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Funerali Berlusconi, Putin ed i delegati di Mosca non vengono invitati. Contro il presidente russo c'è ancora un mandato d'arresto internazionale

Nessun rappresentante russo è stato invitato ai funerali di Berlusconi, men che meno Putin, contro cui pende ancora un mandato d'arresto internazionale

15 Giugno 2023

Funerali Berlusconi, Putin  ed i delegati di Mosca non vengono invitati. Contro il presidente russo c'è ancora un mandato d'arresto internazionale

fonte: Twitter @monicaguerzoni

Il ruolo pubblico di Silvio Berlusconi non poteva non fare del suo funerale un evento in cui il profondo raccoglimento personale delle migliaia di presenti si accompagnasse alla proiezione della traiettoria politica del nostro Paese, interna ed estera. E così è stato, con scelte dal punto di vista delle partecipazioni e degli inviti che hanno rispecchiato calcoli considerabili insensibili dai critici, ma che in realtà non rivelano altro che la necessaria freddezza istituzionale nella tessitura delle relazioni pubbliche.

Il Funerale di Stato come immagine del proprio posizionamento e traiettoria

Dal punto di vista delle forze parlamentari nazionali, in molti osservatori hanno sottolineato l’assenza di Conte, molto probabilmente motivata dalla volontà di presentarsi all’elettorato di centro sinistra vestendo i panni della dura e pura, in un certo senso giacobina, opposizione al Cavaliere. Un modo per contrapporsi così all’avversario con cui contende il ruolo di guida dell’opposizione, il Segretario Dem Elly Schlein, non solo presente alla funzione, ma anche accompagnata da una delegazione del suo partito. E magari grattare al PD i voti di alcuni dei suoi sostenitori che ritengono Funerali di Stato e Lutto Nazionale un’esagerazione per l’ex premier.

Calcoli freddi, che appaiono insensibili a chi la politica non la vive, ma che si riflettono senza imbarazzo alcuno nelle azioni del potere. Ecco quindi che anche l’addio ad un amico personale, come era stato Berlusconi per molti dei convenuti, resta soggetto alle rigide regole dei cerimoniali. Si pensi a Matteo Salvini, con il quale il Cavaliere - certamente con alti e bassi - ha condiviso con orgoglio anni di esperienza politica, costretto a sedere dietro all’ex premier tecnico Mario Monti, il cui rapporto con il leader forzista era tutto fuorché amichevole, solo perché il bocconiano era stato presidente del Consiglio, e come tale guadagna un posto privilegiato ai Funerali di Stato.

Di nuovo, freddi calcoli schematici, che ignorano i personali rapporti dell’uomo, quell’uomo citato dall’Arcivescovo Delpini durante l’omelia, perché in quel momento la cerimonia era quella di un politico, la personificazione di un’idea pubblica, il momentaneo sfogo di un’immagine istituzionale.

È secondo questi criteri che vengono mosse anche le relazioni al di là dei confini. Non si basano gli inviti ai capi di stato stranieri sulla base della personale vicinanza di questi con il defunto, ma sulla base dei rapporti tra le rispettive nazioni di appartenenza. Non è un caso se seduto in prima fila, alla sinistra del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, più vicino al feretro di quanto non fossero gli alleati di governo (tra cui il premier Meloni), c’era un ospite straniero con il quale Berlusconi non aveva mai avuto molto da condividere, l’emiro del Qatar Tamim Al Thani (si era parlato in passato del tentativo da parte del qatariota di comprare il Milan e, pare, Villa Certosa, ma non se ne fece nulla). Un evento politico, il funerale di Berlusconi, per il quale è conveniente avere come ospite d’onore un uomo in grado di sostenere gli interessi nazionali. In Libia, ad esempio.

L’assenza di Vladimir Putin

Il necessario filtro del pubblico servizio, da applicare alla cerimonia svoltasi in Duomo, si applica, a traiettoria inversa rispetto a quanto avvenuto per Al Thani, anche nei confronti di un altro personaggio sulla cui partecipazione si è molto speculato dopo la notizia della morte del Cavaliere.

Vladimir Putin è stato probabilmente il capo di Stato con il quale Berlusconi ha stretto i più forti rapporti d’amicizia durante la sua carriera politica. Nonostante ciò possa suscitare scandalo oggi, dopo più di un anno di guerra, è fondamentale ricordare quanto i rapporti interpersonali tra i due leader fossero in passato apprezzati anche tra molti alleati occidentali, soprattutto al di là dell’Atlantico, felici di trovare in Roma una sponda attraverso cui mediare con Mosca. Il rapporto con Putin, non venne mai nascosto, era profondo, e sincero: si pensi al risalto che il trapasso dell’ex premier ha avuto sui canali di informazione russa, con edizioni straordinarie e comunicati ufficiali del Cremlino che esprimevano le più sentite condoglianze a tutta l’Italia, un Paese che, di fatto, sostiene contro la Federazione una guerra per procura.

In altri momenti della storia, senza la pesantezza della dogmatica simbologia di un pubblico evento come quello svoltosi in Duomo, è facile immaginare il Presidente russo seduto nella navata centrale, a salutare il vecchio amico. Ma non è questo il caso, perché Berlusconi è stato un uomo, l’Arcivescovo ha ragione, e come tale si presenterà al Giudizio Ultimo, ma chi resta qui continuerà a rapportarsi ancora per un po’ con i propri simili, siano essi individui o nazioni. L’affetto personale ad un Funerale di Stato passa in secondo piano rispetto all’equilibrio normato dei poteri: nessun invito per Putin, nessun invito per alcun rappresentante di Mosca, nemmeno per l’ambasciatore russo in Italia.

Berlusconi è stato, nonostante il veleno sputato in questi giorni da alcuni commentatori, rappresentante della Nazione. Così il suo funerale diventa rappresentazione della direzione della Nazione stessa. In questa fase della nostra storia, piaccia o meno, il fronte su cui l’Italia è posta è avverso a quello della Nazione di cui Putin è rappresentante. Non basta quindi un’amicizia sincera per dare l’ultimo addio, perché questo è il gioco della storia. Se fosse giunto in Italia per salutare il Cavaliere, Putin sarebbe stato arrestato, contro di lui c’è da marzo un mandato d’arresto della corte penale internazionale, un’evenienza che né Roma né Mosca avrebbero gradito. Ancora una volta, freddezza degli ingranaggi dei rapporti internazionali, che ignorano il calore delle vite umane, eppure mantengono nei secoli il rapporto delle Nazioni, una realtà di cui il Presidente russo, nonostante il dispiacere, è consapevole. Così come lo era il Cavaliere.

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