08 Agosto 2025
Un artista sia concettuale che sperimentale, Kevin Abosch, che regala al pubblico della Pinacoteca di Brera, sede di Palazzo Citterio, un'opera di arte digitale che da una parte omaggia l'Osservatorio Astronomico di Brera e dall'altra è pensata proprio per lo schermo dell'area accoglienza della nuova sede museale di Brera, dedicata alle collezioni Jesi Vitali sull'arte del Novecento. Partiamo dal titolo: Parallax. Un nome affascinante e provocante in quanto il fenomeno ottico-fisico della parallasse (per cui le stelle non si ingrandiscono mai, ad occhio nudo come al telescopio) tormenta gli scienziati dai tempi di Galileo Galilei, per cui questa colossale stranezza li ha indotti, tra gli altri elementi, a teorizzare mega distanze astronomiche delle stelle stesse dalla terra in modo che la parallasse non sia rilevabile e la loro luce sembri arrivare piana e costante (come in un continuum parallelo, come se la terra fosse ferma). La "parallasse" quindi in astrofisica è visivamente un qualcosa di ambiguo, c'è e non c'è e sembra porsi già quale quid patafisico-filosofico dal valore simbolico, come la "Zona" di Tarkovskij. Nominazione quindi già geniale e artistica. Oltre a questo lo schermo nero con oggetti tecnici inventati che ruotano dentro la cornice settecentesca di Palazzo Citterio mi ricorda la scena finale di "2001 Odissea nello spazio" ambientata in una stanza neoclassica e illuministica rarefatta e di perfetta geometria e proprio per questo diveniente sia stato mentale che varco linguistico. Quello che vediamo, che è questa opera di arte digitale, a sua volta si rivela performativamente intrigante nella sua "fisicità" irreale eppure intensamente presente: pezzi di tecnologia e di umanità, tubature areospaziali mescolate con strutture più industriali, oggetti tra l'organico e l'inorganico aprono spazi mentali in una sorta di meta-presenzialità partecipabile e attrattiva che induce la contemplazione e la riflessione. Quì la percezione si smarrisce, si moltiplica, galleggia in un'intercapedine fluida, trova un equilibrio fra stile e ossessività. Un approccio anti-simbolico in realtà alla percezione artistica indotta in quanto l'opera stimola l'adesione intellettuale alla visione alludendo ad una nuova semantica da ricostruire e intuire in re ipsa. Il ledwall di Palazzo Citterio attualizza in modo diretto la visione quale scelta contemplativa ed esperienziale totale oltre la curiosità e l'ipersaturazione metaforica. Una delle riflessioni filosofiche che di facilita quest'esperienza visiva-artistica concerne il concetto di corpo e di sistema nella relazionalità fra unità e sue componenti. Kevin sembra avvicinarsi al segreto della genesi percettiva dell'idea di corpo-sistema nella coerenza narrativa della giustapposizione di componenti, le più varie e anche meno standardizzabili o riconoscibili purchè sia sostenibile una loro processualità circuitale. E un'altra lezione intellettuale viene dalla considerazione, che ci facilita, del fatto che non esiste mai "la tecnica" in senso assoluto ma ogni oggettualità o composizione tecnologica veicola pensiero, idee, approcci filosofici, interrogazioni. Il medium non è mai neutro e asettico ma è già sempre scelta ideale-etica-umanistica. Per cui gli approcci iper-critici all'arte digitale appaiono sempre superficiali nell'immaturità di considerare come l'arte sia sempre, nella sua radice, operazione tecnica-artigianale dentro la quale si coglie e si impianta un plus di intensità trasformativa-trasfigurativa che apre e moltiplica le possibilità ermeneutico-percettive. La purezza e la nudità visiva, astrale, totalizzante delle visioni oggettuali di Kevin innova la percezione della natura attraverso una tecnica giocata ew intellettualizzata con saggezza e ironia. Un nuovo Baschenis, ma libero da moralismi. E questa sfida compositiva-percettiva viene vinta da Parallax. Palazzo Citterio si conferma così luogo artistico e culturale vivace e aggiornato, alla sua terza opera di arte digitale in esposizione, forte anche di un'intensa collaborazione con il Museo Nazionale di Arte Digitale di Milano guidato dall'arch. Maria Paola Borgarino e con "Meet Digital Culture Centre" fondato e presieduto da Maria Grazia Mattei.
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