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"I bambini uccisi a Gaza sono figli di terroristi”: Davvero, signora Donazzan? I dati la smentiscono

Fra bombe, numeri e propaganda: perché i 16.000 bambini uccisi a Gaza non possono essere ridotti a “figli di terroristi.”

07 Luglio 2025

To Gaza

Gaza

“I bambini uccisi a Gaza sono figli di terroristi usati come scudi umani.”

Questa frase, signora Donazzan, non l’ho sognata io stanotte. L’ha pronunciata lei. Al Parlamento europeo, dove si suppone che chi parla sappia ciò di cui parla.

Non siamo più nell’era in cui bastava gridare “terrorismo” per far chinare il capo a chi ascolta. Non basta infilare nella stessa frase “bambini”, “terroristi” e “scudi umani” perché la realtà si pieghi alla propaganda. Perché vede, signora Donazzan: esistono i fatti. Esistono i numeri. E i numeri, mi creda, sono testardi.

Secondo l’ultimo rapporto ONU sui Bambini nei Conflitti Armati (Children and Armed Conflict, giugno 2025), a Gaza sono state registrate oltre 4.856 violazioni gravi contro minori nel 2024. Bambini uccisi, mutilati, feriti, detenuti. Ma sa quanti, in questo rapporto, risultano “scudi umani” usati da Hamas? Zero. Nessun dato. Nessuna cifra. Nessuna evidenza.

Sa invece dove l’ONU ha trovato casi documentati di bambini gazawi usati come scudi umani? Nell’esercito israeliano, con 22 casi verificati. E non lo dico io, lo scrive The Guardian, 20 giugno 2025. Dati alla mano. Carta canta.

Quanto alla definizione “figli di terroristi”, bastano poche cifre a mostrare la sproporzione di quella frase.

  • L’UNICEF ci dice che a Gaza vivono circa 1 milione di minori, pari al 46% della popolazione.
  • Tra ottobre 2023 e giugno 2025, secondo OCHA, sono morti oltre 16.000 bambini a Gaza, parte di un bilancio complessivo che supera i 37.000 civili
  • Secondo B’Tselem, organizzazione israeliana, la maggioranza di questi bambini è morta in bombardamenti su aree residenziali, non su postazioni militari.

Mi dica, signora Donazzan: davvero lei vuole sostenere che decine di migliaia di famiglie siano tutte “famiglie di terroristi”? Davvero pensa che la maternità o la paternità stabiliscano il destino di un neonato? Che il pedigree familiare trasformi un bambino di tre anni in uno “scudo umano”?

Questa, signora Donazzan, non è retorica. È eugenetica politica, ed è la stessa logica che in altri tempi e in altri luoghi ha scritto le pagine più oscure della storia.

Non ci sono scudi umani. Ci sono bombardamenti.

B’Tselem, ripeto, B’Tselem: un’organizzazione israeliana, non palestinese. Dice che la causa principale dei morti tra i bambini a Gaza sono i raid aerei su edifici abitati. Non scudi umani. Non terroristi di tre anni. Ma bombe. Bombe che cadono su quartieri dove vivono civili, non miliziani armati.

Human Rights Watch parla di attacchi sproporzionati, senza preavviso efficace, in aree civili. E anche Amnesty International lo ripete: la stragrande maggioranza dei bambini uccisi a Gaza non ha alcun legame provato con gruppi armati. Nemmeno indiretto.

Lei, signora Donazzan, dice: “i bambini uccisi a Gaza sono figli di terroristi usati come scudi umani.”

Queste parole sono bombe, perché legittimano chi decide che quei bambini non siano vite da proteggere, ma bersagli accettabili. E legittimano – sia chiaro – il silenzio complice di chi si volta dall’altra parte.

Basta nascere dalla parte sbagliata del mondo e improvvisamente la tua vita è considerata meno di niente.

Dal 7 ottobre, da quando è calato il buio dopo l’orrore del rave party, sono state uccise altre migliaia di persone, civili, la cui interruzione d’esistenza però ha fatto meno scalpore.

La nostra cultura per la vita dovrebbe guidarci verso il dubbio. Dovrebbe farci chiedere se sia giusto annientare un popolo che, a conti fatti, non ha più case, né ospedali funzionanti, né scuole, né acqua potabile. Un popolo che, secondo l’ONU, vive per l’80% sotto la soglia di povertà.

E comunque, questa è l’ipocrisia occidentale. Stendiamo la bandiera ucraina fuori dalle nostre istituzioni e blateriamo dell’importanza dei diritti umani, ma nel frattempo chiudiamo gli occhi di fronte ad altre morti, senza considerare di fatto che ciascuna vita meriti valore.

Un bambino morto è un bambino morto. Non importa il passaporto. Né il cognome. Né il padre.

E quanti bambini vedono le loro case annientate, i loro genitori trucidati, e cresceranno con l’odio negli occhi, di cui noi ci stiamo rendendo complici, con l’unico scopo di vendicare la propria famiglia, perché nella vita non hanno conosciuto altro, neppure un terribile quanto umano atto di gentilezza.

 

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