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Vertice USA-Cina a Kuala Lumpur: l’Indo-Pacifico diventa il nuovo cuore della competizione globale

Dopo l’incontro tra Trump e Xi in Corea, Hegseth e Dong Jun si sfidano in Malesia: l’ombra di Taiwan e il controllo dei mari agitano la nuova “guerra fredda marittima” tra Washington e Pechino.

05 Novembre 2025

Vertice USA-Cina a Kuala Lumpur: l’Indo-Pacifico diventa il nuovo cuore della competizione globale

Fonte: LaPresse

Dialogo armato: la diplomazia delle cannoniere

Il vertice tra Pete Hegseth e Dong Jun in Malesia segna il ritorno di una diplomazia armata, dove il dialogo serve più a misurare le forze che a ridurre le tensioni. Gli Stati Uniti ribadiscono che “difenderanno i propri interessi nell’Indo-Pacifico”, mentre la Cina insiste che la riunificazione con Taiwan è una “tendenza storica inarrestabile”. Dietro i sorrisi di circostanza, si è giocata una partita di deterrenza simbolica: Washington riafferma la propria rete di alleanze regionali – India, Giappone, Filippine, Australia – e Pechino rilancia la narrativa dell’“unità nazionale” come fondamento della propria legittimità interna. La Malesia, scelta come sede, non è casuale: il Sud-Est asiatico è oggi l’epicentro di una nuova guerra fredda marittima, fatta di basi, porti strategici e cavi sottomarini.

Taiwan, l’isola al centro del mondo

Il ministro cinese Dong Jun ha ribadito la linea dura: la riunificazione è “una missione storica” e la Cina “non esclude l’uso della forza”. Dall’altra parte dello stretto, il presidente Lai Ching-te ha replicato da una base militare a Hukou, presentando i primi carri M1A2T Abrams forniti dagli Stati Uniti. Il messaggio è chiaro: Taiwan non accetterà mai il modello “un Paese, due sistemi”. Lai ha promesso di portare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2030, in nome della “pace attraverso la forza”. È un linguaggio che riflette una nuova consapevolezza strategica: l’isola non è più solo un avamposto del mondo libero in Asia, ma anche il cuore tecnologico della sicurezza globale, grazie al dominio nei semiconduttori avanzati.

Trump, Xi e la “tregua armata”

L’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping in Corea del Sud, con l’annuncio di un futuro accordo commerciale, ha aperto uno spiraglio. Ma le dinamiche strategiche restano invariate: gli Stati Uniti cercano un equilibrio tra contenimento e coesistenza, mentre la Cina punta a una proiezione marittima permanente nel Pacifico. Il Pentagono, sotto la guida di Hegseth, ha rafforzato i legami di difesa con l’India e rilanciato il Quad, il formato strategico con Tokyo, Canberra e Nuova Delhi. Per Washington, l’Indo-Pacifico è oggi ciò che il Mediterraneo fu per la Guerra fredda: la linea di frizione tra libertà dei mari e controllo imperiale.

La “guerra delle narrazioni”

Al di là delle manovre militari, la sfida è soprattutto semantica. Pechino spinge le cancellerie occidentali a passare dal semplice “prendere atto” della sua posizione su Taiwan al riconoscerla formalmente. È una battaglia di linguaggio con effetti geopolitici concreti: cambiare una parola nei comunicati diplomatici significa ridefinire lo status quo. L’Occidente, dagli Stati Uniti al Regno Unito, difende invece la distinzione tra “principio di Unica Cina” e “politica di Unica Cina”: la prima appartiene a Pechino, la seconda alla libertà di interpretazione delle democrazie. La guerra delle parole è il preludio a quella dei dati, delle rotte e dei chip.

L’Indo-Pacifico come nuova “frontiera globale”

Dietro la retorica della cooperazione, emerge un mondo sempre più multipolare e competitivo. La Cina costruisce basi navali in Cambogia e Pakistan, consolida la presenza nel Mar Cinese Meridionale e investe nella Marina del Popolo, oggi la più grande per numero di navi. Gli Stati Uniti, dal canto loro, moltiplicano le esercitazioni congiunte e la diplomazia del contenimento flessibile, fondata su accordi bilaterali che evitano escalation ma rafforzano la deterrenza. Il vertice di Kuala Lumpur non segna una distensione, ma un nuovo equilibrio di instabilità: il dialogo continua, ma sotto la minaccia permanente delle armi. Nel linguaggio della storia militare cinese, si direbbe che entrambe le potenze “si preparano alla guerra per evitare la guerra”. E nell’Indo-Pacifico del 2025, questa antica massima risuona più attuale che mai.

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