19 Luglio 2025
L’aula era immersa nel silenzio teso delle interrogazioni. Sedici anime rannicchiate nei banchi, armate solo di penne mangiucchiate e sguardi evasivi.
Il professor Lattanzi, occhiali spessi e voce tagliente come gesso sulla lavagna, si aggirava tra i banchi come un falco sopra una pianura scolastica.
«Tu. Gatti. Interrogazione su Marco Loria. Scrittore contemporaneo. Via. Fammi l’elenco completo delle opere pubblicate fino al 2022. Ordine cronologico inverso. Titoli completi.»
Gatti sbiancò. «Eh… Il silenzio delle arance?»
«Primo errore!» tuonò Lattanzi. «Quello è del 2019, e in ordine inverso andava detto dopo Il tempo dell’ottavo giorno, pubblicato nel 2022. Seguente domanda: in che giorno della settimana ha firmato il contratto editoriale del suo primo romanzo?»
«… Martedì?»
«Mercoledì. Gravissimo.»
Gatti iniziava a sudare come una spugna lasciata in autostrada.
Il professore si voltò, pronto alla terza domanda («quante parole compongono l’indice analitico della sua raccolta di racconti?»), quando una sedia stridette.
Si era alzato un tipo dalla terza fila. Nessuno lo aveva mai visto prima. Capelli arruffati, barba da caffeina, giacca stropicciata con un segnalibro nel taschino. Sorrise con ironia, camminò fino alla cattedra, poi si voltò verso tutta la classe.
«Scusate l’intrusione. Sono Marco Loria.»
Silenzio lancinante.
«Lei è il professore, giusto?» disse, indicando Lattanzi. «Beh… nemmeno io saprei rispondere a quelle domande. Non mi ricordo quando ho firmato quel contratto. Anzi, non ricordo nemmeno perché ho iniziato a scrivere quel libro. Probabilmente per disperazione. O fame.»
Il professore lo fissava, impietrito come un’enciclopedia in fiamme.
«Vede, professore… si può leggere tutta la mia bibliografia senza capire nulla di quello che ho voluto dire. Ma se un ragazzo mi dicesse che una mia frase gli ha fatto venire un nodo alla gola… allora lì c’è davvero qualcosa. Insegni a sentirsi, non a schedare. Non siamo musei, siamo ferite aperte.»
Un mormorio percorse la classe. Gatti aveva smesso di sudare. Alcuni cominciavano a sorridere.
Il professore si schiarì la voce. «È altamente irregolare che…», «Imparare nozioni è irregolare,» lo interruppe Loria. «Pensare e sentire è regolare.»
Poi si voltò, diede una pacca sulla spalla a Gatti e, uscendo dall’aula, disse solo: «Ricorda: un autore non è una data di nascita. È una domanda.»
E se ne andò. Nessuno lo vide più. Qualcuno giura che fosse solo un attore mandato da un sardonico supplente. Ma in fondo, poco importa.
Da quel giorno, il professor Lattanzi iniziò a fare domande diverse. Tipo: «Che cosa ti ha fatto provare questo libro?» Così il banco diventò un luogo un po’ meno spaventoso.
Di Stefano Duranti Poccetti
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