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Corte Ue, arriva una sentenza storica: "Vietare il velo islamico al lavoro non è discriminazione"

La decisione è arrivata oggi dopo che i membri della Corte europea hanno discusso del caso di una donna belga di fede musulmana alla quale era stato negato un contratto di tirocinio dopo il suo rifiuto di togliersi il velo

13 Ottobre 2022

Corte Ue, arriva una sentenza storica: "Vietare il velo islamico al lavoro non è discriminazione"

fonte: imagoeconomica.it

La Corte europea si è espressa: "Vietare il velo islamico alle donne sul luogo di lavoro non è un atto di discriminazione". La decisione è arrivata oggi, giovedì 13 ottobre 2022, dopo che i membri della Corte europea hanno discusso del caso di una donna belga di fede musulmana alla quale era stato negato un contratto di tirocinio dopo il suo rifiuto di togliersi il velo alla richiesta dell'azienda. Così la donna aveva fatto partire una denuncia.

Corte Ue: "Vietare il velo islamico al lavoro non è discriminazione"

La Corte Ue ha deciso di dare ragione all'azienda finita al centro del dibattito. "La regola interna di un'impresa che vieta di indossare in modo visibile segni religiosi, filosofici o spirituali non costituisce una discriminazione diretta se applicata in maniera generale e indiscriminata". Questo è stato stabilito. Sono cadute così dunque tutte le accuse di discriminazione mosse dalla donna belga di fede musulmana all'azienda presso la quale avrebbe dovuto svolgere un tirocinio.

"La religione e le convinzioni personali - hanno osservato i giudici di Lussemburgo - non devono essere considerate un solo e unico motivo di discriminazione, altrimenti pregiudicando il quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro stabilito dal diritto dell'Unione Europea".

Ma - si legge nella sentenza di oggi della Corte Ue - "una disposizione di un regolamento di lavoro di un'impresa che vieta ai dipendenti di manifestare verbalmente, con l'abbigliamento o in qualsiasi altro modo, le loro convinzioni religiose o filosofiche, di qualsiasi tipo, non costituisce, nei confronti dei dipendenti che intendono esercitare la loro libertà di religione e di coscienza indossando visibilmente un segno o un indumento con connotazione religiosa, una discriminazione".

Questo, spiegano ancora i membri della Corte europea, solo a condizione che "la disposizione sia applicata in maniera generale e indiscriminata". In questo caso, sottolineano infine i giudici, la richiesta "non istituisce una differenza di trattamento fondata su un criterio inscindibilmente legato alla religione o a tali convinzioni personali".

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