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Crisi energetica e "patrimoniale ucraina". Necessità di un'analisi differenziata

01 Settembre 2022

Crisi energetica e "patrimoniale ucraina". Necessità di un'analisi differenziata

Claudio Togna

L'imposta patrimoniale, vagheggiata da alcuni e ferocemente osteggiata da altri è, con la forza della realtà effettuale, già introdotta nella nostra economia.

Non per scelta politico-ideologica ma come ineludibile risultato del combinato disposto dell'inflazione e del rincaro dell'energia in dipendenza della guerra scaturita dall'invasione della Federazione Russa nei confronti dell'Ucraina.

Un atlantismo massimalista e più istintivo che ragionato ha portato l'Europa ad assumere oltre all'inevitabile allineamento con gli Stati Uniti a difesa della nazione aggredita sotto forma di aiuto militare sanzioni progressive di carattere economico fondate più su base emotiva che non su pianificazione razionale da economia di guerra.

La dipendenza, sia pure asimmetrica, dei paesi europei dal gas russo (in particolare Germania ed Italia) era assolutamente nota come nota era la difficoltà di sostituire non prima di un arco temporale misurabile in lustri (e non in anni) la dipendenza dal gas russo mediante diversificazioni sia delle fonti di approvvigionamento che  delle fonti stesse anche rompendo ormai logori tabù in ordine alla ripresa delle estrazioni e del nucleare pulito di nuova generazione.

L'Ucraina, e l'atlantismo, richiedeva all'Europa solidarietà attiva per difendere la propria integrità territoriale e non certo il sacrificio e la desertificazione delle economie europee.

Soprattutto visto che la Federazione Russa, sia pur riducendolo, non aveva mai mancato di erogare i quantitativi di gas necessari e sufficienti.

Sarebbe stato quindi sufficiente da parte dell'Europa una graduazione delle sanzioni adeguata alla effettiva sostituzione delle fonti di approvvigionamento: e ce ne sarebbe stato il tempo visto che tutti gli analisti (quasi un miracolo) concordavano nel ritenere che la guerra sarebbe stata di "attrito" e di durata non preventivabile ma sicuramente misurabile in anni se non decenni.

Il rincaro folle dei prezzi dell'energia (e quindi delle bollette) unita ad una inflazione "galoppante" rappresenta la vera patrimoniale di guerra che grava indistintamente su tutti i cittadini qualunque sia il ceto sociale e la condizione economica.

Certo il massimalismo di appartenenza atlantista non ha aiutato.

Come già ricordava Gramsci (in Marco Revelli - Antonio Gramsci - Il popolo delle scimmie) occorrerebbe effettuare sulle sanzioni alla Federazione Russa (figlie legittime dell'atlantismo massimalista) una "analisi differenziata".

Metodo che consiste (e cito sempre Revelli) nella "consapevolezza di dover cogliere le particolarità nazionali dei fenomeni politici nel quadro dei (e in relazione ai) processi mondiali dominanti l'epoca storica considerata."

Un approccio particolarmente fecondo che implicitamente impone il rifiuto dello schematismo e della generalizzazione.

Non si tratta quindi della ribadita, e ormai stucchevole, formula della distinzione tra aggressore ed aggredito.

Bensì di un'analisi, peraltro in corso, sulla necessità della ripresa della diplomazia non tanto e non solo per una regolamentazione della fine della guerra guerreggiata quanto della visione strategica di una Federazione Russa consegnata definitivamente (in funzione ancillare) alla Repubblica Popolare Cinese e con inevitabili partnership con l'India e con l'Iran (anche sotto il profilo dello sviluppo del nucleare).

Sarebbe necessaria, in buona sostanza, una transizione di fase da un atlantismo massimalista ed autolesionista ad un atlantismo "maturo" che nella difesa intransigente delle ragioni degli aggrediti sappia trovare equilibrio diplomatico di assetti  tra stati che non conducano alla propria desertificazione industriale.

Molti commentatori, sbagliando e spesso in malafede, attribuiscono alla Presidente Giorgia Meloni ed al suo partito  improbabili collegamenti di continuità con il defunto regime fascista.

La democraticità della Presidente Meloni e del suo partito all'interno delle forze costituzionali non ha bisogno di difese per difendersi da simili deliranti sciocchezze.

Ma è la crisi energetica con il declassamento dei ceti medi  comportante lo sradicamento e lo spostamento di grandi masse di piccola borghesia prima illusa e poi tradita dai comportamenti politici il vero pericolo.

Come rilevava, non senza amaro lungimirante sarcasmo, Trockij (Revelli - opcit introduzione XXX) "...il piccolo borghese imbestialito è anticapitalista e antiproletario al tempo stesso soprattutto quando è in balia delle cosiddette "forze elementari": potenze corrosive...come la fame, il freddo, la paura cieca e folle dell'incomprensibile".

Tempesta di cui non conosce le leggi, la direzione esatta e la durata approssimativa.

Senza un'azione politica che sappia cogliere ed interpretare il passaggio dall'atlantismo massimalista ad un atlantismo maturo sarà il combinato disposto dell'inflazione, della crisi energetica, della stagflazione e della desertificazione industriale che fornirà carburante per un processo "dissolutivo" di cui è difficile presagire la portata.

 

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