31 Gennaio 2022
Duccio Vitali
In Italia il 21% delle società quotate in Borsa non ha ancora avviato un percorso di trasformazione digitale. E’ quanto emerge dallo studio condotto da Alkemy, che misura il grado di maturità digitale delle società di Piazza Affari. Nonostante l’esigenza di digitalizzare processi e servizi, solo il 26% delle nostre aziende è “full digital”. Con quali strumenti quindi il nostro Paese di prepara a gestire le risorse che il PNRR metterà a disposizione per la digitalizzazione del Paese?
Duccio Vitali, Amministratore Delegato di Alkemy, e Federica Lambicchi, Marketing, Strategy & Alliance Director di Alkemy, presentano le evidenze emerse dalla ricerca a partire dai settori che hanno fatto maggiore ricorso al digitale.
Digital Trasformation. Quali saranno le categorie di prodotti e servizi più a rischio o favoriti? Come evolveranno i consumer needs, le abitudini di spesa e i modelli di consumo?
Coerentemente con quanto detto sulle tre fasi della trasformazione digitale e sul fatto che c’è stata un’importante crescita della fase in cui le aziende iniziano a utilizzare il digitale non tanto come leva operativa o tattica ma come elemento strategico del modello di business (ricordiamo che il 26% si trova in questa fascia), la parte iniziale di questo percorso è senz’altro la parte di strategia e di consulting.
Abbiamo sempre più progetti in cui l’Amministratore Delegato richiede di disegnare il customer journey, ovvero la digital roadmap utile a comprendere come, grazie a digitale, innovazione e tecnologia, l’azienda può rendere più competitivo il modello di business.
Il tema dei big data e analitcs sta crescendo moltissimo, crediamo sia la competenza che cresce maggiormente ed è sempre più rilevante per le aziende, che stanno cogliendo l’opportunità offerta dal digitale allargando il numero di touchpoint per la raccolta dei dati, utili per prendere decisioni migliori. Un’altra importante componente è quella del digital marketing, ovvero l’utilizzo delle piattaforme digitali per acquisire clienti, lead, vendere prodotti e altro. Sono queste le categorie di servizi che stanno crescendo di più.
Giudica sufficienti le risorse messe in campo con il PNRR per rendere possibile la rivoluzione digitale? Come possono le aziende cogliere a pieno questa possibilità?
Le risorse sono sicuramente adeguate. Dei 194 miliardi messi a disposizione dal PNRR, 40 miliardi sono per il digitale, di cui 16 per la Pubblica Amministrazione e ben 24 a disposizione delle aziende. Le risorse ci sono ma il tema vero sono i soggetti, ovvero chiedersi se le aziende sono mentalmente pronte a utilizzare queste risorse per cogliere l’opportunità di trasformare il modello di business e, dall’altro lato, se hanno le competenze per fare questo passaggio. La sfida è lì, ma dal punto di vista delle risorse ci siamo.
Per quanto concerne invece il tema delle competenze, come poter arrivare pronti all’imminente rivoluzione che sta già impattando sul mondo del lavoro?
Questo è l’anello più critico. Le risorse ci sono, così come le tecnologie, sempre più disponibili, performanti e a buon prezzo, ma il tema vero è quello delle competenze. Sia dal lato aziende, ovvero avere le competenze interne per gestire i processi una volta digitalizzati, sia dal lato offerta, ovvero aziende capaci di aiutare altre aziende per migliorare. Questo è l’elemento decisivo, non soltanto per poter sfruttare appieno le risorse che verranno messe in campo dal PNRR, ma perché è l’elemento strategico su cui bisogna puntare per il futuro del Paese. Noi di Alkemy per esempio abbiamo costituito un’Academy interna per formare ragazzi che hanno appena terminato il percorso universitario che molto spesso non sono ancora pronti a mettere in pratica queste competenze. Li formiamo noi internamente, ma sicuramente è un tema su cui ragionare perché è molto importante per il Paese.
Quale sarà il ruolo di Alkemy e su cosa punterete in questo 2022?
Noi aiutiamo le aziende, sia nella parte iniziale di livello strategico, in modo da comprendere come il digitale possa rendere più competitivo il business, sia nella fase di implementazione, quindi nella realizzazione di piattaforme tecnologiche e digital touchpoint. Le aziende ci chiamano per fornire risorse e competenze che gestiscano i processi una volta digitalizzati. Competenze nell’ambito dei data, digital marketing e delle piattaforme che usiamo. Sempre più diventiamo quasi un outsourcer per colmare questo gap delle aziende.
Digitalizzazione e quotate italiane. Alkemy ha realizzato uno studio per misurare il loro livello di digitalizzazione. Può riassumere i dati più significativi che sono emersi dal report?
Come Alkemy abbiamo sviluppato uno studio che permette di misurare il grado di digitalizzazione delle principali società quotate alla Borsa di Milano, con un grado di capitalizzazione sopra il 50% della media di settore. Il dato più interessante sta nella distribuzione delle code laterali della nostra picture: da un lato troviamo un quinto delle aziende che ancora oggi sono in una fase che chiamiamo “poor digital”, ovvero non hanno ancora iniziato un percorso di digitalizzazione e trasformazione e non utilizzano alcun canale digitale per far avanzare il loro business. L’altra coda interessante, purtroppo di nuovo assottigliata, è la coda destra. Qui troviamo solo un quarto di aziende - ancora molto poche - che invece hanno intrapreso un vero e proprio percorso di digitalizzazione. Sono nella fase “full digital” e hanno saputo integrare il digitale per modificare il proprio modello di business. Dobbiamo tuttavia dire che, sebbene le code siano assottigliate, c’è stato un miglioramento rispetto allo studio che abbiamo fatto nel 2018 che contava solo l’11% di aziende “full digital”.
Nello specifico perché, da quanto è emerso, le aziende (circa il 53%) che hanno intrapreso una trasformazione digitale non ne hanno tratto beneficio? In che modo Alkemy potrebbe supportare queste aziende?
La concentrazione maggiore delle aziende si trova in una seconda fase, che noi chiamiamo “segregate digital”, ovvero hanno iniziato a utilizzare qualche leva offerta dal digitale. Parliamo, quindi, di un iniziale utilizzo di canali online per parlare ai propri clienti ma senza, effettivamente, aver compiuto un vero e proprio percorso di digitalizzazione. I temi principali sono due: uno è la mancanza di consapevolezza dell’importanza del digitale e l’altra, ben più importante, è la mancanza di competenze. Proprio in questo ambito, come Alkemy siamo sempre più chiamati ad aiutare le imprese ad avviare questo processo. Sempre più spesso infatti le aziende, ci chiedono di fornire servizi e competenze in outsourcing per aiutarle a evolvere il proprio modello di business.
Quali settori hanno fatto maggiore ricorso al digitale?
Per il secondo anno consecutivo, già nel 2018 a capofila della guida digitale dell’Italia, troviamo i financial services e, subito dopo, le utilities. Entrambi i settori hanno investito molto soprattutto in innovazione, canali digitali offerti ai clienti e social caring in tutte le piattaforme. In particolare, da un lato già da diversi anni i financial services hanno avviato un percorso di integrazione digitale, accelerato sicuramente dalla pandemia in corso e dalle proposte di riduzione degli sportelli bancari. Dall’altra parte il settore delle utilities, che storicamente lotta per uscire dal mondo delle commodity, ha saputo accelerare grazie alla pandemia le strategie di comunicazione digitali e investimenti in web marketing per raggiungere e avvicinarsi maggiormente ai propri clienti finali.
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