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Intervista - Martone sbarca a Cannes con film che parla di donne e carcere

Un film che ha emozionato critici e pubblico sulla Croisette

20 Maggio 2025

Mario Martone

Foto:Federico Grandesso

IGDI ha intervistato a Cannes il regista Mario Martone in competizione al Festival con il suo film Fuori.   

D:Cosa significa entrare in un carcere? Vivere quella realtà e poi uscire, tornare a casa con i propri familiari e pensare a quelli che sono rimasti dentro. È una cosa pazzesca per un regista. 

R:Se si pensa a chi ha il coraggio e la forza di, per esempio, andate in territori di guerra come ci sono oggi, non dico a Gaza, perché oggi andare a Gaza significa suicidarsi praticamente, perché tale è la violenza con cui si abbatte il fuoco su chiunque. E quindi non parlo di quello, però ci sono tante altre situazioni in cui comunque bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la sofferenza, la disperazione e dopo di che tornare a casa e trovarsi invece comunque nella comodità della propria città, in pace. Quindi questo trovo sia una condizione di chiunque decida di toccare questa condizione di sofferenza. Quanto al carcere, però c'è una cosa che voglio dire che secondo me è importante, e viene dalle riflessioni di Goliarda Sapienza, il carcere non va considerato un elemento estraneo alla società. Lei dice: Io non ho mai detto carcere bello, ma carcere è come fuori, cioè il carcere è un pezzo della società che si trova temporaneamente rinchiuso. Ma la nostra attenzione a ciò che accade in quella parte di società deve essere uguale, cioè se dignità deve essere fuori, allora dignità deve essere anche dentro. Se diritti devono essere fuori, diritti devono essere anche dentro. Mentre invece l'idea generale, e purtroppo molto troppo spesso nel senso comune, questa è una cosa sulla quale veramente bisognerebbe lavorare, è che invece il carcere sia una specie di recinto dove si buttano dei rottami umani, come qualcosa che è andato a male e che quindi lo si butta, che non è. È questo che lei dice, dice lì dentro ci sono persone che hanno una qualità straordinaria come ci sono fuori, anzi molto spesso può succedere che siano migliori di chi sta fuori. Perché poi sono le condizioni della vita, i destini, tante cose che ti possono far finire in carcere oppure no. Però quello che sicuramente una società degna di questo nome, una società evoluta, dovrebbe considerare che il carcere è un pezzo della società, è un pezzo della società che va inteso come tale. Ecco quindi quello che secondo me Goliarda voleva dire, quello che noi abbiamo provato a restituire col film, è questo, è questa dignità di chi si trova in carcere e che quindi è in un possibilissimo rapporto di dialogo con chi invece sta fuori. 

D:In carcere poi le donne hanno tutte le loro problematiche che sono ancora più aggravate.

Chiaramente, le donne, anche se appunto Goliarda Sapienza dice una cosa, anche quella, molto interessante. Cioè le donne, essendo abituate a stare rinchiuse, stare chiuse in casa, in casa perché non devi uscire, in casa perché devi fare i fornelli, in casa perché devi accudire i bambini e le persone malate e così via. Quindi c'è una lunga tradizione di chiusura delle donne. E poi dice paradossalmente quindi in carcere si abituano più , lei dice si abituano più facilmente, c'è meno violenza nel carcere femminile che in quello maschile, dove invece appunto la chiusura crea una compressione. Sono riflessioni, secondo me, importanti, molto belle. 

D:Le detenutel’hanno sorpresa, se vogliamo andare proprio a fondo in questa realtà per un cineasta? 

R:Certo, per me è stato molto bello, molto interessante. Ho voluto farlo con la massima serietà possibile, quindi confrontandomi con chi lavora in carcere, confrontandomi con le detenute, con le ex detenute, quindi molto è venuto da loro. Io sono molto grato a tutte le persone che hanno lavorato, che hanno contribuito a fare questo film. Proietteremo il film Re Bibbia dalle detenute, se tutto va bene, il 30 maggio. 

D:Quale pensa sarà la reazione secondo lei? 

R:Lo vedremo, però loro se lo aspettano moltissimo, che hanno partecipato con grande entusiasmo. Io ho promesso loro che avremmo portato il film, la possibilità di vederlo, a Rebibbia e lo faremo.

 

 

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