strumento di giustizia sociale, capace di restituire dignità e accessibilità allo spazio. Occorre una nuova generazione di progettisti in grado di coniugare etica e competenza, di leggere le disuguaglianze e tradurle in scelte inclusive.
Per Nina Bassoli, curatrice della manifestazione, l’Arch Week diventa un’occasione per osservare Milano con occhi internazionali: un festival diffuso, con oltre 100 eventi tra lecture, performance, cinema, sport, riuso, genere e salute, dove la città si offre come laboratorio di confronto globale. «È un momento in cui Milano è al centro del mondo — ha sottolineato —, perché si guarda a noi per un’idea di progresso equo e sostenibile».
A concludere la giornata inaugurale è stato Dominique Perrault, protagonista della lecture d’apertura. Nato nel 1953 a Clermont-Ferrand, formatosi all’École des Beaux-Arts e all’École des Ponts et Chaussées di Parigi, Perrault è autore di progetti che hanno dissolto il margine tra infrastruttura e spazio pubblico — dalla Bibliothèque Nationale de France (1989-95) al Velodromo e Olympic Swimming Complex di Berlino (1999), fino alla Università femminile Ewha Womans University di Seoul (2008).
Il suo discorso ha preso avvio proprio dalla sua idea di “groundscape”, il paesaggio del terreno, un paradigma che invita a progettare sotto la superficie piuttosto che sopra di essa, sfruttando il crescente bisogno del moltiplicarsi delle infrastrutture dei trasporti e dei servizi pubblici per restituire spazi pubblici alla collettività. Per perrault si tratta di contrastare la densità verticale del costruito apponendovi la sua nuova idea di architettura orizzontale sotto il terreno.
Perrault descrive questa visione attraverso i caratteri comuni a molte delle sue opere.
A Seoul, l’Ewha Campus Complex è interamente scavato nel terreno: due pareti vetrate delimitano una fossa lineare che accoglie biblioteche, aule e spazi comuni, lasciando in superficie un grande parco accessibile a tutti. Il progetto, completato nel 2008, ospita 20.000 studenti e risolve il problema della densità senza deturpare il paesaggio.
Lo stesso principio guida la riqualificazione di Piazza Garibaldi a Napoli (2005-2014), dove la realizzazione della metropolitana diventa occasione per ridisegnare l’intero spazio pubblico. La piazza, un tempo segnata da degrado e criminalità, viene “svuotata” e ricomposta su più livelli: sopra, una grande piattaforma verde con percorsi pedonali e aree alberate restituisce respiro e vivibilità al centro urbano; sotto, un ampio spazio in acciaio e vetro che lascia passare la luce naturale fino al fondo della struttura, accoglie il nodo intermodale, creando una continuità visiva e funzionale tra la città e il suo sottosuolo.
A Parigi, Perrault è oggi coinvolto nel Grand Paris Express, la più grande opera infrastrutturale europea: 200 km di nuove linee metropolitane e 70 stazioni che serviranno 10 milioni di abitanti. La stazione Villejuif-Gustave Roussy, firmata dal suo studio, è concepita come un cilindro scavato a 50 metri di profondità, ricoperto da un padiglione metallico che cattura la luce naturale e la diffonde nei livelli inferiori.
Ancora in Corea, il Lightwalk Transit Center di Seoul, attualmente in costruzione, interpreta la stessa poetica attraverso una grande galleria pedonale che collega due stazioni ferroviarie. Un percorso di vetro e vegetazione che filtra la luce naturale fino al sottosuolo e riprende, in chiave contemporanea, l’immaginario delle gallerie milanesi ottocentesche. Non un centro commerciale, ma un corridoio pubblico, con spazi di ristoro e ritrovo come se fosse un vero e proprio boulevard.
Perrault spinge la riflessione oltre, immaginando scenari utopici: una città che si espande sotto la Senna, o metropoli che usano il sottosuolo come riserva di spazio e di vita. Per lui il vuoto è pura potenzialità, non per forza una necessità derivata dall’aumento della popolazione e la speculazione edilizia, ma una vera e propria nuova filosofia dell’architettura che vuole ribilanciare l’assetto verticale delle grandi metropoli.
«L’architettura crea vuoti, il tempo li trasforma in luoghi, gli abitanti li rendono storie».
Dominique Perrault, monograph, Editions Gallimard
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