04 Dicembre 2025
Fonte: infopal
In un solo mese, novembre, i palestinesi in Cisgiordania hanno subito 2.144 aggressioni israeliane, tra sparatorie, arresti arbitrari, demolizioni, blocchi militari, attacchi dei coloni e violenze sistematiche. Mentre Israele e gli Stati Uniti parlano di “cessate il fuoco” o di “de-escalation”, sul terreno continua una realtà fatta di repressione, militarizzazione e ciò che molte Ong definiscono genocidio.
Il nuovo rapporto della Colonization & Wall Resistance Commission (CWRC) mostra un quadro inequivocabile: 1.523 attacchi sono stati condotti dall’esercito israeliano, mentre 621 sono opera di coloni armati – col pieno sostegno dei militari. Una strategia coordinata, pensata per espellere i palestinesi, distruggere le loro comunità e consolidare un regime coloniale razzista. La tabella ufficiale, che documenta gli attacchi israeliani nelle diverse province palestinesi, parla da sola:
13 palestinesi uccisi (martiri) in un solo mese
302 arresti
73 episodi di sparatorie
265 restrizioni alla libertà di movimento
136 aggressioni fisiche (pestaggi, investimenti, violenze dirette)
33 casi di soffocamento
900 episodi di intimidazione
Le aree più colpite:
Ramallah svetta con 427 violazioni, trasformata in una gabbia militarizzata.
Hebron segue con 271 attacchi, da anni laboratorio della segregazione israeliana.
Nablus, sotto assedio costante, registra 264 violazioni.
Il quadro statistico rivela un modello costante: ovunque ci siano comunità palestinesi, l’apparato militare israeliano impone arbitrarietà, violenza e punizioni collettive.

Il rapporto CWRC denuncia inoltre tentativi di creare 19 nuovi avamposti illegali dei coloni, 280 ettari di terra palestinese sequestrati, 76 strutture distrutte o danneggiate e 51 nuovi ordini di demolizione contro case e proprietà palestinesi. Secondo il direttore Muayyad Shaaban, si tratta di una strategia “ingegnerizzata per sradicare i palestinesi e imporre un ordine coloniale razzista”, parole che descrivono alla perfezione l’obiettivo politico dietro la violenza quotidiana.
Le Ong e le associazioni palestinesi denunciano che la narrazione israeliana di una presunta “pace” non coincide con la realtà. Nei territori occupati dalle forze e dai coloni israeliani continuano le esecuzioni extragiudiziali, si intensificano le retate notturne, i coloni agiscono come milizie private, protette dall’esercito, e interi villaggi vengono circondati, isolati e svuotati. Una dinamica che si è sviluppata da un progetto politico, the Greater Israel, volto a trasformare la Cisgiordania in un mosaico senza continuità territoriale e senza futuro per il popolo palestinesi. Un piano che prevede di espellere progressivamente la popolazione palestinese con l’obiettivo di consolidare il controllo territoriale israeliano e modellare uno Stato di Israele pienamente sovrano su quelle aree.
Le organizzazioni palestinesi ribadiscono che la violenza fa parte di un processo più ampio, lo stesso che a Gaza ha già portato – secondo le ONG internazionali – a pratiche che rientrano nella definizione di genocidio. Ogni mese si accumulano nuovi dati, nuove prove, nuove immagini che documentano arresti arbitrari, violenze contro civili, distruzioni mirate, umiliazioni pubbliche e aggressioni dei coloni sotto protezione militare.
Tutto questo mentre la comunità internazionale continua a parlare di “tregua”, di “dialogo”, di “processo di pace”. Ma sul terreno la realtà è un’altra: i palestinesi continuano a essere attaccati, derubati, imprigionati e uccisi.
https://www.ilgiornaleditalia.it/userUpload/Report_oct_2025_palestina.pdf
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