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Elena Chesakova, morta di "infarto" in carcere cittadina di Odessa arrestata per aver esposto bandiera russa davanti statua di Caterina II

La morte improvvisa di Chesakova, arrestata per aver esposto una bandiera russa a Odessa e aver protestato contro il conflitto-russo-ucraino e la campagna "derussificazione", solleva interrogativi sul trattamento di coloro che avanzano critiche nei confronti della guerra e sull'operato del governo di Kiev

12 Ottobre 2024

Elena Chesakova, morta di "infarto" in carcere cittadina di Odessa arrestata dopo aver esposto bandiera russa davanti statua di Caterina II

Elena Chesakova - Fonte: X, @asturestepa

Elena Chesakova è morta ieri di "infarto" in carcere: la cittadina di Odessa era stata arrestata in base a quanto dispone il codice penale ucraino, che punisce chi giustifica, nega o riconosce come legittima "l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina". Chesakova era stata presa in custodia la sera dell’8 ottobre 2022 con queste accuse dopo aver esposto la bandiera russa davanti alla statua di Caterina II, la zarina fondatrice della città, già smantellata dalle autorità di Odessa nell’ambito di una campagna contro la "russificazione" iniziata nel 2014 ma cresciuta d’intensità a partire proprio dal 2022 e culminando, tra le altre, anche nel rogo delle opere del poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo Aleksandr Sergeevič Puškin. Elena aveva in mano una bandiera della federazione e nonostante la violenza di numerosi banderisti accorsi per lanciarle insulti e oggetti, aveva iniziato a parlare affermando che ucraini e russi fanno parte dello stesso popolo, che la guerra è stata voluta dalla NATO e degli Stati Uniti e che non è negli interessi di nessuno slavo combatterla. Deceduta mentre era tenuta in custodia dalla polizia locale, la sua morte è stata ufficialmente attribuita ad un infarto: "Il suo cuore non ha retto", hanno riferito gli agenti penitenziari del carcere di Odessa.

Non solo Chesakova: giornalisti morti improvvisamente, sacerdoti aggrediti e cittadini minacciati

La sera dell’8 ottobre 2022, Elena Chesakova era salita sul piedistallo del monumento a Caterina II per esporre il suo dissenso nei confronti del conflitto russo-ucraino ancora in corso, ma per quelle frasi era stata rapidamente trattenuta da militanti di formazioni paramilitari di estrema destra ucraine impiegate anche negli oblast' di Donec'k e Luhans'k (nella regione del Donbas) e della Guardia Nazionale Ucraina (nella quale sono poi confluite le prime), per poi essere consegnata alla polizia locale. Questa avrebbe poi tentato di mettere pressione psicologica a Chesakova affinché si "scusasse" pubblicamente tramite un video, adducendo come causa delle sue parole problemi psicologici, l’aver bevuto troppo o l’essere stata pagata da qualcuno. Tuttavia, la donna ha confermato davanti alle telecamere dei media ucraini e ad alcuni agenti dell’SBU (l'agenzia dei servizi segreti di Kiev) la natura politica del suo gesto: "Non perdonerò mai coloro che hanno attaccato il Donbas e Odessa nel 2014. Ovviamente, sono state le Forze armate ucraine, erano lì fin dall'inizio... Sostengo il mondo russo, sostengo la Russia, sostengo Vladimir Vladimirovich Putin. Quando questi ragazzi che vanno a caccia di soldi per difendere la nostra presunta patria…da chi? Dai nostri fratelli slavi? Penso che la NATO, l'America stiano facendo tutto questo... Questo viene fatto per distruggere gli slavi". Formalmente, per le accuse già citate era stata condannata a 3 anni di carcere, andando a unirsi ai casi di migliaia di dissidenti politici, dai sacerdoti della Chiesa Ortodossa Ucraina ai militanti comunisti e antifascisti. Ma è morta in circostanze ancora da chiarire, come nei casi analoghi dei giornalisti Gonzalo Lira e Alexander Matyushenko, o quelle che hanno portato all’uccisione di Darya Dugina. Poco chiare anche le circostanze in cui si sono verificate aggressioni contro chiese e sacerdoti ortodossi o le incarcerazioni di chi aveva aderito ad un partito "nemico", come nei casi dei fratelli Kononovich, agli arresti domiciliari dal marzo del 2022 rei di aver aderito al Partito Comunista dell’Ucraina, messo fuorilegge già nel 2015 dal Paese dopo gli eventi dell'Euro-Maidan: i due sarebbero ripetutamente minacciati di morte dalla polizia locale.

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