26 Marzo 2021
Fonte: lapresse.it
Più di un anno di pandemia ha lasciato il suo segno: nelle imprese, nei lavoratori, nelle famiglie. Un conto salato che parla di oltre 43 miliardi di debiti per famiglie ed attività economiche, 456mila occupati in meno, 5,2 miliardi di incassi per le tasse locali e, soprattutto, 369mila nuclei familiari in più in condizioni di forte indigenza. Numeri, a dir poco preoccupanti, messi nero su bianco da Demoskopika, ideatrice dell’Iser, indice di sofferenza economica regionale. Le Regioni a pagare più caro il prezzo della pandemia, ad oggi, sono: Piemonte, Veneto, Trentino-Alto Adige, Liguria e Calabria.
"La crisi pandemica non ha colpito in modo uniforme tutte le economie locali. Gli indicatori osservati e sintetizzati dall’indice di sofferenza economica regionale evidenziano che alcuni sistemi regionali stanno soffrendo in maniera più elevata rispetto ad altri. Anche se per tutti l’allarme è indubbiamente rosso" ha dichiarato il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio. “La nuova ondata torna a far impennare la curva della preoccupazione di famiglie e imprese producendo una frenata alla natalità imprenditoriale e incrementando i bisogni di liquidità di famiglie e imprese. E ciò genera, nonostante le azioni di mitigazione dei provvedimenti pubblici, un ampliamento ulteriore del livello d’indebitamento e di impoverimento del sistema economico e sociale. Sarà fondamentale comprendere come i sistemi locali reggeranno, in termini di sostenibilità, l’impatto della fine, ad esempio, del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione, della moratoria su prestiti, mutui e finanziamenti, delle misure di trasferimento di risorse aggiuntive agli enti locali" ha affermato ancora Del Rio.
I sistemi che più hanno sofferto sono stati quelli di alcune regioni del nord, in particolare Piemonte, Veneto e Trentino sono risultate le più in difficoltà. Nel dettaglio a influire negativamente sul posizionamento in vetta alla classifica sono stati prioritariamente l’andamento dei prestiti alle imprese per il Piemonte che ha registrato un incremento di oltre 9,2 miliardi di euro pari al 19 per cento rispetto al 2019, la crescita del 2,7 per cento dell’incidenza della povertà relativa per il Veneto quantificabile in oltre 56 mila nuovi nuclei familiari in condizione di forte disagio economico e, infine, il maggiore indebitamento delle famiglie per il Trentino-Alto Adige con una crescita del credito al consumo pari a 46 milioni di euro (+3,4%). Risultano abbastanza in difficoltà anche i sistemi di Liguria, con una contrazione della natalità imprenditoriale pari a quasi 2 mila nuove imprese (-21,2 per cento) e Calabria, con una flessione quantificabile in oltre 23 mila occupati in meno (-4,3%).
Preoccupa, come già anticipato, la povertà relativa: con un aumento di 369 mila famiglie in questa condizione. In particolare, aumenterebbe del 2,1 per cento l’incidenza delle famiglie con difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi, sul totale dell’universo dei nuclei familiari italiani: si passa dall’11,4 per cento del 2019 al 13,5 per cento del 2020. A fare sensazione è che sono tutte del Nord le realtà territoriali con la maggiore incidenza della povertà relativa. In particolare, sono oltre 56 mila, con un incremento dell’area del disagio economico pari a 2,7 punti percentuali, i nuclei familiari del Veneto piombati, causa crisi pandemica, nella condizione di povertà relativa. A seguire la Liguria con oltre 18 mila famiglie, pari ad una crescita di 2,4 punti percentuali e il Piemonte con circa 40 mila famiglie, pari ad un incremento di 2 punti percentuali. In direzione opposta, sono tutti nel Mezzogiorno, i sistemi regionali con un incremento meno rilevante del fenomeno: Sardegna con oltre 3,6 mila famiglie (+0,5 punti percentuali) e, infine, Molise, Abruzzo e Basilicata rispettivamente con 786 nuclei familiari, 3,4 mila nuclei e 1,4 mila nuclei con un’incidenza della povertà relativa sul totale delle famiglie per ciascuna regione pari allo 0,6 per cento.
Male l’occupazione in particolare nel mezzogiorno. Secondo gli ultimi dati dell’Istat su base regionale, nel 2020 gli occupati hanno registrato una brusca frenata pari al 2 per cento: oltre 456 mila individui con un’occupazione in meno di cui più della metà (55%) ha riguardato soggetti con un posto di lavoro a tempo pieno. Una situazione ancora più evidente se confrontata al biennio precedente: nel 2019, in particolare, si è registrata una crescita pari allo 0,6 per cento rispetto all’anno precedente, quantificabile 145 mila nuovi occupati a tempo pieno e parziale mentre nello stesso periodo del 2018 l’incremento è stato pari allo 0,8 per cento con 192 mila occupati in più.
A livello regionale, sono sette i sistemi regionali ad aver perso di più occupati: Sardegna con una contrazione pari al 4,6 per cento (-27.224 occupati), Calabria con il 4,3 per cento (-23.472 occupati) e Molise con il 3,0 per cento (-3.280 occupati). Seguono Piemonte con il 2,8 per cento (-51.503 occupati), Veneto con il 2,4 per cento (-51.553 occupati).
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