La più grande crisi umanitaria del mondo tra pulizia etnica, fame, stupri di massa e 15 milioni di persone a rischio sfollamento forzato
05 Dicembre 2025
Il Sudan è oggi l’epicentro della più grande crisi umanitaria del pianeta. Una crisi che combina genocidio, fame, stupri di massa, deportazioni, distruzione degli ospedali, traffici d’armi internazionali e una guerra interna che sta ridisegnando la geografia umana di un Paese di quasi 50 milioni di abitanti. Le cifre parlano da sole: 12 milioni di sfollati, 150.000 morti stimati, il 75% degli ospedali fuori uso, 30 milioni di persone bisognose di aiuti immediati. Nessun altro conflitto, oggi, presenta una simile somma di devastazione.
Il Darfur, la regione grande quanto la Spagna che rappresenta il 26% del territorio sudanese e ospitava un quinto della popolazione nazionale, è diventato il cuore del massacro. Le immagini satellitari mostrano chiazze di sangue, fosse comuni, villaggi cancellati. La città di El Fasher, caduta dopo 500 giorni di assedio, è il simbolo della brutalità delle RSF (Rapid Support Forces) di Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti.
NON È UNA GUERRA RELIGIOSA: È UNA GUERRA RAZZIALE COSTRUITA NEL TEMPO
Contrariamente a quanto molti credono, questo conflitto non ha nulla a che vedere con lo scontro tra cristiani e musulmani. Le popolazioni massacrate sono quasi tutte musulmane sunnite, come lo sono molte delle tribù arabe che compongono le RSF.
La frattura è etnica, culturale e razziale.
Durante il genocidio dei primi anni 2000 e di nuovo oggi, la propaganda dei janjaweed/RSF parla di “zurga” (neri) contro “arabi”, e lo Stato ha usato queste fratture per dividere e governare.
È una retorica di disumanizzazione che identifica i popoli africani non-arabi come “inferiori”, “impuri”, “espellibili”. È l’ideologia che ha già portato allo sterminio dei Masalit e che oggi sta travolgendo molte altre comunità.
CHI SONO I POPOLI NEL MIRINO DEL GENOCIDIO
MASALIT – La nazione cancellata
Contadini del Darfur Occidentale, quasi un milione di persone, oggi in gran parte sterminati o dispersi. Geneina, la loro capitale storica, è stata svuotata attraverso massacri casa per casa.
FUR – Il popolo da cui il Darfur prende il nome
Agricoltori del Jebel Marra. Sono la radice politica e culturale della regione. Anche i loro villaggi vengono devastati.
ZAGHAWA – I guerrieri del deserto
Popolo transfrontaliero (Sudan–Ciad–Libia). Considerati “nemici naturali” dalle milizie arabe, perché troppo autonomi, troppo organizzati, troppo africani.
NUBA – I popoli delle montagne
Nei Monti Nuba, nel Sud Kordofan, vivono comunità africane non-arabe, musulmane, cristiane e tradizionali. Da decenni subiscono persecuzioni che oggi rischiano di esplodere su scala nazionale.
LA TRAPPOLA: POPOLAZIONI CIVILI SENZA ARMI VIOLENTATE DA UN ESERCITO PARAMILITARE
Questi popoli hanno un tratto comune: sono civili. Sono agricoltori, pastori che vivono in villaggi rurali. Non hanno armi pesanti, non hanno eserciti, non hanno sponsor stranieri.Non hanno come difesa se non lo Stato sudanese, cioè le SAF (Sudan Armed Forces).Ma l’esercito arretra giorno dopo giorno: ha perso Khartoum, ha perso Omdurman, ha perso Gezira. Oggi resiste solo a Port Sudan, circondato e logorato.E mentre lo Stato crolla, i civili diventano carne da macello.
LA TRATTA DI ESSERI UMANI: IL NUOVO VOLTO DEL TERRORE
Le RSF hanno trasformato il Darfur e il Kordofan in un mercato della schiavitù:
Le ONG sul terreno, come Cesvi, denunciano un aumento del 500% dei casi di violenza sessuale e del reclutamento dei bambini-soldato. Solo il 27% dei centri sanitari è ancora in grado di accogliere sopravvissute a stupri e torture.
IL RUOLO DELL’EUROPA: UN EMBARGO TRADITO
Armi europee – francesi, bulgare, britanniche, sudafricane – sono state identificate nei convogli RSF, nonostante gli embarghi ONU. Gli Emirati Arabi Uniti hanno funzionato come hub di rifornimento:
E l’Europa, che condanna “le atrocità in Darfur”, continua a mantenere i rapporti commerciali con gli stessi attori che alimentano la guerra.
SE LE RSF VINCONO: 15 MILIONI DI PERSONE A RISCHIO DI PULIZIA ETNICA
Oggi il genocidio riguarda il Darfur. Ma se le RSF conquistassero l’intero Sudan, la pulizia etnica non resterebbe confinata lì.
Le proiezioni più credibili parlano di fino a 15 milioni di sudanesi a rischio diretto. Quindici milioni di esseri umani che hanno una sola colpa: non essere arabi.
Sarebbero colpiti:
Queste comunità, disarmate e prive di difese, non potrebbero fare altro che fuggire.
Se Hemedti vincesse, il Sudan vedrebbe una migrazione forzata di proporzioni bibliche: un terzo della popolazione spinta verso Ciad, Egitto, Sud Sudan, Etiopia ed Europa.
PERCHÉ GLI STATI UNITI DOVREBBERO INTERVENIRE
Gli USA hanno quattro motivi:
Ma finora nessuno ha fatto ciò che serve davvero: fermare il flusso di armi, imporre un embargo serrato sugli Emirati, schierare osservatori, garantire corridoi umanitari protetti.
CONCLUSIONE: IL GENOCIDIO È IN CORSO, IL MONDO RESTA FERMO
Il Sudan non è una crisi dimenticata. È una crisi ignorata. Perché guardarla significherebbe riconoscere:
E mentre il mondo volta lo sguardo, Masalit, Fur, Zaghawa, Nuba, Beja, Nubiani e molti altri rischiano di scomparire.Non solo dai loro territori, ma dalla storia.Se il Sudan cade in mano alle RSF, a cadere non sarà solo un Paese, sarà un’intera civiltà africana, cancellata davanti all’indifferenza globale.
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