“Breaking News”: Israele scopre che Gesù non è ancora abbastanza israeliano, indi devono sterminare anche i cristiani

Questa settimana, ospite d’onore: i cristiani di Gaza. E non è uno show per cuori deboli — parola del Jewish Policy Center, che con un post suona più come un avvertimento mafioso che come un’analisi geopolitica: “Se i cristiani di Gaza credono che Israele non farà guerra a Gaza City, si sbagliano. Se vogliono il martirio, beh…”

Beh? Beh COSA, esattamente? Siamo passati da “Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente” a “siete in una zona di guerra, quindi se vi bombardiamo una chiesa è colpa vostra”? Dalle sinagoghe distrutte in Europa alle chiese fatte a pezzi con i missili teleguidati a stelle di Davide, il passo è breve… e tragicomico.

A quanto pare, secondo i nuovi strateghi da salotto Tel Aviv Edition™, una chiesa è solo una base nemica se dentro c’è qualcuno che prega senza indossare l’uniforme giusta. Che poi, suvvia, cosa pretendevano i cristiani palestinesi? Di essere risparmiati in quanto… cristiani? Come se la croce fosse un lasciapassare. Non hanno ancora capito che la nuova liturgia è fatta di F-16 e propaganda?

Ma il vero colpo di scena è l’improvvisa metamorfosi del cristiano da vittima sacra a “bersaglio legittimo”. Immaginate l’imbarazzo in Vaticano: “Scusateci se non abbiamo aggiornato l’Antico Testamento col nuovo regolamento IDF”.

E attenzione, perché la retorica non è più nemmeno velata. È tutto lì, nero su bianco: “Se vogliono il martirio, beh…” – detta con la nonchalance di chi ha confuso l’Apocalisse con un PowerPoint della sicurezza nazionale.

Nel frattempo, in Israele, c’è chi si chiede ancora perché sempre meno cristiani appoggino la loro “lotta per la libertà”. Strano, vero?

La verità, per chi ha il coraggio di guardarla, è che quando la guerra diventa religione e la compassione un optional, anche i crocifissi diventano bersagli.

Ma tranquilli, dicono: è tutto per la sicurezza.

Amen.