02 Aprile 2022
Guerra e inflazione: due parole che oggi spaventano particolarmente mercati e imprenditori. Solo l’8,9% dei 300 manager ed esperti che partecipano alla 33° edizione del workshop “Lo scenario dell’economia e della finanza” organizzato da The European House – Ambrosetti ritiene che il conflitto in corso impatterà in modo minore sul proprio business.
La testata Il Piccolo riporta che, dall'edizione primaverile dell’Ambrosetti dedicato alla finanza internazionale emerge un quadro sfaccettato: i primi due televoti hanno visto una netta polarizzazione verso la negatività. Alla domanda sulla gravità dell’impatto della guerra fra Russia e Ucraina in relazione al business delle loro imprese, il 19% lo reputa molto grave mentre è "moderatamente preoccupato" il 21,5% dei partecipanti. Appena l’8,9% ritiene che il conflitto impatterà poco sul business, scrive Fabrizio Goria.
«Dobbiamo capire che il 24 febbraio scorso il mondo è cambiato. Gli equilibri sono mutati, i giochi di forza a livello geopolitico hanno subìto delle variazioni, e quello che sarà il mondo del 2030 non sarà lo stesso che potevamo pensare fino alla fine dello scorso anno».
A proposito delle sanzioni imposte alla Russia il 55,6% dei partecipanti le reputa «giuste» mentre il 30,2% ritiene che «non bastano e dovrebbero essere più severe». Solo il 6,4% afferma che sono troppo dure e andrebbero alleggerite. «Stiamo facendo la cosa giusta, e non c’è assolutamente alcun dubbio che dovremmo intensificare le sanzioni, chiudere tutte le scappatoie legali attualmente in corso, evitare di comprare e mercanteggiare con Mosca», spiega un banchiere di lungo corso in anonimo. «Il problema non sono solo le sanzioni finanziarie, si tratta di chiudere i rapporti con la Federazione Russa. Per una questione di principio? No, per una questione di etica e coerenza con il resto del mondo», continua. E «poco importa» se l’Europa non è indipendente dal punto di vista energetico, risponde al primo un secondo banchiere nella lobby di Villa d’Este. «Non possiamo negoziare coi criminali», afferma il secondo, rimarcando come «sebbene sia difficile», essere indipendenti da Mosca «dovrebbe essere la priorità numero uno».
Il secondo televoto del workshop sui rischi per gli investimenti nel mondo post-Covid, dalla geopolitica all’inflazione porta a galla maggiori preoccupazioni. «L’esplosione dei prezzi delle materie prime, dell’energia e della logistica (38,2%) e la guerra russo-ucraina (20,6%) sono, per i manager intervenuti, i fattori che più possono avere impatti negativi sul business, seguiti da pandemia sanitaria (8,8%), rallentamenti della globalizzazione (8,8%) e crescita dei tassi di interesse (8,8%)», spiega il rapporto.
A proposito dei programmi per investimenti per il 2022 emerge un orientamento espansivo rispetto all’ultimo triennio: «Il 31,9% ha indicato aumenteranno del +10%, il 20,2% afferma che verranno incrementati fra il 10 e il 20%, mentre il 17% prevede un incremento di oltre il 20%». Nota positiva, dalla platea, per Roma. Con il 47,5% delle preferenze, fatto notare i rispondenti, «l’Italia è indicata come l’area nel quale si investirà maggiormente nel 2023, seguita da Europa (23,9%) e Nord America (15,2%)».
Le decisioni di politica monetaria rappresentano un'altra fonte di preoccupazione: la Banca centrale europea (Bce) si trova in una situazione complicata, perché - come spiegano fonti interne - "non è possibile creare delle stime precise e tempestive". Il problema è che lo scenario avverso prevede un’inflazione al 7,1% nel 2022, circa due punti in più rispetto allo scenario di base. Un quadro sempre più reale.
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