03 Agosto 2025
Questo articolo non è basato su opinioni personali ma su precise fonti di diritto internazionale che il sottoscritto mette a disposizione di chiunque voglia visionarle.
Il diritto internazionale contemporaneo infatti riconosce il principio secondo cui i popoli sotto occupazione straniera hanno il diritto di resistere con tutti i mezzi legittimi, inclusa la lotta armata. Questo principio, codificato nelle Convenzioni di Ginevra e nei relativi Protocolli Aggiuntivi, trova le sue radici storiche nelle esperienze di resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, tra cui quella italiana contro l'occupazione nazifascista. Il caso palestinese solleva oggi interrogativi analoghi: se i partigiani italiani furono riconosciuti come legittimi combattenti nella resistenza contro l'occupazione tedesca, perché non dovrebbe valere lo stesso principio per la resistenza palestinese contro quella che l'ONU definisce chiaramente un'occupazione illegale? È questa la domanda.
Le Convenzioni di Ginevra del 1949
Le Convenzioni di Ginevra del 1949 stabiliscono che i membri di movimenti di resistenza organizzati possono beneficiare dello status di prigionieri di guerra, purché soddisfino determinate condizioni: essere comandati da una persona responsabile per i propri subordinati, avere un segno distintivo fisso riconoscibile, portare le armi apertamente e rispettare le leggi e le consuetudini di guerra.
Il Protocollo Aggiuntivo I del 1977
Il momento cruciale per la codificazione del diritto alla resistenza armata arriva con l'adozione del Protocollo Aggiuntivo I alle Convenzioni di Ginevra nel 1977. L'Articolo 1(4) del Protocollo Istabilisce che le situazioni coperte includono "conflitti armati nei quali i popoli lottano contro la dominazione coloniale e l'occupazione straniera e contro regimi razzisti nell'esercizio del loro diritto all'autodeterminazione". In altre parole, tale importante documento ufficiale, consiste in un trattato internazionale che mira a migliorare la protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali. L'Articolo 1(4) è particolarmente significativo perché amplia la portata del diritto internazionale umanitario, riconoscendo che la lotta per l'autodeterminazione può assumere la forma di un conflitto armato che richiede protezione secondo le norme internazionali.
Questo protocollo fu adottato in un contesto internazionale complesso, alla fine della Guerra del Vietnam e nel pieno della Guerra Fredda, quando molti Stati di recente indipendenza richiedevano il riconoscimento delle "guerre di liberazione" come conflitti armati internazionali.
Le Risoluzioni delle Nazioni Unite
La legittimità della resistenza armata contro l'occupazione straniera trova ulteriore conferma nelle risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La Risoluzione UNGA 37/43 del 1982 ha affermato la legittimità della lotta per l'indipendenza, l'integrità territoriale, l'unità nazionale e la liberazione dalla dominazione straniera e dall'occupazione straniera con tutti i mezzi disponibili, inclusa la lotta armata.
La Resistenza italiana, o semplicemente "La Resistenza", consisteva in tutti i gruppi di resistenza italiani che combatterono le forze di occupazione della Germania nazista e i collaborazionisti fascisti della Repubblica Sociale Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale in Italia dal 1943 al 1945. Dopo il settembre 1943, i gruppi partigiani di resistenza erano attivi in tutto il nord e gran parte dell'Italia centrale. I partigiani combattevano tre tipi di guerra: una guerra civile contro i fascisti italiani, una guerra di liberazione nazionale contro l'occupazione tedesca, e una guerra di classe contro le élite dirigenti.
Il Riconoscimento Internazionale
La resistenza italiana fu riconosciuta dalle potenze alleate come una forza legittima di combattimento. Il Feldmaresciallo Harold Alexander rilasciò certificati a coloro che rischiarono la vita assistendo i prigionieri di guerra in fuga, riconoscendo così il carattere legale delle operazioni partigiane.
Lo Status Giuridico dei Territori Palestinesi
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato a stragrande maggioranza per adottare una risoluzione che chiede a Israele di "portare a termine senza indugi la sua presenza illegale" nei Territori Palestinesi occupati. Con un voto registrato di 124 nazioni a favore, 14 contrarie e 43 astensioni, la risoluzione chiede a Israele di conformarsi al diritto internazionale. La Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU del 2016 ha stabilito che gli insediamenti israeliani nei "territori palestinesi occupati dal 1967, inclusa Gerusalemme Est" costituiscono una "violazione flagrante" del diritto internazionale e "non hanno validità legale".
Il diritto palestinese alla resistenza armata
I palestinesi hanno un diritto riconosciuto sotto il diritto internazionale di resistere all'occupazione israeliana secondo il Protocollo I delle Convenzioni di Ginevra. Questo diritto è affermato nel contesto del diritto all'autodeterminazione di tutti i popoli sotto dominio straniero e coloniale. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha espressamente affermato il diritto dei palestinesi di resistere all'occupazione militare israeliana, inclusa la lotta armata.
Entrambi i casi presentano elementi strutturali analoghi:
Tuttavia, esiste una disparità significativa nel trattamento internazionale:
L'occupazione illegale rappresenta un uso illegale della forza (cioè, aggressione). Finché l'occupazione illegale persiste, costituisce, secondo le regole di responsabilità internazionale, un atto illecito continuo, preservando così il diritto continuo all'autodifesa per lo stato/popolo occupato.
In conclusione, l'analisi del diritto internazionale contemporaneo rivela una base giuridica solida per il riconoscimento del diritto alla resistenza armata nei territori occupati, codificata principalmente nel Protocollo Aggiuntivo I alle Convenzioni di Ginevra del 1977 e nelle successive risoluzioni dell'Assemblea Generale dell'ONU.
Il precedente della resistenza italiana durante la Seconda Guerra Mondiale dimostra che la comunità internazionale ha storicamente riconosciuto la legittimità della lotta armata contro le forze di occupazione straniera. Se questo principio fu applicato alla resistenza partigiana italiana contro l'occupazione nazifascista, la coerenza giuridica suggerirebbe che lo stesso principio dovrebbe applicarsi alla resistenza palestinese contro quella che le Nazioni Unite definiscono chiaramente un'occupazione illegale.
La disparità nel riconoscimento internazionale tra la resistenza italiana storica e quella palestinese contemporanea evidenzia le contraddizioni e le applicazioni selettive del diritto internazionale, spesso influenzate da considerazioni geopolitiche piuttosto che da principi giuridici coerenti.
In definitiva, se il diritto internazionale deve mantenere la sua credibilità e universalità, i suoi principi devono essere applicati in modo coerente e imparziale, indipendentemente dalle alleanze politiche o dagli interessi strategici degli Stati più potenti. Il caso palestinese rappresenta un test cruciale per l'integrità del sistema giuridico internazionale e per il principio dell'uguaglianza di tutti i popoli davanti alla legge.
di Eugenio Cardi
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia