17 Luglio 2025
"Ladro di stelle, Hölderlin e il poeta come titano" di Livia Di Vona Fonte: Gruppo Editoriale Tabula Fati
In Hölderlin il simbolo è un’esperienza che precede la lingua. La Tradizione della poesia occidentale, così come ricostruita dallo svevo tra la Grecia del mito e la Germania del tramonto idealistico, non è un repertorio di forme o di topoi, ma un’ininterrotta processione verso il limite, verso quel mistero di iniquità nel linguaggio che segna il punto critico di ogni vera esperienza poetica. Là dove la parola può aprirsi, o richiudersi, a una compagnia altra, dove il poeta rischia sé stesso, e nella tentazione titanica di oltrepassare il patto con il dio, crolla, si smarrisce, si inoltra nella solitudine irrimediabile di una lunga notte. La crisi della parola poetica che attraversa tutta la modernità trova in Friedrich Hölderlin non solo un testimone privilegiato, ma un tragico antesignano.
Ladro di stelle, titolo di sconcertante pregnanza, si misura con questa figura, titanica e patetica, mistica e distrutta, non per catalogarla, ma per rianimarla nel cuore stesso della sua oscurità. Il poeta non è più l’aedo che canta l’ordine cosmico, né il vate che annuncia il futuro. In Hölderlin, egli è già l’ultimo depositario di un messaggio lacerato, la cui fonte è assente, il cui destinatario è futuro e incerto. Con il tramonto della civiltà del mito, e l’abbandono degli dèi, si dissolve l’unità simbolica che aveva reso possibile alla parola di essere presenza: quell’equilibrio tra aorgico e organico, tra la forza indifferenziata della natura divina e la forma ordinante del pensiero umano, che il poeta aveva, un tempo, saputo custodire come un sacerdote antico. La parola, allora, poteva ancora farsi mondo, perché il dio non era un’ipotesi, ma un fuoco visibile, una corrente viva nella fiamma e nell’onda. Eppure, dopo la fuga del divino, quando la natura stessa si ritrae e l’intelletto vacilla, la parola diviene un’eco, una nostalgia. È questo il punto in cui Hölderlin si colloca: testimone della frattura, ma non ancora rassegnato al silenzio. Ladro di stelle, di Livia Di Vona, mette in scena l’impossibilità e la necessità del canto.
Il poeta, come Prometeo, sottrae ciò che non è più concesso: la luce, il senso, il divino stesso. Ciò che ruba non è più fiamma, è astro: fredda lontananza, splendore che non scalda. Questo gesto prometeico non si compie senza conseguenze: il poeta moderno è colui che ha perduto la protezione degli dèi, ma non ha ancora ottenuto quella del Cristo. L’irruzione del “Principe della festa” nella Storia, in Hölderlin, è ambigua: promette salvezza, ma dischiude anche un nuovo esilio. La sua venuta non ricompone lo strappo, ma lo rende più profondo. Dopo la sua apparizione, cala una nuova notte, più densa. E in quella notte, Hölderlin tenta ancora di parlare. La sua è una poesia che non celebra più ciò che è, ma ciò che non è ancora, o non è più.
Il poeta, da veggente, si trasforma in esiliato; da sacerdote, in mendicante. L’autrice di Ladro di stelle coglie con sensibilità quasi religiosa questo ribaltamento della Tradizione. La parola, che fu creata per dire il visibile, ora tenta di nominare l’invisibile. E nel farlo si spezza, si contorce, si svuota. Eppure, proprio in questo movimento, nel suo precipitare nella fragilità, nella follia, nel silenzio, la poesia di Hölderlin tocca la sua vetta più alta. Egli non canta più gli dèi, ma canta il loro vuoto. Non nomina la verità, ma la ferita della sua assenza. Così, dalla torre esagonale di Tubinga che si protende sul Neckar, lo svevo continua a scrivere, o forse a vegliare. Perché la sua poesia è attesa, più che dichiarazione. È veglia del futuro, preghiera per un ritorno. I Celesti torneranno e, se c’è un silenzio, tornerà anche un linguaggio. Ecco, che si raccoglie l’intero dramma e la speranza dell’opera hölderliniana: che vi sia ancora un tempo per il linguaggio, che dopo il silenzio possa ancora levarsi un canto. Ma non un canto qualsiasi: un linguaggio che sia degno dell’assenza, che non copra il vuoto ma lo attraversi, che non nega il dolore ma lo salvi.
Ladro di stelle non è solo un saggio, è un rito. L’autrice lo scrive con voce partecipe, quasi sacerdotale, e con una straordinaria attenzione ai ritmi, alle cadenze, alla densità semantica dei concetti. Si sente in ogni pagina una familiarità profonda con il dolore e lo splendore del poeta. Non è una lettura, è una compagnia. Non è una spiegazione, ma un’epiclesi. Si ha l’impressione che l’autrice non stia parlando “di” Hölderlin, ma “con” lui, nello stesso silenzio, nello stesso canto muto, nello stesso orizzonte che separa e unisce parola e silenzio. E così, mentre la civiltà si avvia verso un silenzio sempre più profondo, non il silenzio fecondo dell’attesa, ma quello sterile dell’oblio, la voce di Hölderlin, rilanciata da queste pagine luminose, si fa ancora una volta respiro del mondo. Non c’è retorica nel suo dolore, né titanismo nella sua rovina: egli non rivendica, non accusa, non chiede. Egli ascolta. Come un albero immobile sotto la pioggia, come un’antenna spoglia tra i fulmini.
Ladro di stelle ci insegna che la poesia non serve, non produce, non consola: la poesia preserva. Conserva nel suo grembo segni e presagi che il tempo ha sepolto, e li custodisce come reliquie d’oro nella notte della Storia. E proprio nel cuore di questa notte, quando tutto sembra essersi ritratto, la poesia hölderliniana, fragile, interrotta, crepuscolare, brilla come una brace sotto la cenere. Leggendo questo libro, si ha l’impressione di essere convocati a un rito senza spettatori, a una festa invisibile, dove si celebra non ciò che è stato, ma ciò che potrebbe ancora essere. Perché finché un poeta tenterà di pronunciare l’indicibile, finché una voce tremerà sulla soglia del silenzio, allora sarà ancora possibile, anche solo per un istante, che il cielo si riapra, che una stella venga rubata, e che il linguaggio torni a essere, come voleva Hölderlin, “il più pericoloso dei beni”, ma anche il più puro.
Di Giusy Capone
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia