31 Maggio 2021
Quando si cita alla politica del figlio unico si pensa immediatamente alla Cina, in particolare alla misura introdotta dall'allora "grande timoniere" della Repubblica Popolare, Mao Zedong. Già qualche anno fa, nel 2015, il governo di Pechino aveva aperto alla possibilità di fare un secondo figlio. Ora, dopo soli sei anni, il Partito comunista è costretto a mettere di nuovo mano a un principio che un tempo appariva scritto sulla pietra. Dai prossimi mesi sarà infatti consentito alle famiglie di avere tre figli.
Ma perché si è arrivati a questa storica svolta? Molto semplice, per quanto possa sembrare strano visto che stiamo parlando di un paese con oltre un miliardo e mezzo di abitanti, la Cina teme di entrare in una crisi demografica. I risultati dell'ultimo censimento, i cui risultati sono stati annunciati a metà maggio, parlano chiaro. Nel primo anno della pandemia da coronavirus si sono registrate 12 milioni di nascite, il 18% in meno rispetto alle 14,65 milioni del 2019 e il valore più basso degli ultimi 60 anni.
Il rallentamento della crescita è particolarmente evidente se quello 0,53% viene raffrontato al 5,83% emerso dal censimento del decennio precedente. Secondo le proiezioni, ogni donna cinese avrà in media 1,3 figli nel corso della propria vita, il tasso di fertilità più basso al mondo fatta eccezione per Corea del sud, Singapore, Malta, Spagna, Italia e Ucraina. Insieme alle nascite cala anche il numero di donne in età fertile, mentre aumenta il grado di invecchiamento.
Nell'ultimo decennio, i cittadini cinesi over 60 sono aumentati del 5,44%, arrivando a 264 milioni: ciò significa che il 18,7% della popolazione cinese ha più di 60 anni. L'innalzamento dell'età media ha conseguenze sociali ed economiche. Si va restringendo, infatti, la popolazione nella fascia d'età lavorativa. Stando a un rapporto della China Development Research Foundation, nel 2050 gli over 60 sono destinati a raggiungere le 500 milioni di unità, quasi un terzo della popolazione complessiva.
L'invecchiamento rischia di avere pesanti ripercussioni non solo sulla produzione industriale, ma anche sui consumi interni, che Xi Jinping sta cercando di stimolare ulteriormente con la strategia della "doppia circolazione" e con il nuovo piano quinquennale. Il basso tasso di natalità rischia di rallentare anche il sorpasso della Cina agli Stati Uniti, che hanno sopperito ai nodi demografici importando forza lavoro dall'estero. Secondo le proiezioni dell'istituto di credito, la popolazione cinese è destinata a diminuire di 32 milioni di persone da qui al 2050, al contrario negli Stati Uniti se ne aggiungeranno altri 50 milioni.
Ecco perché, ora, il governo di Pechino ha scelto di eliminare un'ulteriore restrizione per consentire alle famiglie di avere tre figli e così contrastare invecchiamento della popolazione e bassa natalità. Ma non sarà così semplice. La svolta legislativa dovrà essere accompagnata da un'ulteriore svolta politica e culturale, visto che i cinesi sono sempre stati abituati a vivere con famiglie a figlio unico e, anzi, con l'innalzamento del tenore di vita e di istruzione si sposano sempre più tardi e fanno sempre meno figli. Per questo la politica dei tre figli sarà accompagnata da "misure di sostegno" economiche. L'impresa non sarà semplice.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia