02 Dicembre 2025
Palestinesi riparano banconote, fonte: X, @JehadAlshrafi
A Gaza è in corso una gravissima crisi economica, esasperata dal blocco del denaro contante imposto da Israele. Non solo gli sportelli e le banche sono stati tutti distrutti da due anni di raid dell'Idf, ma lo shekel non può più entrare all'interno della Striscia. Di conseguenza, i palestinesi sono costretti a riparare le poche banconote ancora in giro, anche incollandole.
Nella Striscia di Gaza sta diventando sempre più diffuso un mestiere che racconta meglio di ogni cifra la profondità della crisi: riparare banconote. Con il genocidio che dura da oltre due anni e il blocco imposto da Israele su tutti i confini, l’ingresso di cibo, medicine e beni primari è limitato o ostacolato. L’arrivo di nuovi contanti è completamente vietato, e ciò ha reso le banconote in circolazione un bene raro e prezioso. Senza di esse, i palestinesi non possono acquistare ciò che resta delle poche attività commerciali ancora funzionanti, dove i prezzi sono ormai proibitivi per molti.
A Gaza si usa lo shekel israeliano: per una conversione approssimativa, dieci shekel equivalgono a circa 2,50 euro. Con la moneta sempre più difficile da reperire, ogni foglio di carta diventa degno di essere salvato. BBC News ha descritto nei giorni scorsi le tecniche dei riparatori: righelli, colla vinilica, forbici, matite colorate. La banconota da 20 shekel è rossa, quella da 50 verde, la 100 è arancione e la 200 blu. Vengono pulite, raddrizzate e reincollate con gesti precisi. Mahmoud Abd al-Nabi, uno dei riparatori, ha spiegato al sito israeliano Ynet che spesso lava le banconote con acqua e sapone, prima di lasciarle asciugare al sole.
La riparazione è diventata necessaria anche perché, dall’inizio del genocidio, i bombardamenti israeliani hanno distrutto tutti i 56 sportelli bancari della Striscia. Ne hanno riaperti cinque, ma senza possibilità di ritirare contanti: è possibile solo riattivare vecchi conti o aprirne di nuovi. Prima della guerra, l’80% delle transazioni avveniva in contanti. Oggi chi deve ricevere il salario si rivolge a cambiavalute o intermediari informali, che chiedono commissioni altissime, fino al 40%.
Per questo i riparatori si considerano una sorta di servizio pubblico: chiedono compensi minimi e permettono alle persone di continuare a usare il poco denaro rimasto. Intanto sono nate anche alternative digitali, come gli e-wallet della Bank of Palestine: oltre 500 mila persone oggi li utilizzano, spesso anche senza connessione internet grazie a sistemi via Sms.
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